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Chiara Greco

 

I cinquefrondesi non lo sanno, ma devono ringraziare un suocero curioso del secolo scorso se oggi possono contare su un patrimonio di immagini del proprio passato che altri paesi e altre comunità se lo sognano.  Quest’uomo si chiamava Giuseppe Dromì e la sua storia è venuta alla luce grazie a una bella tesi di laurea firmata da Chiara Greco, studentessa di Cinquefrondi che nel 2020 si è laureata in Didattica e comunicazione dell’arte, all’Accademia delle Belle Arti di Roma. Chiara ha infatti ricostruito quella che sembra una favola,  invece è la vera storia dello Studio Fotografico Tropeano.  Tra poco approfondiremo. 

 

                                                                   La dott.ssa Chiara Greco

 

La dottoressa Greco è una 25enne che vive stabilmente a Roma ma ha mantenuto legami saldi con il paese, con i familiari, con la realtà locale. Lei si tracconta così:  “Mia madre è di Cinquefrondi e mio padre di Polistena, per questo ho da sempre passato tutte le vacanze possibili in Calabria. Non mi sono mai sentita completamente romana e neanche calabrese, ma crescendo ho capito di essere entrambe le cose. La maggior parte del mio retroterra culturale viene dalla Calabria e dalle sue tradizioni, che lo studio dell’archivio fotografico Tropeano mi ha aiutata ad approfondire”

 

Nella tesi di Chiara dunque si racconta la storia di Raffaele Tropeano e poi del figlio Tullio che per quasi tutto il secolo scorso sono stati fotografi a Cinquefrondi, hanno fatto migliaia di immagini per ritratti,  nozze,  feste religiose, eventi politici e sportivi, hanno fotografato amici e conoscenti, piazze e strade, luoghi di lavoro, famiglie. Insomma nelle loro pellicole è passata la storia di un intero paese, di intere generazioni di cinquefrondesi.  

Oggi quel patrimonio è diventato un Archivio Storico, donato nel 2017 al Comune e reso disponibile a tutti. Quelle foto sono condivise, in esse ciascuno di noi ritrova amici e parenti, avi e personaggi storici, vicende antiche e recenti,  storie di cronaca, politica, religione e sport sono raccontate in quei negativi. Una cosa meravigliosa, e non bisogna essere appassionati di fotografia per capirlo.

Ma torniamo al suocero di cui riferisce Chiara Greco che, per inciso, è la pronipote di Tullio Tropeano ed ha quindi avuto accesso a tutti i dettagli della storia di famiglia. Chiara ha ricostruito la vicenda minuziosamente, dipingendo un mondo che peraltro non era solo quello dei Tropeano, mi riferisco al periodo del primo ‘900, quando tante famiglie, compresa quella dell’autore di questo articolo, furono ‘toccate’ dal dramma dell’emigrazione. 

 

 
Raffaele Tropeano
 

 

Un certo Giuseppe Dromì (1885-1955)  all’inizio del secolo se ne partì per gli  Stati Uniti con la moglie alla ricerca di un futuro. Approdò a Cleveland, Ohio, e provò a mettere radici, ma non andò benissimo, perchè a causa dei suoi ideali anarchici, a quel tempo non molto tollerati in terra americana, la sua vita negli States fu  un pò “movimentata”. Nel 1920 Dromì fu espulso dalle autorità perché organizzava scioperi nelle fabbriche e altre agitazioni sindacali, e torno a Cinquefrondi. Tre anni dopo decise di inseguire ancora  il suo sogno americano, però stavolta partì da solo, lasciando moglie e figli a Cinquefrondi. 

Durante il suo primo soggiorno negli Usa Dromì, che era un personaggio brillante con mille curiosità, aveva scoperto la fotografia, questa nuova ‘arte’ che in America era già abbastanza conosciuta, da noi un pò meno. Aveva acquistato una macchina fotografica e scattava lui stesso delle foto per strada e nei luoghi che frequentava e poi le spediva ai familiari a Cinquefrondi, “era un modo -spiega Chiara- per condividere alcuni momenti della sua vita in terra lontana”. 

