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                                                Carlo Carlino 

 

Dopo il ricordo di Carlo Carlino fatto da Simona Gerace, ecco ora un profilo dell’intellettuale cinquefrondese fatto dalla cugina Lucia Carlino, nel quale emerge che il suo amore per i libri e la lettura venivano da molto lontano.

di Lucia Carlino

Carlo è il mio “cugino più grande” dei Carlino, con cui mi sono relazionata nella mia infanzia, dal quale ho imparato tanto. E’ stato una sorta di mentore nella mia esperienza di studentessa e nella mia formazione politica (in quest’ultimo campo, insieme a mio padre ed ai miei nonni, le cui vite mi hanno fatto capire da quale parte stare). 

 

Le nostre case erano contigue e se con Maurizio si condividevano i giochi (operava le mie bambole tagliando loro la “pancia”) perché quasi coetanei, con Carlo era diverso. 

 

In questa foto Carlo Carlino è il bambinetto abbracciato dallo sposo, che poi è suo zio Silvio

Non aveva un carattere molto aperto e poche volte lo vedevi sorridere di gusto, però diceva cose giuste, che ti facevano riflettere. Anzi, ogni cosa che capitava era l’occasione per ricavare un giudizio, una valutazione, per fare tesoro di una esperienza.

Carlo mi ha aiutato nella scelta delle scuole superiori (persino accompagnandomi a Cittanova per l’iscrizione al ginnasio), mi ha consigliato letture, ha indirizzato interessi e curiosità. Per tanto tempo è stato una sorta di fratello maggiore. I nostri padri lavoravano insieme condividendo la stessa officina ed erano molto legati, pur avendo un carattere diversissimo tra loro. E’ capitato che quando mio zio è rimasto lontano da casa per diversi mesi perché ricoverato per un brutto incidente e la moglie si è trasferita per assisterlo, Carlo era praticamente sempre da noi a pranzo ed a cena. 

 

Ricordo quando proponeva a me e mio fratello, come gioco, l’uso del vocabolario. Si doveva aprire una pagina a caso e mettere il dito in un punto qualsiasi. Leggendo il termine che si intercettava bisognava nascondere la definizione e cercare di intuire il significato di quella parola per poi confrontarlo con quella (definizione) che si andava a leggere.

Una volta, per il 6 gennaio, mio papà pensando che io e mio fratello fossimo ormai “cresciuti” non fece “arrivare la Befana”. Pianti e delusione ci portarono diritti nelle mani di Carlo a cui mio padre ci affidò. E Carlo fece a modo suo: ci accompagnò in libreria a scegliere dei libri. Non giochi o cose futili, ma libri, che ovviamente apprezzammo. 

 

 

Il giovane Carlo Carlino (il primo a destra) con amici e cugini

E poi, l’educazione alla lettura dei quotidiani. Mandava me e mio fratello a comprare il giornale e poi ci invitava a sfogliarlo. Eravamo ragazzini, ma ci dava l’esempio. Gli ho comprato io il primo numero de La Repubblica; sfogliava con noi L’Espresso e Paese sera e ci spiegava le cose che non capivamo.

Agli anni del liceo risalgono sia le dotte frequentazioni con lo scrittore Fortunato Seminara, con Emilio Argiroffi (questi io ricordo), sia la sua prima pubblicazione in versi “Nulla è mutato”.

Dopo il liceo, Carlo si è trasferito a Roma per studiare, e poi si è sposato ed ha avuto due bellissimi figli, in gamba quanto e più di lui. Ha lasciato per sempre Cinquefrondi ma non ha mai smesso di volere bene al nostro paese. 

 

Ha continuato a coltivare la sua passione per i libri, e per i libri che raccontavano di viaggi. E’ stato direttore editoriale di più di una casa editrice alle quali con le sue capacità credo lui abbia dato molto di più di quello che ha ricevuto, mettendo in gioco la sua competenza e la sua cultura. Ha curato tantissime pubblicazioni ed ha collaborato con testate giornalistiche regionali e nazionali.

Ma questo è il Carlo di tutti, riconosciuto ed apprezzato da quanti hanno avuto modo di avvicinarsi al suo lavoro ed ai suoi studi.

Se n’è andato a poco più di 50 anni, quando avrebbe ancora potuto dare tanto, senza avere né dare il tempo di un saluto e di un abbraccio. Commovente e sincero il ricordo che di lui ha reso la testata giornalistica calabrese del TG3, con cui aveva collaborato, che ha restituito – a chi non lo conosceva o non aveva saputo apprezzarlo – l’immagine di un intellettuale raffinato e colto. La presenza commossa e numerosissima al suo funerale di studiosi ed intellettuali di chiara fama che lui conosceva e frequentava, e dei suoi amici giunti da ogni dove è stato l’ultimo saluto a Cinquefrondi, che ha potuto “toccare con mano” quanto un ragazzo schivo e riservato – con la sua morte – abbia raccolto intorno a sé tanto affetto e stima.

 

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