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Oggi vorrei raccontare la storia del medico Raffaele Misiti, un valente professionista, stimato e apprezzato per il suo lavoro e le sue qualità umane, che un bel giorno a metà degli anni Ottanta prese moglie, figli e bagagli e lasciò Cinquefrondi. Se ne andò letteralmente di notte, senza tornare mai più in paese.
Sarebbe più giusto dire che scappò da Cinquefrondi. Ma il verbo scappare potrebbe essere male interpretato. Invece il medico fu cacciato dalla sua terra, dalla sua casa e forzosamente allontanato dal resto dei suoi familiari, dagli amici, dagli innumerevoli pazienti che lo adoravano per la sua bravura e la sua pazienza. Fu cacciato dalla malvagità di alcuni e dall’incapacità dello Stato di esercitare il suo mestiere e proteggere i suoi cittadini.
Erano i tempi in cui il medico condotto si recava in casa dei malati a fare le visite, prescriveva il dovuto e poi via da un altro paziente. Lui faceva così tutti i santi giorni e non sbuffava mai, si precipitava a visitare i malati anche quando lo chiamavano di notte. Oggi medici così ne esistono pochi, forse nessuno, la cura dei malati avviene più spesso via telefono, e ci sono professionisti che non hanno mai toccato l’addome o auscultato le spalle di un loro paziente . Ma tant’è, questa è un’altra storia.
Misiti invece era di quella pasta lì, all’antica, disponibile a tutte le ore per i suoi pazienti. Sempre con la sua borsetta degli attrezzi in mano, e il sorriso sulle labbra. Gli bastava poco per fare una diagnosi e, diversamente da oggi, ci pensava molto prima di spedire il paziente a fare esami e analisi se non erano proprio necessari. Dei suoi pazienti sapeva tutto, vita e malanni, pensieri e preoccupazioni, parentele e anamnesi familiari.
Il povero Misiti però non ebbe fortuna e a nulla servì avere, oltre a un esercito di mutuati, anche la stima e la simpatia di tutto il paese. L’ignavia della nostra terra è capace di produrre mostri, come il drago terrificante che provò a incenerire il bravo medico cinquefrondese e la sua numerosa famiglia (moglie e sei figli). Il drago della criminalità che la giustizia non riuscì a fermare e nemmeno ad arginare, il drago della solitudine che ogni giorno di più scavava un abisso fra quell’uomo minacciato, tormentato, avvilito dalla criminalità e il mondo cosiddetto civile. Lasciandolo di fatto da solo di fronte a un nemico troppo grande e pericoloso per poterlo affrontare a mani nude.
Un bel giorno Misiti, che era uomo equilibrato e del quale tutti ricordano la mitezza, decise che era giunto il momento di dire basta allo stato di ansia nel quale lui e la sua famiglia erano costretti a vivere, per le minacce continue, le angherie, i messaggi minatori che ogni giorno in ogni modo più o meno anonimo gli piovevano addosso. Un massacro andato avanti per mesi e mesi, senza fine, come una goccia intenta a scavare la pietra, senza tregua, senza riposo.
Le minacce di morte a lui e ai suoi familiari furono così tante e così insistenti, che a un certo punto il medico, che a quel tempo abitava in una bellissima villa proprio sulla piazza principale del paese, prese la clamorosa decisione: caricò in auto i suoi e sparì dalla circolazione, letteralmente abbandonando il paese e il lavoro, gli affetti e gli amici, tutte le sue cose, i suoi ricordi. Se ne andò via, mollando tutto e tutti. Non fece proclami, come era nel suo carattere schivo, non polemizzò con nessuno da galantuomo e signore quale era, silenziosamente si eclissò.
Fu un gesto forte, come un grido carico di rabbia e dolore, che sorprese e lasciò naturalmente senza parole la comunità cittadina. Non era solo la resa di un uomo e della sua famiglia, era soprattutto la sconfitta dello Stato e della Giustizia, incapaci di difendere quel medico e quella comunità dalla prepotenza feroce della malavita. A lungo nessuno seppe nulla di lui, tranne pochissimi e fidati amici, vincolati al segreto.
Misiti si era arreso alla violenza della ndrangheta, ma a modo suo: piuttosto che vivere in mezzo alle minacce continue o dare denaro agli estorsori, preferì andarsene e ricominciare la vita da un’altra parte. Anni dopo si disse che, da ottimo medico e con grande esperienza, era finito a fare le guardie mediche e le visite fiscali al servizio di una Usl romana, non si è mai capito se fosse vero o no, ma non credo sia importante. Di sicuro i Misiti avevano praticamente ricominciato daccapo altrove la loro esistenza, una seconda vita con amici e relazioni tutte da costruire da zero, e pazienti zero anche quelli. Una formidabile lezione di umiltà e dignità.
