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Vi piace la fantascienza ? amate l’ironia sui tic di noi calabresi ? vi interessano le storie d’amore contorte, dove i sentimenti si uniscono alle grandi domande sul senso della vita ? vi piacciono i racconti di viaggio dove non si parla di monumenti ma di persone e cose bizzarre ? vi divertono gli aforismi nonsense e soprattutto il nonsense applicato al quotidiano ?

Ecco, se vi piace o vi attrae o vi incuriosisce tutto questo, c’è un autore che fa per voi. Si chiama Salvatore ‘Saso’ Tigani ed è di Cinquefrondi. Ha già pubblicato ben otto libri fra saggi e raccolte di racconti vari, altri lavori sono in cantiere, e tutto si aggiunge ad una quantità industriale di storie brevi, riflessioni, interviste, video e testi sense e  nonsense disseminati in un numero imprecisato di blog e pagine internet nelle quali entra e esce, abbandona e poi riprende con una velocità pari a quella con cui produce scritti. 


A Cinquefrondi tutti sanno di Salvatore e del suo talento narrativo, della sua capacità scrittoria e della sua fantasia multiforme.  La sua giornata si divide fra il lavoro che gli consente di guadagnare e  vivere decorosamente (cioè la progettazione di servizi per gli enti pubblici e il terzo settore) e la scrittura creativa che lo impegna per il resto del tempo. Ciò che gli avanza, cioè pochi minuti al giorno, lo divide fra le incombenze familiari, la spesa e la lettura, l’aggiornamento sui fatti del mondo, la risposta ai whatsapp e messaggi delle sue ammiratrici. 

Siccome non ama farsi mancare nulla, Salvatore si diletta anche di altre attività comunicative, cioè fa il regista, produce documentari, monta immagini, scrive sceneggiature, e già che c’è compone anche delle canzoni. La sua creatività è inesauribile, la redditività delle sue opere un pò meno. Ma non si scoraggia. Uno così forse un giorno vincerà il Premio Strega o il Campiello, o forse no, sempre se prima non sarà impazzito per eccesso di stress da tastiera. Oppure più semplicemente continuerà con i suoi scritti a colorare la vita sua e altrui con i toni teneri e allegri della leggerezza, della curiosità, della voglia di scoprire il mondo, di raccontare e  raccontarsi che è la vera cifra della personalità di questo giovane scrittore, ormai cresciuto e pronto per il grande salto nella letteratura. Uno scrittore sempre sorprendente, non ideologico, che non pretende di insegnare agli altri e che sta lontano dalla politica. Quando cominci a leggere una sua storia non sai come andrà a finire, l’imprevedibilità è il suo forte, ed è ciò che lo rende interessante, insieme con la sua scrittura scorrevole e a volte surreale. 

A breve consegnerà il suo ultimo manoscritto a una grande casa editrice, un romanzo dalla trama top secret, suggello di anni di prove e controprove, correzioni e aggiustamenti infiniti.

Salvatore è un 40enne dall’aria molto giovanile, figlio dell’ex vigile Angelo Tigani e di Teresa Valensisi, genitori che lo adorano ma stanno ancora cercando di capirlo. Ha scelto di vivere a Cinquefrondi, dopo lunghi anni trascorsi a Roma. E’ uno di quegli eroici cinquefrondesi che hanno investito su di sé e sul paese (vedi Cettina Ieranò, l’orafa). Nella capitale aveva un lavoro, scriveva per quotidiani e  settimanali, cronaca nera e rosa, cartoni animati, serie tv. Nuotava in un ambiente professionale in cui avrebbe potuto fare ancora molto e allargarsi e farsi notare, per spiccare il volo. Invece ha scelto di tornare a Cinquefrondi, continuando a scrivere le cose che gli piacciono, in attesa di piazzare il colpo letterario della vita. E soprattutto continuando a frequentare i luoghi e gli amici che ama, a respirare l’aria di casa, i tempi lenti e tranquilli del paese, fuggendo via dal grande caos di città, con le sue perdite di tempo e le ansie continue, fra bus in ritardo, metropolitana affollata, traffico impazzito, code ovunque, prezzi alti, amici pochi. 


