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Italo Bonini
Chi non ricorda a Cinquefrondi l’avv. Italo Bonini ? non solo per la sua attività professionale riconosciuta e nota in tutta la Piana di Gioia Tauro, ma anche per quel suo carattere sempre allegro e libertario, controcorrente per partito preso, imprevedibile e inafferrabile come solo gli uomini davvero liberi sanno essere. Ma nello stesso tempo generoso e dai modi signorili.
Uomo dai mille interessi e curiosità, Bonini fu un personaggio speciale del nostro paese e nel 2014 addirittura la Nazionale giovanile di pallavolo venne a Cinquefrondi per rendergli omaggio. Più avanti capiremo perchè.
nella foto, l’avv. Italo Bonini
Le passeggiate serali dell’avv. Bonini in piazza con gli amici non erano mai banali, le chiacchierate con lui sortivano sempre guizzi di grande intelligenza, battute sapide e parole di verità, specie sui temi della politica, che magari non tutti avevano voglia di pronunciare. Se in qualche circostanza c’era da dire che il re è nudo, lui non si tirava mai indietro. A costo di far soffrire qualcuno o causare baruffe. Ma lui era fatto così.
In questa foto del 1953 Italo Bonini portiere della Cinquefrondese, è quello al centro in basso, con il pallone
Da buon avvocato gli piaceva la polemica, e soprattutto le battute taglienti, fulminanti, tavolta cattivissime, pronunciate con un sorriso sornione.
Era un battitore libero in tutti i sensi, amava la musica classica, Wagner in particolare, che ascoltava anche ad alto volume. Una volta lo fece mentre transitava sotto il suo balcone una processione religiosa. Faceva scherzi terribili, un giorno prese di mira un povero prete di Anoia, che gli stava antipatico, gli telefonò spacciandosi per un importante deputato che voleva fare una donazione, e lo fece aspettare a lungo per strada, in una zona di campagna, mentre lui gli passava e ripassava davanti più e più volte in auto, sghignazzando. Era un mangiapreti, ma per finta. Non a caso uno dei suoi migliori amici era don Giovanni Marra, ben prima che questi diventasse vescovo e arcivescovo.
Bonini si ritrovò coinvolto anche, suo malgrado, come testimone delle lacrimazioni del quadro della Madonna a Maropati. Un fenomeno cominciato nel 1971. Lui, forte delle sue convinzioni positivitische, andò a curiosare come tanti in casa del suo collega Cordiano, dove si trovava il quadro delle lacrimazioni. E proprio in sua presenza, sul vetro dell’immagine sacra, il 12 maggio 1971, apparvero delle lacrime di sangue. Bonini restò senza parole, tutte le sue certezze sulla vita e i suoi misteri vennero scosse alla radice, e disciplinatamente appose la sua firma sulla nota che testimoniava l’avvenuta lacrimazione, in presenza sua e di altri testimoni.
A volte gli piaceva stupire il prossimo, inventava e raccontava storie fasulle e improbabili per vedere in quanto tempo avrebbero fatto il giro del paese. Insomma, Bonini non era certamente uno che si annoiava o faceva annoiare gli altri.
Anche le sue idee politiche erano imprendibili e controcorrente, non nascondeva infatti di essere di destra e ogni tanto pronunciava la parola tabù ‘fascista’, ma lo era a modo suo, infatti non fu mai candidato a nulla, non gli interessava alcuna militanza. E se c’era una persona mite in paese, questa era lui, che oltretutto aveva tanti amici anche fra i comunisti, che pure ideologicamente detestava. L’attenzione, e anche il disincanto, per la politica l’aveva respirata in famiglia. Tanto per dire: sua mamma, Maria Flora, di origini polistenesi, per un periodo era stata addirittura la segretaria del partito fascista di Cinquefrondi e fautrice di tante opere sociali anche nei paesi vicini. E il papà Antonio, maestro elementare, era pure lui un militante fascista e fu sempre molto rispettato in paese, anche a fascismo finito. Gente perbene.
La sua parlantina brillante ma concreta ricordava quella di Gorgio Almirante, leader storico della destra e del Msi che aveva l’abilità di portare il discorso, il dibattito o quel che era, sempre dove voleva lui. Polemizzare con Bonini sui temi politici significava alla fine doversi quasi arrendere alla sua logica. Insomma parlava bene assai.
Ma se tutte queste cose finora dette sono in buona parte note, meno conosciuto è invece il ruolo che Italo Bonini ebbe in un evento importantissimo per Cinquefrondi, cioè la nascita della Jolly Pallavolo nel lontano 1977. Si può senz’altro dire infatti che senza di lui quel parto non sarebbe mai riuscito. E lui vi partecipò in modo discreto, ma decisivo.
Oggi tutti sanno che cosa è la Jolly, guidata dal prof. Mario Ceruso e dall’imprenditore Vincenzo Belcastro insieme con un piccolo gruppo di agguerriti dirigenti. Ma vale la pena ricordare come andarono gli inizi di questo piccolo gioiello dello sport, che attualmente gioca in Serie B ed è un punto di orgoglio assoluto per Cinquefrondi, oserei dire è un miracolo. Uun miracolo reso possibile dalla benedizione di Bonini.
