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di Mimì Giordano

Oggi vorrei parlare di un termine che ci appartiene fortemente come cinquefrondesi, direi sostanzialmente: coriàru.

Noi di Cinquefrondi siamo orgogliosamente coriàri. Lo sento, scrivendo, il profumo della pelle, del cuoio, che amo. Il cuoio era frutto dell’essiccazione naturale di pelli di spalla bovine e costituì l’economia paesana che parte, credo, dall’anteguerra. Erano le laboriose e tradizionali famiglie Bellocco e  Mileto a rappresentare pienamente questa attività e dopo circa un trentennio vide nel caro Domenico Napoli – per gli amici ByMicus – che ora vive in Cielo, un’indimenticabile esperienza lavorativa artigianale e un’originale interpretazione produttiva. Fu Domenico a trasmettermi il piacere di avere qualche articolo in cuoio, dopo i tanto amati giubbotti in pelle, che spesso, a causa della mia costituzionale distrazione, danneggiavo e il caro e bravissimo mastru Saveriu Iamundo, riparava magistralmente. Temo che con la scomparsa di Domenico-ByMicus, l’ultimo dei coriàri e di Mastru Saveriu Iamundo, si è spento, purtroppo, a Cinquefrondi quanto ci univa alla nostra tradizione.

Ecco altre vecchie parole scomparse o sempre meno usate

Catrìca: trappola. Parola derivante dal greco ( afferro, chiudo dentro). Tipica la frase in dialetto cincrundisu:  …. m’armaru ‘na catrica ( mi hanno ordìto una trappola, un raggiro)

Cattivu: tutti penserebbero a cattivo (malu ), autore di cattiverie. Invece è il vedovo, per il quale la perdita della moglie porta come conseguenza la cattività, la chiusura, quasi l’essere prigioniero. Il significato vale anche al femminile

Cernigghju: crivello, setaccio per cèrnere. Deriva dal latino cerniculum. A Cinquefrondi era uno strumento di lavoro per l’olivicoltura, l’orticoltura e anche un nomignolo che portava qualche nostro caro compaesano

Chjanozzu: pialla, arnese per falegnami

Chjechjèllu: uomo poco affidabile e poco credibile

Chjòchjaru: è l’uomo tuttofare e, in alcuni casi, il più in vista di una compagnia o il più rappresentativo di una ditta

Cifèca: vino o altra bevanda alcolica di pessima qualità. Deriva dal latino faecula (feccia)

Cilonaru: fittuario, mezzadro, colono di un fondo agricolo. Una figura diffusa nei rapporti agricoli e umani del paese. Il termine deriva dal greco, nella cui lingua significa socio, partecipe. Deriva  anche dal latino colonus (agricoltore)

Cozzu: la parte opposta a quella tagliente del coltello, dell’accetta. Modo di dire: O di cozzu o di curtedhu per significare o in un modo o nell’altro

Crisòmulu: albicocca

Crocchè: sono le gustose polpette oblunghe di patate, di riso fatte con le uova, impanate e fritte

Cùcudha: grandine, termine che deriva dal greco (nocciolo) forse perché, appunto, la sua forma somiglia a un nocciolo. Da cùcudha abbiamo cucùdhijata (grandinata)

Cucùmmaru: corbezzolo, frutto somigliante alla ciliegia

Cucuruzzumbulu: capitombolo, ruzzolone

Cunortari: confortare. Un pesante proverbio dice: lu pèju è di cu’ mori, ca cu’ resta si cunorta. Di facile comprensione.

Cupèta: è la copeta, antico dolce di origine araba che nella piana abbiamo importato dalla Sicilia. Veniva venduto soprattutto nelle festività natalizie. Si produceva con miele, zucchero, mandorle; col sesamo c’era la variante definita giuggiùlena. Non era un’attività propriamene cinquefrondese, ma nella vicina Cittanova una famiglia si dedicava pienamente a questa attività tanto da essere conosciuta tutt’ora come  ‘i cupetari.

Currìa : cintura di cuoio

Currijàri: inseguire, mettere in fuga, allontanare con decisione.

Currumàri: dare botte, batostare, da cui currumàta, una bella dose di botte

Currìvu: crucciato, indispettito, sdegnato

Custurèri: sarto, dal francese couturier.

Cuti-Cuti:  il richiamo per le galline, per farle radunare specie quando si porta loro “ ‘u  rodìndia”, il granturco o altro mangime.

Cùzzica:  il termine ha origine dall’escrescenza, dalla crosta causate da una piaga o da accumulo di pus e che da fastidio. Secondo il dialettologo G.B. Marzano (1842-1902) deriva da un termine greco che significa, appunto, accumulo. Per effetto traslativo è una persona o un’azione fastidiosa, importuna.

 

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