Conosco Salvatore da quando era bambino. Dietro il suo sguardo sornione e simpatico, e gli occhi perennemente gonfi di chi ha dormito poco e male, si nasconde un’anguilla inafferrabile: quando pensi di averlo capito, scopri che c’è ancora un mondo dentro di lui, tutto da scoprire e aiutare a venir fuori. Gli ho buttato lì alcune domande, ecco che cosa ha risposto.

 Giornalista, scrittore, blogger, creativo, Salvatore m spieghi che cosa sei esattamente ?

Tigani: Sono stato tutte queste cose, tra l’altro anche regista, montatore e sceneggiatore, e ho scritto anche qualche canzone per degli amici cantanti. Di solito rispondo però che sono un creatore di contenuti, come si usa nell’era di internet. Il mio lavoro vero è da una decina d’anni un altro: sono un formatore e faccio progettazione sociale per enti pubblici e di terzo settore. Quindi tutto il resto va alla voce: hobby e passioni. 

Salvatore ‘Saso’ Tigani e la zia Maria, spesso protagonista delle sue storie


Presentati: chi sei, dove e quando sei nato, che studi hai fatto ?

 Tigani: Sono nato nella mitica Cinquefrondi – cittadina piena di contraddizioni ma, lo sai meglio di me, in fondo così bella – nel 1981 e precisamente tre giorni prima di Natale, con tutto quello che ne consegue: un solo regalo, una sola festa, un nome importante.

Tra l’altro sono nato lo stesso giorno in cui mio nonno è morto. A casa mia dico, scherzando, che la tradizione vuole che morto un Salvatore Tigani se ne metta al mondo subito un altro.

Ho studiato e mi sono laureato alla Sapienza di Roma in Scienze e tecnologie della comunicazione, con una tesi sull’incertezza indagata attraverso le serie tv americane. Ho vissuto e lavorato lì per quasi tredici anni, tra case editrici di fumetti. Ho scritto per le Winx, per esempio, in Play Press, ma curavo anche le Tartarughe Ninja, i Pokemon e altri personaggi più o meno celebri ancora oggi. Ho collaborato con giornali quotidiani o periodici: Il quotidiano del sud, Cronaca Nera, Fatti di Cronaca, Roma Week, ecc.  A un certo punto però il richiamo di casa ha vinto, e nel 2012 sono tornato in Calabria e ho cambiato completamente campo. Da allora lavoro come consulente per Comuni e Associazioni, faccio l’orientatore e l’educatore in genere. Ed eccomi qua.


Salvatore, se avessi una bacchetta magica in mano e potessi decidere il tuo presente e il tuo futuro, cosa sceglieresti di essere o di fare ?

 Tigani: Questa è una bellissima domanda. Me la faccio tutti i giorni. E la risposta è sempre un pò malinconica. Da giovanissimo sognavo di studiare astrofisica e poi sono finito da tutt’altra parte. Ma quell’antica passione è confluita in quello che scrivo: la maggior parte dei miei racconti è di fantascienza. Quindi, ecco, oggi mi vedo a raffinare il mio stile e un domani, magari, a pubblicare con qualche grande casa editrice. Diciamo che è un piano di lungo termine che nel medio sta dando già i suoi frutti: ho vinto qualche concorso letterario, tra cui una menzione speciale al Premio Robot, che è uno dei premi di riferimento per gli scrittori di fantascienza.


 Quali concorsi hai vinto ?

Tigani: il Premio Energheia (secondo posto nel 2003-04), il Premio Writer Magazine (secondo posto alla 44° edizione), il Premio Domenico Bia (primo posto), Premio Robot (2018/19 menzione speciale), questi sono i più importanti. Inoltre, insieme a Michele Ieraci, geologo cinquefrondese mio grande amico, abbiamo vinto il secondo posto in un concorso internazionale di cortometraggi con un film di tre minuti a tema fantascientifico-geologico. Il concorso si chiamava “On the rocks” e per un bel pò il nostro corto è andato in onda sul canale di Focus, ma è ancora su youtube sul loro canale.


 Sei dunque formatore e progettista per vivere, ma dentro di te si nasconde in realtà uno scrittore ?

Tigani: Si nasconde e nemmeno troppo bene. Sono molto attivo sui social e sul blog, e produco talmente tanto che forse sul dizionario delle malattie psichiatriche c’è un nome per la mia patologia. Ho pubblicato un pò di libri umoristici, raccolte di post tratti dai miei profili facebook e dal mio blog. Il volume “Come sopravvivere ai calabresi” è stato in alta classifica su Amazon per un pò.

