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Trent’anni fa la strage di Capaci. Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo vennero assassinati dalla mafia insieme agli agenti della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani.
Era il 23 maggio 1992. Le loro auto saltarono in aria lungo l’autostrada per Palermo, nei pressi di Capaci. Furono usati cinque quintali di tritolo.
Vogliamo qui ricordare e onorare la memoria del giudice Falcone, un grande uomo al servizio dello Stato e degli italiani. Il suo impegno per la legalità e per mandare in galera tanti criminali, assassini e loro fiancheggiatori resta un esempio luminoso per tutti, per oggi e per domani, e resta anche un impegno da proseguire, ciascuno per la propria parte e il ruolo che riveste nella società.
Il sacrificio di Falcone non è stato vano, ma tutti noi dobbiamo ricordarci del 23 maggio ogni giorno. Perchè quando la prepotenza, la violenza, la malvagità prendono il sopravvento sul vivere civile e sulla gente perbene, e soffocano la società, ecco in quel momento Falcone muore un’altra volta.
Quel maledetto 23 maggio del 1992 fu seguito il 19 luglio da un altro terribile assassinio, quello di un altro giudice, amico e collega di Falcone, vale a dire Paolo Borsellino, ucciso anche lui dalla mafia a Palermo.
Falcone e Borsellino, due grandi uomini, due eroi del nostro tempo, ai quali ci inchiniamo. Si è sbagliato clamorosamente chi pensava che uccidendo questi due magistrati avrebbe messo al sicuro le sue azioni malavitose. Dal sangue di Falcone e Borsellino una nuova coscienza si è fatta strada nel nostro Paese. “Come tutte le cose umane -disse una volta Falcone- anche la mafia ha avuto un inizio e avrà una fine”.