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Pochi giorni ancora e poi calerà la serranda per un’ultima volta. Giuseppe Bono raccoglierà le sue cose, cercherà di trattenere la commozione e tornerà a casa dalla moglie Patrizia, per cominciare una nuova vita nella sua casa di Colmar, in Francia, a due passi da Strasburgo e dal confine tedesco.
Bono, ex apprendista sarto diventato maestro di sartoria e di eleganza in terra straniera, e non in una terra qualsiasi ma nella patria dell’eleganza, cioè la Francia, Peppe, dicevamo, volta pagina dopo ben 54 anni consecutivi di lavoro.
Il nostro amico e compaesano si porterà dietro due dispiaceri: il primo, inevitabile, sarà quello di smettere di esercitare la professione di sarto a cui fu iniziato fin da quando era un ragazzino dal maestro Peppino Belcastro, anche se chi lo conosce bene sostiene che non smetterà mai davvero di disegnare cucire e tagliare, solo che lo farà a casa sua, magari per sé stesso o per i suoi familiari. Del secondo dispiacere Peppe avrebbe fatto volentieri a meno, e dunque è ancora più difficile da digerire, cioè quello di non essere riuscito a trovare (finora) un acquirente che rilevi la sua casa sartoriale, che quindi chiuderà i battenti in modo definitivo.
Quella di Peppe Bono (e anche del fratello Antonio) e dei nipoti Pino e Antonio Politi è una bella storia di famiglia e di emigrazione, fatta di sacrifici, di legami affettivi forti e di tante soddisfazioni professionali, una storia cominciata nel 1968 quando il 19enne Peppe e il fratello se ne partono da Cinquefrondi in cerca di fortuna.
Hanno in tasca il diploma di scuola media e fra le mani la perizia di taglio e cucito, appresa fin da piccoli in quella scuola di vita e di lavoro che fu il laboratorio di Belcastro: ore e ore di lavoro, giorni e giorni a faticare nei compiti più umili della sartoria, sotto la guida del maestro Peppino, imparando segreti e tecniche. Finchè non arriva il momento di tentare il grande salto, cioè mettersi in proprio o trovare un altro lavoro, ma non è che a Cinquefrondi ci siano tante opportunità. Così l’idea di partire e andarsene lontano arriva spontanea e immediata, nasce dal cuore, del resto noi meridionali, noi calabresi, l’emigrazione ce l’abbiamo nel sangue, la respiriamo, la facciamo nostra già col latte materno.
Peppe Bono e il fratello partirono dunque con destinazione futuro. Approdarono in Francia, a Colmar, una bellissima cittadina che ha conservato tanto della sua architettura medievale, 70mila abitanti nella regione dell’Alsazia, meta di molti turisti. Ma il giovane cinquefrondese non ci andò per scattare foto ricordo, si diede invece da fare e presto trovò lavoro in un’azienda tessile, dove mise a frutto il suo talento di modellista, e vi restò a lungo, per ben 26 anni.
Un’intera vita se ci si pensa, ma in realtà il bello per Peppe Bono doveva ancora venire. Perché dopo quel lungo percorso da dipendente in un impianto industriale, e anche dopo aver messo su famiglia con una ragazza del posto, per l’ex allievo del maestro Peppino giunse il momento di coronare il sogno professionale di tutta la vita, così nel 1994 lascia la fabbrica, prende in affitto un bel locale nel centro storico cittadino (chiamato la piccola Venezia), arruola nella compagnia anche i suoi nipoti Antonio e Giuseppe, giunti a Colmar qualche anno prima, anche loro provetti sarti allevati nel laboratorio di Gino Macrì e Totò Colloridi, popolarissimi artigiani cinquefrondesi, e apre una sartoria tutta sua. L’avventura comincia.
Il resto è storia bella e piena di soddisfazioni, da Peppe arrivano via via molti clienti, lui si fa un nome in città e anche nei dintorni, abiti su misura soprattutto per uomo ma anche per donna, camicie e altro. Colmar è una cittadina turistica ma anche caratterizzata da moltissime microaziende, molto laboriosa dunque. C’è spazio per tutti, ma lo spazio non viene regalato, bisogna conquistarselo. La professionalità di Bono si fa strada, la sua gentilezza fa il resto. Il sarto cinquefrondese è molto integrato in questa città, conosce tutti e tutti lo conoscono. La sua attività cresce, diventa un nome.
Bono è talmente noto che quando si è diffusa la notizia che avrebbe chiuso il suo atelier, la stampa ha parlato di lui, lo ha cercato per saperne di più ed ha acceso un faro sul fenomeno delle troppe chiusure aziendali che sta caratterizzando una vasta area intorno a Comar. Nel settore dell’artigianato, nel solo 2021, su circa 19.000 aziende, quasi 5.000 erano gestite da persone di età pari o superiore a 55 anni, ovvero quasi il 26%. Il tema della trasmissione della conoscenza e dell’esperienza professionale è quindi molto importante per il mantenimento del know-how, dei posti di lavoro e dei servizi locali.