 

Ecco, parliamo dei tuoi libri, quanti ne hai pubblicati ?

 Tigani: Sono in tutto 8, ma tre sono fuori produzione da un pò: non hanno superato la prova del tempo, così ho recuperato quel poco che c’era di buono e l’ho riciclato in una raccolta. In questi ultimi mesi ho dato alle stampe una versione riveduta, corretta e ampliata di “Come sopravvivere ai calabresi”, che cerca di mantenere lo spirito umoristico e dissacrante dei primi volumi, e una raccolta invece di racconti seri, che si chiama “Amore caro” e raccoglie tutti i racconti premiati negli ultimi venti anni.  Quest’ultimo è stato accolto con stupore. I fan del primo si aspettavano altri aneddoti divertenti, racconti di vita quotidiana e si sono ritrovati invece temi come la depressione, l’amore, il senso dell’esistenza. Diciamo che “Amore caro” rappresenta quella parte di me che prima si muoveva all’ombra dell’ironia, della satira e di tutto il divertissement che riempiva i primi libri.


 Aspetta , non correre come fai sempre. Quali sono i titoli dei tuoi libri ?

 Tigani: Scusa, è vero, sono sempre di corsa.

Cronache del Fanta-Reale (uscito nel 2012, è uno studio sociologico sull’incertezza che passa in rassegna la figura del ‘nemico’ nella serialità televisiva americana, confrontandolo con i vari antagonisti della storia della società occidentale: l’industrializzazione e le macchine, i russi, gli immigrati, i virus, ecc.

Come sopravvivere ai calabresi: 2015, un diario tragicomico. Che parla per lo più della mia vita quotidiana, con toni umoristici ovviamente, e mia zia Maria come protagonista di eccezione (zia Maria che da quando sono tornato da Roma è diventata la mia coinquilina). Ma nel libro descrivo anche il resto della mia famiglia, sempre attraverso la lente distorcente dello scherzo e della caricatura.


Stringi, la stai facendo lunga…

Ok, allora dico solo i titoli. Gli altri libri sono:

Come sopravvivere all’amore (2017)

Come sopravvivere a sé stessi (2019)

Amore caro e altri racconti (2021)

Il libro delle freddure (2021, raccolta di freddure e vignette).

Pensieri sulla vita, l’amore e tutto quanto per fare i fighi sui social network (2021, raccolta di aforismi).

A capo – pensieri spezzati (2022, raccolta di non-poesia)


 A quale di questi sei affezionato di più ?

 Tigani: “Amore caro”. Raccoglie la mia scrittura più personale, a dispetto delle pretese finto-autobiografiche di “Come sopravvivere ai calabresi”, e tratta alcuni temi a me cari in chiave narrativa ma senza sconti. Molti racconti hanno un finale agrodolce e almeno un paio, se li rileggo adesso, mi danno la sensazione di parlare con un vecchio me. La scrittura è per me un insieme di attività introspettiva e di libretto degli appunti per i miei io futuri.


 Quanto c’è di autobiografico in questi racconti ?

 Tigani: mentre li scrivo, ho l’impressione che non ci sia nulla. Quando poi, dopo la terza bozza, li rileggo, mi accorgo che ci sono dentro tutte le emozioni che ho provato in determinati periodi della mia vita. Diciamo che sono l’autobiografia della mia vita sentimentale, anche quelli che parlano di alieni o mondi post-apocalittici hanno dentro qualcosa che ho provato o sto provando.



 Ricordi la prima cosa che hai scritto ? e a chi l’hai fatta leggere ?

Tigani:  Si chiamava ‘Apocalisse’. L’ho scritta sul diario di una mia compagnuccia di scuola, che lo mandò a NOI MAGAZINE, inserto della Gazzetta del sud (mi pare uscisse ogni giovedì), che lo pubblicò sul numero successivo con tanto di illustrazione bellissima a corredo. Quando uscì, circolò a scuola e tutti gli insegnanti cominciarono a spingermi verso questa strada. 


Quando hai cominciato a scrivere e perché ?