 

                    a lato, Giuseppe Dromì sulla nave che lo porta in America

 

A Dromì piaceva la fotografia, lo divertiva, era un hobby molto interessante. Un giorno gli viene la felice idea di condividere questa sua passione con Raffaele Tropeano, futuro sposo di sua figlia Margherita (i genitori di Tullio, insomma) e perciò gli regala una macchina fotografica, per far divertire pure lui.

Annota Chiara Greco nella sua ricostruzione: “Dopo averla sperimentata lui stesso, Giuseppe non poteva fare dono migliore per il futuro genero se non una macchina fotografica con cui catturare scorci di vita paesana e continuare la corrispondenza. Quello che Giuseppe Dromì non immaginava era che Raffaele avrebbe sfruttato al meglio quel regalo, facendo diventare la fotografia una professione” .

Raffaele Tropeano prende confidenza con quell’aggeggio, intuisce che è foriero di qualcosa di buono per il lavoro, comincia a darsi da fare, produce un buon numero di immagini, sperimenta, impara, finchè nel 1932 arriva il momento di fare ancora di più sul serio: si iscrive all’Unione Provinciale Artigiani e chiede la licenza per esercitare l’arte fotografica. Nasce così ufficialmente lo studio fotografico  Tropeano, il primo in tutta la zona. 

Nella foto sopra Chiara Greco; a lato un giovanissimo Tullio Tropeano al lavoro nel suo studio

 

Se non ci fosse stato quel suocero curioso e giramondo, certamente il papà di Tullio avrebbe fatto un altro mestiere, e oggi non potremmo avere quelle magnifiche testimonianze del nostro passato che sono le oltre 70mila fotografie dell’Archivio Storico. 

 

Chiara segnala che il locale dove il 23enne Raffaele “avviò la sua attività si trovava in Via del Giardino n°9. In realtà non poteva considerarsi un vero e proprio studio fotografico perchè si trovava all’interno della propria abitazione e consisteva in un’unica stanzetta adibita a camera oscura”. 

 

a lato, amici e conoscenti vari di Raffaele Tropeano (il secondo da destra) davanti allo Studio in viale Rimembranze; sotto ritratto di famiglia

 

Durante la permanenza al Giardino nacquero i tre figli della coppia: Giuseppe detto Pippo, che diventerà un importante dirigente politico del partito comunista e fu anche consigliere provinciale, Eugenia detta Geny, e Tullio, che seguirà le orme professionali del padre e farà anche lui attività politica, diventando più volte consigliere e assessore comunale. 

 

Successivamente, la famiglia Tropeano si spostò in Corso Garibaldi n°18A, “dove il piano terra era destinato allo studio fotografico. Infine, intorno al 1963, la famiglia si trasferisce in via Rimembranze 12, ricavando, come ultima sede, lo studio composto da una camera oscura, da un apposito spazio per foto in posa e ritratti e uno spazio per accogliere la clientela. Il negozio, grazie alla disponibilità di Raffaele e successivamente di Tullio, diventa un luogo di incontro per la comunità intellettuale del paese: artisti, letterati, politici, avvocati si riunivano per discutere e confrontarsi, e passare momenti spensierati in compagnia di amici”. 

Nella foto sopra, ritratto di famiglia; sotto, la dottoressa Chiara Greco dona una copia della sua tesi di laurea al sindaco di Cinquefrondi Michele Conia. Il quarto da sinistra è Tullio Tropeano

 

La fotografia fu un affare di famiglia in casa Tropeano: dal 1965, Tullio prese in mano le redini e trovò nei parenti più stretti un valido supporto: “la sorella Geny colorava, ritoccando con colori all’anilina, le foto che ancora venivano stampate per lo più in bianco e nero, i tre nipoti lo aiutavano nei servizi fotografici, nell’archiviazione, nello sviluppo e nella creazione degli album da dare ai clienti. Anche gli amici, che spesso si fermavano davanti allo studio, diventavano aiutanti occasionali e spesso cavie per gli esperimenti di Tullio che si divertiva a provare nuove tecniche fotografiche. Testimonianza della compagnia che Tullio aveva nelle sue giornate allo studio, sono le foto scattate agli amici e parenti davanti all’ingresso, ogni singolo scatto disponibile sul rullino andava usato e se, dopo qualche celebrazione dove era richiesta la presenza del fotografo, avanzava uno scatto o due,, questi erano dedicati a coloro che si trovavano là in quel momento. Per Tullio, infatti, la fotografia non era solo il mezzo con cui svolgere la propria professione ma anche una passione da coltivare e condividere”. 

