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Giorgio Ieranò ha colpito ancora. Lo scrittore di origini cinquefrondesi ha pubblicato un nuovo libro destinato a conquistare i suoi affezionati lettori da un capo all’altro della penisola. S’intitola “Omero e l’idillio mancato” (edizioni Il Mulino, pagine 168, 14 euro edizione cartacea; 9,90 l’edizione digitale) , vi si racconta della bella principessa Nausicaa e del suo incontro con Ulisse.
State pensando a una roba per professori e studiosi di cose antiche ? vi sbagliate, è invece un racconto modernissimo sull’amore mancato e i suoi risvolti misteriosi, sull’attrazione fisica e il rispetto, sul desiderio carnale e la fedeltà al proprio destino. Ieranò ne scrive in modo leggero col suo consueto stile, comprensibile a tutti e emozionante, perchè l’amore emoziona sempre, suscita domande e attese, e guarda speranzoso al lieto fine. Ma nella vicenda di amorosi pensieri che lega Nausicaa e Ulisse c’è un lieto fine ? l’autore lascia aperta la risposta, sarà la sensibilità del lettore a decidere.
Non cessa di stupirci questo prolifico professore, giornalista e scrittore che da anni compie incursioni nell’antica Grecia, alla scoperta dei suoi personaggi, della sua anima multiforme, dei suoi luoghi a volte misteriosi eppure così familiari a ciascuno di noi. La sua insaziabile curiosità, la sua penna leggera e arguta, le sue osservazioni sempre profonde eppure alla portata di tutti, fanno di Ieranò un autore speciale, imperdibile. Noi cinquefrondesi non possiamo che essere orgogliosi di lui, ma anche della sua umiltà, della sua capacità di lavoro e di studio, del suo non voler essere personaggio, perchè i veri personaggi sono quelli che lui racconta e mette al centro dei suoi libri (una quarantina finora) pubblicati con le maggiori case editrici, e letti da migliaia di lettori. Un vero e proprio caso editoriale.
Ieranò da qualche anno vive a Trento, professore all’Università, grecista famoso, esperto di teatro antico, con un passato di giornalista al Corriere della sera e Panorama. I suoi genitori erano di Cinquefrondi, e in paese vivono tantissimi suoi familiari (Ieranò, Zangari, Carlino e altri a Polistena) e nel nostro paese ha trascorso lunghi periodi di vacanza in gioventù come lui stesso ci ha raccontato tempo fa (per saperne di più leggi qui https://www.cinquefrondineltempo.it/lincredibile-storia-dello-scrittore-di-origini-cinquefrondesi-i-cui-libri-fanno-impazzire-gli-italiani/ e qui https://www.cinquefrondineltempo.it/giorgio-ierano-e-il-mistero-dello-scheletro-nella-metropolitana-di-atene/ e ancora qui https://www.cinquefrondineltempo.it/lo-scrittore-cinquefrondese-ierano-invitato-a-polistena-per-presentare-il-suo-ultimo-libro/ ).
Ma torniamo al libro. Nell’Odissea Omero fa dire alla giovane queste parole solenni e impegnative: “Tra i Feaci simili agli dei è arrivato quest’uomo… / Se solo potesse essere chiamato mio sposo,/ se si fermasse qui ad abitare, se gli piacesse restare / in questo luogo”. Si tratta di una principessa che incontra un naufrago sulle spiagge di un regno lontano. L’uomo venuto dal mare non è un tizio qualsiasi, ma è addirittura il re di Itaca: ha conquistato città, guidato eserciti, sfidato mostri e tempeste, conosce parole che sanno convincere la mente degli uomini e sedurre il cuore delle donne.
Omero fa incontrare nel VI canto dell’Odissea il re di Itaca con Nausicaa, figura femminile diversa da tutte le altre: non una dea o una maga, come Calipso e Circe; non sposa e madre, come la paziente Penelope. Ma un’adolescente nel cui carattere si alternano innocenza e desiderio, ingenuità e malizia. Nausicaa abita la terra dei Feaci, un reame misterioso e felice, dove l’utopia confina con il sogno. Tra lei e Odisseo nasce un dialogo intessuto di ambiguità, da cui traspare la promessa di un futuro destinato a non realizzarsi. Così queste pagine, tra le più lievi e indecifrabili di tutto il poema, sono anche il racconto di un idillio mancato.
Il prof. Ieranò da qualche mese gira per l’Italia a presentare questa sua nuova fatica letteraria. Pochi giorni fa ha anche rilasciato un’intervista molto bella a Letizia Gamberini, giornalista del quotidiano bolognese Il Resto del carlino, la pubblichiamo qui di seguito a beneficio dei nostri lettori. Il nostro autore offre una chiave di lettura del libro e dei suoi significati. Un modo per saperne di più su questo grande concittadino.
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Giorgio Ieranò: “Vi racconto la giovane Nausicaa, l’ultima tentazione di Ulisse”
“È un personaggio affascinante e fondamentale, letto in modo diverso a seconda delle epoche”.
di Letizia Gamberini
Goethe aveva progettato di scrivere una tragedia su Nausicaa: per lui era il personaggio più bello di tutta la letteratura antica perché è costruito sulle sfumature, sulle ambiguità”. E cerca di restituircele tutte, quelle sfumature, Giorgio Ieranò, nel volume ’Omero e l’idillio mancato’ (il Mulino), da poco in libreria. Il grecista riscatta la principessa dei Feaci: “Da un lato in lei possiamo vedere un’adolescente dei nostri giorni, dall’altro è una figura completamente fiabesca. E poi nel canto VI dell’Odissea ci sono tanti temi: dall’utopia, all’ospitalità, che cerco di spiegare nel mio libro”.