 Tigani: Oddio, sai che non ho un ricordo preciso di quando ho cominciato? Forse con i temi a scuola, che mi piaceva un sacco svolgere. Di sicuro quella che per prima mi ha influenzato è stata mia mamma che mi ha trasmesso la passione per la fantascienza e l’horror (da piccolissimo cominciai con lei a guardare in tv X-Files ma anche Visitors, Aracnofobia e altre cose così).


Finora hai ricevuto solo complimenti e premi o anche stroncature (da amici, fan e critici) ?

 Tigani: Quando a Matera mi premiarono con la menzione speciale per il racconto “Lana e io”, durante la cena di gala successiva alla premiazione parlai con i giurati. Alcuni mi lodarono (c’era anche Povia pre-Sanremo, fresco vincitore del Premio Città di Recanati con una bellissima canzone sulla sorella bulimica, che adorò il mio racconto), ma uno in particolare, lo scrittore Antonio Pascale, mi chiamò in disparte e mi disse tutto quello che non andava nel racconto. Fu molto preciso, quasi crudo, ma mi diede una prospettiva. Era il 2003 o il 2004. Non pubblicai più narrativa per oltre dieci anni, durante i quali studiai e praticai molto. Ero già stato a scuola di sceneggiatura con Age, Suso Cecchi D’Amico, Ennio Morricone (conservo ancora il poster con tutti i nomi) ma fu decisiva l’esperienza di Tutor per il laboratorio di scrittura creativa e giornalistica della Sapienza in collaborazione con la Scuola Omero. Dieci anni dopo la stroncatura di Pascale mandai tutti i racconti di cui ti ho detto a dei concorsi e vinsero tutti qualcosa. Devo ringraziare Antonio Pascale se non sono diventato un wannabe della scrittura, provinciale e letto solo dai propri parenti.

 


I nostri concittadini sanno di tutti queste opere e dei premi ricevuti ?

 Tigani: Credo che tanti conoscano “Come sopravvivere ai calabresi” e so che molti mi seguono sui social, dove per lo più pubblico ancora post umoristici, e sul blog (www.salvatoretigani.it), dove invece scrivo cose un pò più serie. Non saprei dirti però dei miei libri seri o dei racconti che mando in giro per concorsi.

 

Mettiamola così, quanti lettori hai a Cinquefrondi ?

 Tigani: Eh eh. Non ho questi dati. Penso che “Come sopravvivere ai calabresi” ne abbia molti, anche fuori da Cinquefrondi, perché parallelamente al libro quella che è diventata famosa è zia Maria. Un mio amico, preside di un istituto superiore, l’ha definita “personaggio mitopoietico per eccellenza”. Son dovuto andare a cercarmi il termine sul dizionario e alla fine ho capito che, forse, tutti abbiamo un personaggio del genere in casa. Sai, quella saggezza antica e generazionale che viene tramandata sotto forma di battute, motti e modi di dire dialettali.


Cosa pensa tua zia Maria di questi libri che l’hanno fatta diventare famosa ?

 Tigani: Ne va incredibilmente fiera. Una volta l’ho beccata a vantarsene con le amiche, a dire qualcosa del tipo: “Sai, da quando io e mio nipote abbiamo scritto quel libro… mi fermano tutti!”. Io le ho detto: “Che vuoi dire, che ti devo indicare come coautrice?”. E lei: “Beh, metà delle cose che ci sono scritte nel libro te le ho dette io!”. E in effetti ha ragione: metà del libro è fatto di aneddoti di vita quotidiana con lei, due generazioni e due mondi così distanti che però si trovano bene nell’ironia. Anche lei è una tipa che scherza molto.

 

E’ vero che tuo padre non ti legge perchè scrivi di sesso ?

 Tigani: Ah ah. Anche mio padre ha la battuta facile. Diciamo che l’altra metà del libro l’ha scritta lui. Comunque sì, non è proprio il mio primo fan. O meglio, lui preferisce la mia produzione più leggera, ai racconti impegnati. C’è un racconto che comincia con una frase un pò sconcia – almeno dal suo punto di vista – e scherzo spesso sul fatto che lui è così pudico che ha interrotto la lettura dopo il primo punto.

 

Come nasce un racconto di fantascienza ?

