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Su Carlo Carlino, intellettuale e grande uomo di cultura cinquefrondese, c’è ancora tanto da dire. Pubblichiamo oggi il contributo di due persone che l’hanno frequentato a lungo in gioventù e quindi conosciuto da vicino. Sono Pino Bellocco e Mimì Giordano, anche loro cinquefrondesi, che con Carlo hanno condiviso un rapporto di amicizia e nel caso di Bellocco, anche un percorso politico comune. Carlo Carlino
Carlo: non solo libri, lui amava anche la musica d’autore e l’arte figurativa
di Pino Bellocco
Quello che Lucia Carlino traccia, con affetto e ammirazione genuini, di suo cugino Carlo Carlino (https://www.cinquefrondineltempo.it/index.php/2022/02/23/carlo-carlino-che-fin-da-piccolo-amo-i-libri-nel-ricordo-della-cugina-lucia/) , è un ritratto quanto mai veritiero, esclusivo e originale, verrebbe da dire “di prima mano”, stante la vicinanza non solo parentale, ma anche abitativa delle due famiglie Carlino, al fondo di quella discesa che, proprio davanti alle loro due case, quasi per incanto, si apriva nel grande piazzale della stazione ferroviaria, a Cinquefrondi. E’ il profilo di un Carlo Carlino giovane che la cugina Lucia ha fatto bene a proporre, anche perché ai più poco conosciuto, e che racconta l’amore per i libri, per la lettura, per la poesia.
Risale proprio a quegli anni il mio rapporto con Carlo. Il nostro fu un sodalizio intellettuale assai intenso e duraturo, che si protrasse anche quando, entrambi ormai sposati, io finii sulle sponde della Dora, a Ivrea, a insegnare e a scrivere sul giornale della città, e lui si trasferì a Catanzaro, a dirigere quella che era e rimane la più grande casa editrice calabrese, La Rubbettino. Ma non c’erano solo i libri e la poesia. Carlo era anche un consumatore (e un intenditore) di musica impegnata, quella cosiddetta d’autore, da De Andrè a Guccini e De Gregori, e soprattutto un appassionato di pittura, dall’arte figurativa a quella astratta. Quanti aperitivi e quante Sambuca con la “mosca” abbiamo bevuto ai tavolini di piazza della Repubblica o a quelli del bar Bellocco, e quante passeggiate interminabili su Corso Garibaldi e nella nostra Villa comunale, a parlare per ore e ore con il pittore Fedan Omar! E quanti panini o pollo arrosto, che sapevano di gesso e di vernici, consumati, come pranzi improvvisati e fuori orario, nello studio dell’artista Cesare Berlingeri, a Cittanova!
Erano, quelli a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, anche tempi (e voglie) di sperimentazione. Chiusi nel suo studio, che s’affacciava proprio sul piazzale della stazione, passavamo interi pomeriggi ad ascoltare buona musica e a fumare, una dietro l’altra, terribili Gauloise. Ma, soprattutto, a leggere, a scrivere e a parlare di letteratura, di poesia, di arte. E, qualche volta, anche di politica locale. I primi – e, purtroppo, solo quelli – di una lunga serie di manifesti in forma di poesia (rigorosamente anonimi e affissi nottetempo sui muri del paese) contro la giunta comunale democristiana, allora guidata dall’avv. Raschellà, nacquero proprio nel suo studio, scritti da me e Carlo, a quattro mani.
Erano, quelli, anche i tempi delle nostre frequentazioni assidue con alcuni scrittori e artisti già affermati, che Lucia Carlino richiama nel suo intervento. Ricordo bene tutte le volte che, a bordo della Fiat di suo padre (forse, la mitica 600?), andavamo a trovare, nella sua casa di Maropati, lo scrittore Fortunato Seminara. Una o due volte, addirittura, ci invitò nella sua vigna, sulle colline del paese, decantando la bontà del vino prodotto. Un’altra volta, a Palmi, fummo ospiti nella casa dello scrittore Leonida Repaci, forse accompagnati – non ricordo più bene – da Alfredo Di Laura, noto regista e autore televisivo, innamorato della Calabria, che avevamo conosciuto tramite il pittore Cesare Berlingeri, e con il quale trascorremmo una Pasquetta “d’arte” tra gli ulivi, sopra Sant’Elia.
