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Passata (o quasi) la paura del covid, e dopo due anni in cui le nostre vite sono state sacrificate e costrette a condizioni che mai ci saremmo aspettati, ora ci tocca l’angoscia della stupida, inutile e folle aggressione della Russia al popolo dell’Ucraina. Una guerra senza senso e senza sbocchi, se non quelli di morte e distruzione. Ciò nonostante siamo felici noi cinquefrondesi di poter tornare in piazza, anzi nel Corso, a festeggiare la Pasqua con la nostra bella Affruntata .

Avviso per i Cinquefrondesi che vivono fuori paese: l’Edicola di Pinuccio trasmetterà le varie fasi dell’Affruntata in diretta sul web, e chiunque  potrà collegarsi per vederla da qualsiasi angolo del mondo

Per noi è la ripresa, tanto auspicata, del normale corso dell’esistenza e della ripresa dei rapporti sociali dopo 24 e più mesi di semi isolamento, di distanza dagli altri e dai nostri stessi cari, di paura che da un volto amico ci arrivasse il virus maledetto. Ci portiamo dietro il ricordo di tanti amici e familiari che hanno perso la vita a causa del covid e di altri che, pur guariti, ancora ne soffrono le conseguenze. Il ritorno dell’Affruntata sia un omaggio a tutti quelli che sono o sono stati nella sofferenza, e un inno alla speranza per tutti.

Per noi cinquefrondesi l’Affruntata è qualcosa di più di una semplice processione religiosa, e qualcosa di diverso di una rappresentazione solo teatrale della Resurrezione. Per quelli che non sono di qui, ricordiamo che lungo la via principale del paese, le statue di san Giovanni, della Madonna e del Risorto vengono portate a spalla da robusti giovanotti, ma anche da gentili signorine e uomini anziani. La storia rappresentata è quella di san Giovanni che cerca Maria per dirle che suo Figlio è risuscitato, e dell’incontro fra i due, favorito dall’apostolo preferito di Gesù. 


L’incontro (Affruntata vuol dire appunto incontro) avviene al termine di una lunga serie di andirivieni per la via principale del paese (chiamate ‘mbasciate, 12 in tutto) compiute da San Giovanni, una vecchia e pesante statua, di modesta fattura artistica ma di solida tenuta, che viene portata a spalla da decenni sempre dai componenti della famiglia Gallo, soprannominati ‘i bocci’ e dei Corica; la collega Angela Corica mi ha ricordato che suo nonno già sessanta anni addietro era tra i portatori della statua. E’ una tradizione lontanissima, sempre rinverdita, che ha assorbito via via nel tempo altri familiari acquisiti, che portano altri cognomi. E i vecchi del clan lasciano spazio ai giovani, in un gioco di avvicendamenti generazionali che coinvolge anche le donne della famiglia. 


San Giovanni va su e giù per la via. All’inizio la statua viene portata a passo normale. Con il passare dei minuti l’andatura accelera, infine quando l’Affruntata entra nel vivo, i portatori corrono in mezzo alla folla, ondeggiando pericolosamente e paurosamente sotto il peso del santo. E facendo una fatica mostruosa. 

Quando i portatori di san Giovanni hanno fiatone e gambe pesanti, e la statua della Madonna muove i primi passi sul Corso, anche il Cristo si mostra sul fondo della strada e dalla gente si leva un grido di gioa, l’attesa dell’Affruntata è nel suo momento più importante. Anche la calata del Risorto dalla ripida scalinata della piazza è di per sè un evento  spettacolare, col rischio sempre incombente di una rovinosa caduta. 

Quella dell’Affruntata è una Madonna singolare, con un viso dolce come si conviene con la Madre di Dio, ma con lunghi e foltissimi capelli biondi, avvolta nel nero del lutto. La Madonna è una statua bellissima quanto improbabile, ha sembianze  non tipiche di queste parti. La radiosità di Maria è accresciuta dal nero del lutto e dal chiarore del suo viso che rimanda più a una bellezza nordica che a una giovane palestinese. 


Maria non sa ancora della risurrezione del figlio. Dall’altro capo della strada appare Gesù, portato a spalla da 8 uomini per volta che si alternano continuamente con altri portatori. E’ una statua alta e pesante, Cristo è con la mano benedicente, accenna  un sorriso. 

Le statue di Maria e del Cristo avanzano l’una verso l’altra, in mezzo san Giovanni, che continua a correre avanti e indietro, e quando non c’è più spazio arriva fin quasi a roteare su sé stesso, sfiorando paurosamente la folla assiepata sul marciapiedi. Centinaia di telefonini fanno foto e video di quei momenti. La gente supera le transenne e avvolge letteralmente le statue, i balconi della via sono carichi di persone. In quel momento tutta Cinquefrondi è all’Affruntata. 


A quel punto l’incontro avviene, la festa si realizza. Scoppia un battimani generale, si sentono grida di gioia, a qualcuno scende una lacrima, dalle spalle di Maria cade il segno del lutto, e la Madonna  biondissima, vestita di rosa con un mantello azzurro, fende la folla in tripudio. Volano le colombe della pace. La banda intona le note trionfali del Mosè di Rossini. L’incontro delle tre statue per tradizione avviene di fronte al bar di Gino Varamo (un tempo di Luigi Albanese), in omaggio a un ex sindaco dell’800, Flaminio Papasidero, noto benefattore cittadino, che abitava proprio al piano di sopra del bar. Quell’uomo e quella famiglia ovvimente non esistono più, ma l’atto di omaggio è rimasto lo stesso ed è stato integrato nel rito. 