 Tigani: Di solito da un’idea, uno spunto di riflessione che avviene dal mondo esterno, dalla vita quotidiana o da un articolo di giornale. Però la fantascienza ha di bello che è un contenitore di tutti i generi. Il mio racconto “Lana e io”, premiato a Matera è, sì, ambientato in un mondo post apocalittico, ma in realtà parla di una coppia che non riesce ad avere un bambino e però non si arrende fino alle estreme conseguenze. A me piace la fantascienza estrapolativa: prendi un problema della vita reale, del tuo presente, e lo trasli in un contesto fantascientifico, anche futuristico, dove puoi portarlo appunto alle estreme conseguenze. Sono tutti dei racconti cosiddetti “What if…?”, cioè: “Cosa succederebbe se…?”.  Il lettore, mentre si lascia incantare dalla descrizione di paesaggi alieni o di tecnologie futuristiche, fa invece un viaggio nei propri sentimenti ed è portato a schierarsi al fianco del protagonista o contro di lui, comunque prendendo una posizione su un tema morale importante. “Che cosa saresti disposto a fare per realizzare il tuo sogno di diventare madre?” questo è un esempio di spunto.

 

Nei tuoi scritti parli mai dei temi ‘calabresi’, il sottosviluppo, la disoccupazione, la mafia, il mondo contadino ?

 Tigani: Nei libri no, ma nella mia attività di giornalista ho trattato di questi temi. Alcune inchieste comparse sui vari quotidiani per cui ho scritto sono ora disponibili sul mio sito, per esempio un lungo reportage sul mondo del lavoro nella Piana di Gioia Tauro. E con un video-reportage ho trattato invece le tradizioni calabresi che ancora, a fatica sopravvivono, riprendendo per esempio un carbonaio a Giffone, il mercato di Cinquefrondi e Polistena, le nostre splendide spiagge, la montagna – che amo moltissimo e che è così trascurata. Il video si chiama #Piana: il territorio si racconta, e contiene forse l’ultima intervista al professore e poeta Raffaele Zurzolo, che per l’occasione mi regalò la colonna sonora. Ben cinque valzer scritti da lui e suonati per i miei microfoni nel vecchio pianoforte di casa sua. Si trova su youtube, anche questo. Scusami, l’ho chiamata intervista, in realtà era un incontro, con  lui che recitava alcuni suoi versi che, in sottofondo, facevano da contrappunto alle immagini della Piana di Gioia. E’ uno dei lavori di cui vado più fiero. Purtroppo poco dopo il professore venne a mancare tragicamente, ma fece in tempo a vederlo nella prima proiezione, a Polistena, durante le Corti aperte.

 

Tu scrivi libri, passi da un blog all’altro, lavori per i progetti per gli enti pubblici  e il terzo settore, scrivi racconti di fantascienza e pubblichi diari di viaggio, nel frattempo sei molto presente sui social, con testi sempre lunghi e impegnativi. Ma quando vivi ?

Tigani: non è questa la vita?

 

Dimmelo tu

 Tigani: vivere delle esperienze è condividerle con gli altri. C’è un bel film di Sean Penn, Into the wild, che finisce con il protagonista che poco prima di morire capisce che la felicità non può esistere senza condivisione. Io penso che se vivi qualcosa di importante, se apprendi una lezione o semplicemente visiti un bel posto, allora hai il dovere di condividerlo. I mille romanzi che ho letto mi hanno fatto vivere mille vite. E fatto visitare posti che nemmeno viaggiando ogni singolo giorno della mia esistenza avrei potuto visitare tutti. Io con i miei scritti cerco solo di restituire qualcosa. E poi a volte mi succedono cose così assurde che è davvero un dovere raccontarle, come quando per sbaglio sono finito in Portogallo invece che a Lamezia.

 