Ma più di questi incontri, pur altamente formativi e arricchenti, fu lo smisurato amore per la lettura e per i libri che fece di Carlo Carlino lo studioso attento, l’intellettuale fine e il poeta e scrittore profondo che ha lasciato una traccia indelebile nella cultura calabrese. La lettura e i libri furono per lui lo strumento ideale e più diretto per scoprire il mondo – in particolare quello calabrese – e, soprattutto, per capirlo e raccontarlo agli altri. E anche in questo sta la grandezza di Carlo Carlino.
Carlo Carlino (il quarto da sinistra, in basso) con i compagni della prima elementare e la maestra Laruffa.
Fummo impegnati su fronti politici opposti, ma restammo sempre amici
di Mimì Giordano
Carlo era nato il 14 marzo del 1953, io lo avevo preceduto di 68 giorni, a scuola elementare non ci divideva nè il giorno di inizio, nè quello della fine; alla prima comunione, il 1° giugno del 1961, eravamo l’uno dietro l’altro. Restammo uniti anche se non frequentammo gli istituti superiori assieme. Poi, come tanti, negli anni delle scelte politiche e ideologiche, io e Carlo le facemmo su barricate opposte. Non ci siamo sentiti mai nemici, non ci siamo mai ignorati, nè ci siamo mai dimenticati l’uno dell’altro. Ormai quarantenni, qualche domenica mattina ci incontrammo all’edicola di Accardi a Taurianova, dove lui con la moglie Clara, taurianovese d’origine, sporadicamente veniva. Riavvolgendo il gomitolo della vita scoprimmo che, scava scava, tante cose ci univano sotto il profilo ideale, sociale, esistenziale, dei comportamenti. Non aggiungo culturale, perché la sua profondità e la sua vasta conoscenza per me erano di insegnamento.
Quando il 30 ottobre del 2004 egli improvvisamente se ne andò per sempre, fu per noi vecchi amici, compagni di scuola e per i suoi compagni di vecchia militanza un giorno di dolore e di riflessione profonda sulla sua figura. Io ebbi l’onore di pronunciare l’elogio funebre. Piano piano, il variegato mondo culturale calabrese si accorse della sua statura. Ne sono testimoni le pagine del mensile Calabria di novembre 2004, a cura di Gianfranco Manfredi, le dichiarazioni di un uomo di cultura come Pasquino Crupi, sulla Gazzetta del Sud del 3 novembre 2004, il convegno di sabato 12 novembre 2005 a Cinquefrondi con l’intervento qualificato di uomini di cultura come il Prof. Francesco Adornato, il ricordo profondo e delicato di Pino Bellocco, letto dal figlio Ludovico e del caro amico Vincenzo Marvaso, anch’egli scomparso.
Cosa dico di Carlo, a distanza di oltre 17 anni dalla sua scomparsa ? Oggi più che mai penso che il suo è stato uno scrivere, un pensare, un indagare, uno scoprire fruttuoso. La sua cultura e il suo intelletto sono stati così onesti e liberi da permettergli di essere, appunto, un vero e proprio battitore libero, un fiero donchisciotte meritevole di tanto rispetto. Egli non ha mai cercato circuiti politici e culturali di potere, è andato romanticamente per la sua strada, senza bramosia di successo e di denaro. Anzi, è andato fiero anche della sobrietà del tenore di vita. Carlo Carlino appartiene alla comunità di Cinquefrondi. Trovo giusto che a distanza di tanti anni dalla sua morte, sia davvero maturato delicatamente il tempo di un alto riconoscimento alla sua figura, alla sua opera e alla sua memoria.
da sinistra, Carlo Carlino e Mimì Giordano il giorno della prima comunione, poi don Fortunato Sorrenti e don Domenico Galati