 

Il consigliere provinciale e dirigente del Pci Pippo Tropeano, figlio di Raffaele, durante un evento del partito comunista di Cinquefrondi. Alla sua destra il senatore e mitico sindaco di Polistena Mommo Tripodi, alla sua sinistra il dirigente del partito e musicista storico di Cinquefrondi Giuseppe Raso 
 

 

Lo Studio Tropeano -racconta Chiara Greco- fu chiuso nel 1985, con l’avvento della fotografia digitale:  Tullio decise di fermarsi, perchè  con la nuova tecnologia “si viene a perdere la poesia dello sviluppo delle fotografie”. Continuò a scattare foto per passione, ma intraprese l’attività di ottico. Oggi è in pensione, felice di aver donato al paese nel 2017 un  Archivio che  raccoglie circa 70.000 scatti realizzati fino al 1985, prevalentemente negativi fotografici e 74 lastre datate 1930-1934. 

Tutto il materiale è stato ordinato cronologicamente in 32 contenitori. All’interno della Casa della Cultura di Cinquefrondi, che ha sede nei locali del vecchio Municipio, è stato adibito un apposito locale per la conservazione e la consultazione del Fondo, e per la custodia di alcuni strumenti del mestiere come obbiettivi fotografici, donati sempre dai Tropeano. 

 

Nella sua tesi di laurea Chiara sottolinea un dato indicativo del ‘valore’ della donazione: “La peculiarità dell’Archivio Storico Tropeano è la sua irripetibilità, poiché, essendo stati i Tropeano fra i pochissimi fotografi della piana di Gioia Tauro in quel determinato periodo storico, soprattutto fino ai primi anni ’60, è possibile tramite la vita dei singoli cittadini raccolte in fotografia ripercorrere la storia dell’intera piana di Gioia Tauro”.

Il lavoro che Chiara ha fatto per la sua laurea non è dedicato solo alla storia dello Studio Tropeano, anche se qui ci siamo soffermati soprattutto su quello. Alcuni capitoli delle 146 pagine sono dedicati alla descrizione minuziosa del Fondo archivistico e del progetto di donazione al Comune, poi effettuata nel 2017, con la conseguente messa a punto delle modalità di condivisione di quella montagna di scatti nei quali è racchiusa la storia di Cinquefrondi del secolo scorso  e, per certi versi, anche uno spaccato dell’Italia nello stesso periodo. A corredo del testo, molte fotografie d’epoca che danno un’idea dei cambiamenti nel paese e nella società.  E anche una breve storia di Cinquefrondi.

Essendo cresciuta a stretto contatto con le fotografie dell’archivio, sottolinea Chiara, grazie al mio prozio Tullio e ai suoi racconti, ho potuto immergermi nel passato e immaginare la realtà che le persone ritratte vivevano, tra le difficoltà del periodo storico e la gioia del ritrovarsi insieme e di condividere spesso le piccole cose. Citando la mia stessa tesi, ho compreso l’importanza di conoscere il passato per poter vivere il presente e determinare il futuro, preservando l’arte e la cultura di questo Paese”.

 

Tutti i cinquefrondesi devono essere grati a Tullio per aver condiviso la sua vasta produzione fotografica. Lui stesso afferma che la fotografia “non ha senso di esistere se non viene condivisa. È uno strumento della memoria e prende vita nel momento in cui lo spettatore la osserva”. Anch’io nel mio piccolo voglio ringraziare Tullio, grazie a lui è stato possibile scrivere e riempire di notizie molti articoli di questo blog dedicato alla nostra cittadina.

                                                 

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