Non ci credo

Tigani:  Ero andato a fare una visita medica a Treviso e ne ho approfittato per vedere la città. Al ritorno ho preso l’aereo per Lamezia, ero molto stanco e dopo aver letto un pò mi sono appisolato. Al risveglio eravamo atterrati: accendo il cellulare e mi accorgo di non avere internet. Chiamo la mia ragazza, che era venuta a prendermi all’aeroporto di Lamezia, e lei mi strilla contro “Dove cavolo sei? Sono qui da due ore!”. Io mi rivolgo alla vicina di posto: “Abbiamo fatto ritardo?”. Lei guarda l’orologio e dice: “beh, sì, un pochino”. Penso: “Alla faccia: due ore, un pochino”. Mi guardo intorno e rispondo alla domanda della mia fidanzata: “Sto arrivando sono al gate… 22”. E lei: “Ma che cavolo stai dicendo: a Lamezia non ci sono 22 Gate!”. Guardo meglio, mentre cammino nei corridoi, e leggo le indicazioni per il Gate 24, per il Gate 30, per il Gate 44… Al che mi dico: “Ok, a Lamezia non ci sono sicuramente 44 gate”. Il mio cervello si risintonizza sulla realtà e sento che intorno a me stanno parlando quasi tutti una lingua straniera, ispanica, non ancora identificabile. I poster pubblicitari non parlano in italiano e, girato l’angolo, la sala è davvero troppo grande per essere l’aeroporto di Lamezia. Il cellulare mi chiede se voglio abilitare il traffico dati in roaming, dico di sì e apro google maps: il pallino azzurro che segnalava la mia posizione era rimasto fermo per tutto il viaggio sulla città di Treviso e adesso cominciava a muoversi velocemente verso nord-nordovest. Esce dall’Italia, supera la Svizzera, la Francia, la Spagna… Io dico ad alta voce: “Per piacere fermati!”. E si ferma a Porto, in portogallo. Dopo un attimo di choc, dico alla mia ragazza di tornare pure a casa senza di me perché c’è un piccolo problema. Lei: “Ti hanno perso il bagaglio?”. “Ehm, no”, rispondo, “mi sono perso io: sto in Portogallo”. Lei me ne dice di tutti i colori pensando che si tratti di una delle mie burle ma quando le mando una foto del Terminal si convince e se ne torna a Polistena col broncio.

 

E poi che cosa accadde ?

 Tigani: chiamo mio padre, che ci aspettava per pranzo, e gli spiego che sono in Portogallo. Lui: “Ah, quindi non mangi a casa?”. E io: “No, papà, non so se hai capito, ma devo aver preso l’aereo sbagliato. Mia madre, alle sue spalle: “Che è successo?”. E lui le spiega: “Boh, dice che non mangia qua”. Insomma, rientro a casa dopo due giorni di sbattimento e indagini per capire come sia potuto succedere (un problema di biglietto digitale, penso, ma ricostruisco tutta la storia nel reportage pubblicato sul mio sito e accessibile qui: http://www.salvatoretigani.it/category/lost-in-portogallo/ ) e finalmente posso mangiare a casa dei miei che ci tenevano tanto.

  

Il libro o l’autore che ti ha segnato di più  e spinto su questa strada ?

 Tigani: Domanda difficilissima. Forse Fante, il suo Arturo Bandini mi somiglia un pò (ndr, Arturo Bandini è un personaggio immaginario protagonista di una serie di romanzi di John Fante, scrittore statunitense). Fatte le dovute distinzioni è un tipo esuberante con il grande sogno di diventare uno scrittore che vive avventure tragicomiche e lentamente impara a raccontarle.

 

Una specie di Bel ami in salsa moderna ?

 Tigani: Anche, sì, forse nel mio caso senza la parte della seduzione

 

Con i tuoi numerosi volumi pubblicati, e considerata la tua giovane età, sei un autore fra i più prolifici di Cinquefrondi.

Tigani: ah ah, davvero ? non lo sapevo.

 

Eppure non hai mai presentato un tuo libro a Cinquefrondi ?

 Tigani: in realtà sì. Anni fa Francesca D’Agostino, un’amica di San Giorgio, organizzò con l’Unesco una tavola rotonda con alcuni scrittori della Piana. Io chiusi la serata con “Come sopravvivere ai calabresi”. E un’altra volta presentai “Come sopravvivere all’amore” in una iniziativa organizzata da Michela Tripodi che si chiamava ‘Amor vincit omnia’, mi pare, e ospitava artisti locali che avevano trattato questo tema.

 


A che cosa stai lavorando adesso ?

 Tigani: Al mio primo romanzo. Ci lavoro da qualche anno in realtà, e ho già buttato nel cestino due versioni. Ho una buona storia, un buon titolo (te lo spoilero in anteprima: “Nessuno è felice”, avvisandoti che non è quello che sembra) e una discreta scaletta. Però è troppo importante per pubblicarlo in una forma che non sia perfetta. Forse dopo aver pubblicato questo mi fermerò o forse dopo di questo comincerò davvero a sentirmi scrittore, uno scrittore “vero” intendo.

 

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