Quella dei Misiti (di questo ramo, perchè a Cinquefrondi di Misiti ce ne sono tanti) è una famiglia che ha pagato un prezzo carissimo alla ‘ndrangheta. La ‘fuga’ del medico Raffaele è infatti intrecciata con la vicenda del fratello Giuseppe, che aveva la farmacia nel Corso Garibaldi, e che nel 1985 fu vittima di un lungo sequestro di persona, ben 139 giorni. Una storia dolorosa e terribile dalla quale il farmacista non si riprese mai del tutto; dopo il ritorno a casa infatti si ritirò ancora di più a vita privata, lui che già era una persona molto discreta e silenziosa, che a malapena salutava timidamente. Tempo dopo morì. Si disse anche che le angherie nei confronti del medico Misiti erano una continuazione dopo il sequestro del fratello, perchè i malviventi volevano ancora soldi.
Nella foto, l’edificio bianco è l’ingresso della ex villa del medico Misiti nella Piazza di Cinquefrondi
Da quando lasciò il paese, nel 1986, a lungo nessuno ebbe più contatti con il medico Misiti e, che si sappia, nessuno della famiglia è mai più tornato a Cinquefrondi, o se l’ha fatto è stato in grandissimo segreto. In pratica, nessuno ha più visto i Misiti. Qualcuno sostiene di aver incontrato occasionalmente il medico di passaggio in paese (decenni dopo), altri di averlo visto a Soverato in estate. A Cinquefrondi quella magnifica villa di famiglia, con un enorme giardino e il terrazzo che sul davanti si affaccia su Piazza della Repubblica e sul retro guarda la stazione ferroviaria, è rimasta disabitata per oltre 30 anni, muta e costosa testimone di quanto sia difficile la vita di una persona perbene in questa parte d’Italia.
Il medico Misiti era un uomo brillante, sempre allegro e chiacchierone, oltre che un ottimo medico. Era di idee liberali e nel 1970 si candidò perfino alle elezioni provinciali per il Partito liberale (Pli) ma non fu eletto. Suo fratello il farmacista, che era di carattere totalmente contrario, cioè silenzioso e discreto, di pochissime parole, era invece legato al partito comunista.
Il medico Misiti è morto qualche anno fa lasciando moltissimi rimpianti fra gli amici e i compaesani che gli volevano bene. La sua villa nell’estate del 2019 è incredibilmente diventata la sede della più grande comunità di buddisti del sud Italia. L’imponente fabbricato infatti ospita una dozzina di seguaci di Buddha provenienti dall’Estremo Oriente, intenzionati a fare di Cinquefrondi un luogo di meditazione e di chissà che altro.
Nelle foto di queste pagine, il medico Raffaele Misiti in occasione di un non precisato evento nel Palazzo Municipale. Foto Archivio Storico Tropeano
‘U dottori Rafelinu Misiti, così lo chiamavano a Cinquefrondi gli anziani negli anni in cui esercitava la professione, esattamente come racconta Francesco Gerace. Lo chiamavano con nome e cognome per distinguerlo dall’altro grande medico del paese che portava lo stesso cognome, Lello Misiti. Due esempi di amore per la professione e disponibilità verso i pazienti. Della brutta storia del dottore Misiti non si è saputo molto in paese, ma sicuramente egli avrà patito così tanto da lasciare sdegnato tutto e tutti e non meritava quanto subìto.Ricordo la pacata socialità e l’umanità che lo caratterizzavano e lo distinguevano dal fratello Peppino il farmacista, che era l’esatto contrario.Ricordo con eguale affetto l’indimenticabile Immacolata Marvaso che si occupava del suo ambulatorio di Piazza della Repubblica e ha aiutato,senza nulla pretendere, le famiglie del paese nei bisogni infermieristici domestici.
Ricordo e rivolgo un pensiero deferente alla memoria degli altri medici di antico stampo che hanno curato i nostri familiari, i nostri compaesani. Primo fra tutti il dottore Galluzzo, il dottore Belcastro, il dottore Manfrida, la dottoressa Gerace e i due Misiti,Rafelinu e Lellu che non mancavano mai all’appuntamento giornaliero con i loro pazienti ammalati e costretti a stare in casa. Medici di altri tempi….
Mimì