Questo è uno di quei casi: Peppe Bono infatti si ritira perché è arrivato il momento di chiudere, non è una decisione legata a motivi di crisi. Dopo 54 anni di lavoro e di sacrifici, anche per lui, oggi 73enne, è l’ora del riposo, di godersi di più la famiglia e soprattutto i tre nipoti che gli hanno regalato le sue due figlie. Certo, vorrebbe (e spera ancora) trovare qualcuno che raccolga la sua eredità e la continui. Ma non è facile: “La difficoltà è trovare davvero qualcuno del mestiere e non proprio un tuttofare. Qui la clientela è abituata ad avere una qualità superiore alla media”, spiega lui stesso. Ha rinviato tante volte il momento dell’addio, ora Peppe si è stancato di aspettare un cavaliere bianco e ha detto basta: “a fine giugno chiudo in ogni caso”.
Fra poche settimane dunque la sartoria di Bono chiuderà. Un giornale online francese ha scritto: “Si tratta di un servizio locale che scomparirà. I clienti provenivano dall’Alsazia, ma anche dai quattro angoli della Francia fino a Marsiglia”. L’informazione è incompleta: Peppe Bono e i suoi nipoti si sono fatti un nome anche più lontano, i clienti provengono anche da Parigi e dal Principato di Monaco, dalla Svizzera e dal Lussemburgo, dalla vicina Germania, e non si creda che siano cinquefrondesi amici che vanno dal paesano per farsi fare un abito. Un completo per uomo firmato da Bono può costare anche 3-4mila euro, tuttavia ci sono pure prezzi inferiori legati al tipo di stoffa che si sceglie. Un costo insomma non proprio alla portata di tutti. Non sappiamo se il maestro Bono abbia superato il maestro Belcastro, e poco importa. Di sicuro la sua arte ha avuto successo nel segmento alto della produzione, un risultato oggettivamente non alla portata di chiunque, dove i prezzi sono alti e anche la qualità dei prodotti è giustamente alta.
Bono è un cinquefrondese rimasto innamorato del suo paese. Ogni anno, da quando è emigrato, viene un mese in estate a Cinquefrondi, per ritrovare i familiari (fra questi anche il fratello, rientrato nel 1982) ma anche per rivedere gli amici, andare in montagna a Perciana, fare le cene tipiche paesane, trascorrere lunghe ore a passeggiare e chiacchierare lungo il Corso o in villa. E soprattutto andare al mare, sua grande passione. Quando acquistò la sua prima auto, una volkswagen arancione, certo non passava inosservato durante le sue scorribande estive a Cinquefrondi. Ogni mattina Bono si fermava in piazza, dove tanti ragazzini aspettavano qualcuno che desse loro un passaggio per il mare, lui ne caricava diversi, talvolta anche qualcuno in più del dovuto, e via in spiaggia fino all’ora di pranzo. I ragazzini facevano a gara per avere un passaggio da lui, che oltretutto era sempre allegro e scherzoso, e quindi con lui, oltre al bagno a mare, era assicurato anche il divertimento. Chi scrive è testimone personale di quei tempi.
La nostalgia per il paese e la famiglia e la terra di origine, gioca un ruolo fondamentale in tante scelte di vita, e lo fa anche nel caso della storia di Bono: i nipoti di Peppe, cioè Pino e Antonio Politi ottimi artigiani anche loro, ormai esperti, potrebbero benissimo rilevare l’azienda ma non lo faranno,non solo perchè si trovano a un passo dalla pensione, ma anche perché la voglia di Calabria è talmente forte che è difficile tenerla a bada. Le soddisfazioni professionali se le sono ormai prese, dunque se non tornano a casa ora, quando ?
da sinistra Pino Politi, il maestro Bono e Antonio Politi
Racconta Pino con grande serenità e senza alcun rimpianto: “la sartoria è tutta la nostra vita, ma non la prendiamo noi per un motivo molto semplice, a me mancano pochi mesi per la pensione, a mio fratello poco di più. E poi c’è anche un’altra ragione, forse la più importante: abbiamo una grande nostalgia del nostro bellissimo paese e non vediamo l’ora di ritornarci, abbiamo già lavorato abbastanza. Mio zio invece resta in Francia, lui qui è molto radicato qui, ha anche le figlie e tre nipoti, ma ora che smetterà di lavorare, a Cinquefrondi da pensionato ci potrà venire più spesso”.
