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Angelo Bellocco
Sul Corso, giusto a metà della via, al civico 49, per molti anni c’è stato il bar di Angelo Bellocco, famoso anche perché era il ritrovo ufficiale della squadra di calcio Cinquefrondese. Sulla porta-vetrina d’ingresso gli allenatori della prima squadra e della juniores (ne ricordiamo due per tutti, Peppe Giancotta e Rocco Panuccio), ogni settimana appendevano il foglietto con i nomi dei giocatori convocati per la partita della domenica. Sembra una cosa banale. Invece era un rito, e tantissimi giovanotti il sabato stazionavano davanti al bar in frenetica attesa della pubblicazione delle liste.
Angelo Bellocco al banco con alcuni clienti
Per tanti giocatori, o aspiranti tali, la convocazione era una sorta di promozione, un riconoscimento di valore e di impegno nell’allenamento, quasi una promessa di presenza in campo. Chi ne stava fuori, ci soffriva e capiva che doveva impegnarsi di più se voleva entrare o ritornare in squadra. Quelle liste regalavano soddisfazioni e anche delusioni amare. Sentimenti di giovani che non avevano molti grilli per la testa e che al calcio consegnavano impegno fisico e energie mentali, cercando di fare bella figura e onorare con orgoglio la maglia del paese. Non c’erano telefonini con cui trastullarsi, né altri sport cui dedicarsi. O calcio o niente. Ma chi lo praticava, dava il meglio.
Il bar di Bellocco si è poi spostato in Piazza Castello, questa peraltro era anche la sua sede originaria. Quel bar era anche qualcosa di più che un luogo dove l’anima calcistica della ‘Cinquefrondese’ trovava il pieno compimento e la sua realizzazione. Perché l’abilità artigianale di Angelo Bellocco aveva reso il suo locale un punto di ritrovo anche per molte persone dei paesi vicini, che venivano a Cinquefrondi solo per gustare la sua famosa ‘granita di fragole’, diventata un’attrattiva turistica.
Angelo (Angialuzzu, come veniva chiamato) senza che se ne rendesse conto, negli anni aveva infatti trasformato il suo locale in uno dei luoghi caratteristici di Cinquefrondi e della piana di Gioia. Anche in assenza di feste o eventi di altro tipo, durante l’estate sia i cinquefrondesi sia tanti forestieri, facevano la fila per gustare il prodotto dell’abilità artigianale di Bellocco.
Lui si dedicava alla produzione di quella granita come se dovesse fare un figlio. Cercava meticolosamente le fragole migliori, le lavorava per bene, control-lava il prodotto man mano che andava preparandosi, lo assaggiava mille volte, per essere sicuro che il gusto fosse quello voluto. Faceva tutto a memoria, aveva i dosaggi in testa e li applicava, senza appunti scritti. E guai a chi lo distraeva durante quell’incombenza, era capace di sfuriate da paura.
Bellocco non aveva un carattere facile. Fuori dal suo bar il mondo poteva fare ciò che voleva, ma lì dentro comandava lui. Se nella sala bigliardi c’era troppa confusione, non esitava a palesarsi col suo vocione. Quando i ragazzini facevano chiasso, altrettanto si mostrava irritato. Voleva che i clienti e gli avventori stessero tranquilli, desiderava un locale educato.
Oltretutto sapeva che, soprattutto in estate, molte persone andavano da lui con amici e parenti, magari turisti venuti da lontano, per gustare la granita. Quindi ci teneva a che tutto fosse sempre a modo, per non disturbare o mettere a disagio clienti vecchi e nuovi, e non aveva torto. Tutto è finito con la chiusura del bar dopo la scomparsa del suo titolare, avvenuta ormai da tanti anni.
(tratto da ‘Lessico dell’anima’, di Francesco Gerace, 2020; foto dell’Archivio Storico Tropeano, Rino Macedonio)