Professore, perché Nausicaa ? – “Ci sono tanti personaggi dell’Odissea che, anche di recente, sono stati rivisitati. Circe, Penelope, la ninfa Calipso, le sirene. Invece Nausicaa è una figura rimasta sempre in ombra. Non è una maga, o una dea, o una sposa fedele, ma una ragazzina che incontra Ulisse naufrago e ha un innamoramento per questo eroe sconosciuto, più anziano, ma che incanta con le parole. Nausicaa sembrerebbe un personaggio minore, più evanescente, in realtà è decisivo”.
Perché ? – “È lei che permette a Ulisse di tornare a casa introducendolo alla corte di Alcinoo, che gli darà poi la nave che si guida da sola. È un incontro affascinante perché sembra non succedere nulla, rispetto a quelli con altre donne che diventano poi amanti. È dunque un idillio mancato, una storia d’amore che non si realizza, ma proprio per questo importante perché lui torni a casa. Nausicaa resta figura del ricordo, sempre giovane. Svanisce assieme a tutto il suo regno dei Feaci, il primo regno di utopia della storia della letteratura mondiale”.
Un po’ una rivincita, insomma. – “In un certo modo sì. E proprio per questo alcuni dicono che lei è l’ultima grande tentazione di Ulisse: non gli offre l’immortalità, ma una casa. Lei e il suo regno stanno a metà fra tutti i mondi fantastici che Ulisse ha visitato e il ritorno alla vita fra gli uomini: è l’anello di passaggio fra il mondo della fantasia e quello reale”.
Può essere un tipo di donna interessante per le ragazze di oggi ? – “C’è chi ha cercato di usare Nausicaa come modello, in modo un po’ sbagliato. Ulisse la incontra mentre lava i panni e poeti come Carducci e Pascoli ne hanno fatto una specie di prototipo della brava ragazza casalinga. Poi, visto che gioca anche a palla, negli anni del Fascismo era proposta come modello: stava a casa e si dedicava pure all’atletica. Fra le bizzarre riletture, c’è stata anche quella di un inglese di età vittoriana, Samuel Butler, che un po’ per scherzo un po’ no, diceva che Nausicaa era la vera autrice dell’Odissea. E si inventò pure che fosse una principessa di Trapani…”.
Ma in effetti c’è chi sostiene che l’Odissea abbia avuto in realtà un’autrice. – “Sicuramente c’è meno guerra rispetto all’Iliade e più atmosfere domestiche. Comunque, recuperare un punto di vista femminile è importante: è vero che è il racconto di Ulisse, ma anche delle tante donne che hanno un ruolo fondamentale nella sua avventura”.
Ci appartiene Giorgio Ieranò, e non solo per le sue radici cinquefrondesi e la sua appartenenza a famiglie stimate ed amiche in paese. Ci appartiene e ci inorgoglisce per la sua carriera di docente universitario, di scrittore, di narratore dell’antica Grecia. E anche la grecità ci appartiene perchè è nel nostro corredo genetico di calabresi e di cinquefrondesi, grazie alla storia che si sviluppò “arretu marina” nel VII° secolo A.C. con la fondazione di Locri Epizefiri e di cui resistono ancora le tracce. Confermo quanto scrissi nei miei brevi commenti ai brillanti articoli che Francesco Gerace ha dedicato in questo sito a Giorgio Ieranò ,facendocelo conoscere o ricordare ed apprezzare: non ho avuto la fortuna di studiare i classici, nè di aver letto sufficientemente per poterne dibattere. Quel poco che ho imparato nel corso della vita e dal libro di Giorgio Ieranò “Le parole della nostra storia” nonchè dai miei figli che quegli studi li hanno fatti, mi rende speranzoso che questi studi possano aprire orizzonti di conoscenza e di spirito critico ai giovani d’oggi. Mi auguro che la mitologia possa offrire spunti evocativi e poetici che accendano una luce nuova in quest’epoca di oscurantismo. Il Mito non è grande solo quando si incarna nella lotta e nella battaglia, ma anche quando si rispecchia nella bellezza e nell’innocenza. Questa consapevolezza, che è una minuscola particella della nostra grecità, qualche anno addietro mi spinse a comporre un brevissimo lavoro in versi dedicato alla “Calabresità”, senza alcuna pretesa di metrica e stile e che voglio far conoscere ai lettori del sito. Nei versi è ricordata anche l’isola dei Feaci dove viveva Nausicaa e che geograficamente dovrebbe essere Tiriolo (CZ), dalla cui altura si ammirano, in uno spettacolo unico al mondo, il mar Tirreno e lo Jonio:
Calabresità, sangue che scorre nelle vene
di chi è nato in una delle tante Calabrie
partorite da storia millenaria;
Calabria, dignitosa e indegna,
ti avvolge e ti sconvolge;
Calabria, cuori grandi e tasche vuote,
mani tese e bocche chiuse;
con i due mari color zaffiro d’Oriente
stupì Ulisse,naufrago eroe,
che da un sol punto entrambi vide;
Calabria, Sibarys e Kroton,
nobiltà e austerità,ozio e fatica,
passione e onore, eros e thanatos;
Calabria, ulivi maestosi e verdeggianti
colmano di regale oro verde
dispense ospitali e generose;
radici vive di ottobratica razza,
a chi un dì lasciò queste terre
gridano richiami di autunnali raccolte,
implorano a riveder le vecchie strade,
a rinnovellar proverbi antichi;
radici vere offrono fraterni sguardi del passato,
delicato sudore sotto il sole amico e splendente
che mai tradì consegna dall’Onnipotente affidata;
Calabria, tirantelle e litanie,
zampogne e pipite,
zeppole e cupèta.
Calabria, terra da amare,
dove nulla è come appare.