Pino arrivò in Francia nel 1979, seguito dal fratello nel 1987. Tutti e due hanno sempre lavorato in questo campo, prima alla fabbrica dove già c’era lo zio Peppe, e poi nell’atelier a partire dal 1994. Come in una catena umana e familiare e professionale, uno dietro l’altro sono partiti in tempi diversi, trascinati dalla solida personalità di Peppe e alla fine si sono riuniti nell’atelier di famiglia, se così si può definire. Ragazzi semplici rimasti semplici, grandi lavoratori che hanno conservato umiltà e buone maniere, a Colmar tutti gli vogliono bene, avrebbero potuto montarsi la testa, invece sono rimasti con i piedi per terra. E Pino sembra quasi commosso quando, riconoscente, ringrazia ancora oggi Gino Macrì e Totò Colloridi che per primi gli insegnarono il mestiere, decenni addietro. Lui ormai è un uomo e un profesionista maturo, a un paio di mesi dalla pensione, ma il pensiero che rivolge ai suoi vecchi mastri lo esprime con la gentilezza di un ragazzo, perchè la gratitudine è un sentimento forte e profondo, e anche sincero.
A Colmar dunque non è un semplice laboratorio che chiude i battenti, ma un punto di riferimento che ha i suoi estimatori in varie zone di Europa e di Francia, e sapendo quanto i francesi spesso guardino con la puzza sotto il naso alle cose italiane, è una cosa di cui i Bono e i Politi possono andare orgogliosi, e così anche noi concittadini.
Peppe Bono dalla piccola e lontana Cinquefrondi, dal piccolo laboratorio di via Roma dove ha appreso l’arte sartoriale e dell’allegria mista al lavoro, ha percorso la sua strada, ha ottenuto il suo bel successo in terra di Francia, partendo da zero, ora è il momento del riposo.
La bella Cinquefrondi abita anche a Colmar. Buona pensione maestro Peppe.
foto Archivio Storico Tropeano, Archivio Gerace
Un gran piacere, caro Francesco Gerace, leggere quest’articolo che hai dedicato ai fratelli Bono, con Peppe in meritato risalto, e ai suoi due nipoti Pino e Antonio!
L’anno dello scudetto della Juve nel 1967, “sottratto” all’Inter nell’ultima giornata di campionato, Peppe e ‘Ntoni Bono erano ancora con noi al bar dello sport di Agostino Pronestì a festeggiare,poi andarono via in Francia. A due passi dal Bar, la sartoria del caro Peppino Belcastro fu una fucìna di futuri artisti sartoriali, come furono anche le sartorie di Fulvio e Ciccillo Albanese e quella di Aldo Bellocco, per citarne le maggiori. Da loro e dalla loro scuola sono usciti sarti che nella vita lavorativa, ma anche in quella di di relazione, hanno portato il segno distintivo di onestà, laboriosità e cordialità dei loro “mastri”. Peppe e ‘Ntoni Bono, Totò Colloridi il compianto Gino Macrì, il compianto Peppe Ieraci “Marianna” e altri ancora. E fra questi, gli amici Agostino Burzese e il polistenese Mario Spanò, i quali dopo il pensionamento da altri settori lavorativi, sono tornati appassionatamente e amatorialmente ad ago e filo, segno di amore e passione per il giovanile mestiere.
Peppe Bono,che in una serata d’estate di qualche anno addietro,seduti al Club della “Reggina” del nostro paese, mi raccontò alcune cose contenute nell’articolo, merita stima e affetto: dopo 55 anni, immutato sentimento di amore verso il nostro paese, immutato sentimento di amicizia verso i vecchi amici, immutata fede bianconera, immutata simpatia della scherzosità, che è un fiume in piena. Mi ha fatto un piacere enorme aver passato una serata, con le nostre mogli, assieme a lui e Patrice ed ad altri vecchi amici l’estate scorsa a cenare e cantare a Roccella Ionica ;al porticciolo la chitarra e la voce dell’amico Agostino Macedonio hanno allietato ancor di più l’evento. Mi auguro che salute e serenità possano consentire di rivederci tutti assieme anche ad agosto prossimo a Cinquefrondi e organizzare una serata assieme. Intanto, un grande augurio per il dopo negozio di Colmar, a Peppe, vero ambasciatore della sartoria e della cinquefrondesità in Francia.
Mimì
…che bella gente ha dato Cinquefrondi…
Anche per me è un piacere leggere questo articolo sui fratelli Bono, Maestri che hanno portato alto il nome di Cinquefrondi, mi associo in todo a quanto scritto dal caro Mimì Giordano. Faccio mio anche l’augurio di buona pensione nonche che salute e serenità permettendo, ci facciano trascorrere delle belle serate insieme aspettando ovviamente anche Lara….