Gli ultimi atti prima dell’incontro sono sempre i più concitati, la folla preme sui marciapiedi, tutti cercano di guadagnare un posto in prima fila dietro le ‘transenne’ di corda. Tanti papà prendono i figli sulle spalle, agli anziani viene fatto spazio. Nessuno si vuole perdere un momento del finale, specialmente dell’attimo in cui a Maria viene tirato giù il velo del lutto e lei appare ancora più luminosa nella sua bellezza. Sembra ancora più chiara e più bionda questa Madonna un pò anomala, e la sua inesistente somiglianza con quella palestinese non è irriverenza, ma un ulteriore segno di affetto della nostra gente verso la Madre per eccellenza: Maria è speciale anche nell’aspetto, e visto che nel meridione le donne sono di solito con i capelli castani e la carnagione un pò scura, probabilmente gli artisti-artigiani di tanti anni fa l’hanno fatta bionda e chiara; un modo, certo ardito quanto ingenuo, di sottolinearne la preziosa straordinarietà, semprechè sia questa la spiegazione e non ve ne siano invece altre di cui non iamo a conoscenza.

Dopo la benedizione del parroco don Serafino Avenoso, si va tutti in processione ad accompagnare le statue alle rispettive chiese: si percorre un tratto di Piazza Castello, poi via Milazzo, e le stradine via Savoia, via Indipendenza e si riporta la statua del Risorto alla Chiesa Matrice. Quindi il corteo prosegue per via Montebello e un tratto di via Savoia e si conclude al Carmine, dove vengono riposte le statue della Madonna e di San Giovanni. 


L’Affruntata è una festa che porta allegria e colore. Vi partecipa sempre una gran folla, attirata anche dai paesi vicini. E’ una festa che nel tempo ha oltrepassato la sua dimensione strettamente religiosa, ed è divenuta un simbolo dell’identità locale. Qui a Cinquefrondi l’Affruntata si tiene da lunghissimo tempo  anche se nessuno sa indicare con certezza quando effettivamente sia stata introdotta dalla Chiesa. 


Ogni anno si rinnova, sempre uguale a sé stessa eppure sempre attesa con trepidazione e vissuta con gusto dai cittadini. Quando san Giovanni comincia le ‘mbasciate su e giù per il Corso (per trazione si dice ne debba compiere dodici, in realtà nessuno le ha mai contate davvero) la gente le conta, qualcuno si sbaglia, nascono discussioni. Poi si guarda l’orologio per capire quanto manca alla fine della Messa e all’arrivo in scena del Cristo. Si contano i minuti, forse c’è un ritardo, ma come mai ? cos’è successo ? forse l’omelia è stata lunga. E poi ci s’interroga sulla Madonna: è uscita dalla Chiesa prima del solito ? no sembra al momento giusto, ma doveva apparire prima, no dopo. E’ un inseguirsi di voci e commenti e attese, sempre uguali e ripetuti tutti gli anni, come fosse la prima volta di un’Affruntata dopo decenni, invece è l’attesa di un evento che si rinnova, sempre uguale e perciò suggestivo e amato. 


L’Affruntata è la festa per definizione, si lasciano case e campagne per esserci, cristiani e non cristiani, molti emigranti tornano a casa per non mancare l’appuntamento con la tradizione. Affruntata significa ‘incontro’, e rievoca l’incontro fra la Madonna e il Figlio risorto ma qui, dove la lingua ufficiale è il dialetto, riservandosi l’italiano solo nei contesti ufficiali, nessuno dice ‘affruntata’ per definire un qualunque ‘incontro’: affruntata è un termine che rimanda all’Incontro cristiano per eccellenza, quello capace di cambiare la vita delle persone e diventa perciò motivo di gioia. 


L’Affruntata è un rinnovarsi sempre uguale a sè stesso di gesti e movenze, una tradizione antica, ma ogni volta sembra la prima: la cautela con cui la statua del Cristo Risorto è portata giù dalla scalinata della chiesa matrice; la delicatezza con cui i portatori delle statue fanno lo slalom fra le auto in sosta; l’attenzione a non toccare i panni stesi nelle stradine; la cura con cui le guide danno il passo e avvicendano i portatori delle statue. C’è amore e passione in ogni minuzia che compone questo rito. 

Guardando attentamente ai dettagli uno potrebbe pensare che questa processione si stia svolgendo per la prima volta e non, invece, che sia l’ennesima replica di un rito  che si rinnova sempre uguale, stessi gesti, stesso orario e itinerario, stessa durata. Tutto si ripete eppure tutto è ugualmente nuovo nel suo svolgersi. E proprio per questo rappresenta la celebrazione della nostra identità di cinquefrondesi, divisi probabilmente su molte e da molte cose, ma profondamente uniti nella festa per la resurrezione di Cristo. 

Ogni anno all’Affruntata partecipano turisti, operatori tv, fotografi, giornalisti, ciò nonostante è rimasto intatto il suo spirito innanzitutto religioso e nulla è stato concesso al folklore turistico. Chi viene a Cinquefrondi il giorno di Pasqua trova solo l’Affruntata, tutto è chiuso, a parte l’antico bar Varamo. Non ci sono alberghi, nè ristoranti, nè bancarelle, nè venditori di paccottiglia. 


I cinquefrondesi, forse senza rendersene conto, hanno protetto il simbolo della loro tradizione dal rischio di farne uno spettacolo per turisti, fine a sè stesso, e a diventare altro, anzichè la festa della Resurrezione. 


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