Correva l’anno 1977 e i giovani cinquefrondesi scoprirono la pallavolo. Uno sport nuovo, una disciplina fino ad allora nemmeno trasmessa in televisione. In realtà già da qualche anno c’era qualcuno che praticava il volley, penso a quel gruppo di ragazzi, guidati dall’allora giovanissimo Totò Cimino, oggi affermato avvocato penalista, che scavalcavano il cancello in ferro delle scuole elementari per andare a giocare nel cortile della scuola, che sembrava fatto apposta per quello sport. Ma quella era un’attivià diciamo così un pò illegale, perciò all’accorrrere minaccioso del vigile Ieranò, tutti fuggivano nel timore di una multa. Anche chi scrive, più volte partecipò a quelle fughe.
In realtà Ieranò non fece mai nessuna multa, ma quel luogo apparteneva alla scuola e lui doveva svolgere il suo lavoro e mandare via gli intrusi, pur sapendo che non facevano nulla di male. D’altra parte a quel tempo non c’erano altri impianti sportivi, a parte il campo di calcio. Quei giovani dunque da qualche parte dovevano pur andare a giocare.
In campo da sinistra Domenico Pugliese, Gino Cotroneo, Carlo Bonini, Cesare Pugliese, l’ultimo della Jolly a destra è Domenico Giovinazzo
Un impulso allo sviluppo della pallavolo si ebbe nella scuola media a metà degli anni 70, grazie al prof. Antonino Manduci, un insegnante di educazione fisica proveniente da Sapri e appassionato di questo sport. Il fenomeno crebbe poi anche all’ombra della parrocchia, dove il nuovo parroco don Antonio Ritorto fece costruire un campo nuovo di zecca, dove tanti giovani trascorrevano lunghe ore a giocare.
nella foto da sinistra in piedi, il prof. Manduci, Vittorio Larosa, Cesare Pugliese, Totò Cimino, Rocco Prudente, l’avv. Italo Bonini; seduti da sinistra Domenico Perri, Gino Cotroneo, Tino Cardona e Domenico Giovinazzo
In contemporanea una squadretta cresceva in parrocchia, venne chiamata Virtus. Per un pò le due squadre coabitarono, diciamo così, ma si capì presto che non sarebbe andata avanti a lungo: già era difficile creare a Cinquefrondi una squadra vera, figuriamoci due. Per farla breve, di due gruppi se ne fece uno solo, prevalse naturalmente la Jolly, formazione già strutturata e pronta per diventare un vero club.
da sinistra Rocco Prudente, Gino Cotroneo, Tino Cardona, Domenico Perri, Cesare Pugliese, Domenico Giovinazzo, Totò Cimino e Vittorio Larosa
Nel gennaio 1978 l’avv. Francesco Raschellà, che era il sindaco di Cinquefrondi, concesse alla Jolly l’uso della palestra coperta della scuola media, sia per gli allenamenti che per le partite ufficiali. Non fu una decisione facile, perchè la scuola fece molta resistenza, temendo che l’uso della palestra per le attività agonistiche avrebbe potuto causare danni all’impianto. Ma alla fine il sindaco prevalse e così nel primo anno di attività agonistica, stagione 1978-79, le gare del campionato di Terza Divisione si giocarono lì. L’anno dopo però la scuola si riprese la palestra in esclusiva, e la Jolly giocò il suo campionato nel cortile delle elementari, nel frattempo sdoganato dal sindaco.
In quel frangente Bonini era la vera anima della squadra, era forse l’unico adulto del paese che si era esposto pubblicamente in favore di quei ragazzi, mettendosi a disposizione di quella avventura sportiva, finanziandola pure abbondantemente per acquistare magliette, palloni, pagare le tasse di iscrizione e quant’altro.
Per Cinquefrondi l’arrivo della pallavolo fu un fatto rivoluzionario. Fino al 1977 l’unico sport praticato era il calcio, che assorbiva tutte le passioni dei giovani e il tifo dei grandi. Il volley era un perfetto sconosciuto, eppure pian piano si fece strada, crescendo anche dal punto di vista organizzativo. Di anno in anno le cose sono andate migliorando, e dal gruppo di pionieri volontari, documentato dalle foto di questo articolo, in tempi recenti il club è arrivato a sfiorare addirittura la promozione in Serie A. Ma di questo parlerò in un’altra occasione. Ora restiamo alle origini.
L’arrivo dell’avv. Bonini nel mondo del volley si deve inizialmente alla passione per questo sport dei suoi tre figli Antonio, Carlo e il piccolo Francesco, contagiati dal prof. Manduci. Bonini padre li sostiene e li incoraggia a fare meglio, ad andare al di là della partitella fra amici, a pensare in grande. Quel gruppo di giovani gioca bene, è molto promettente, e comincia a crederci; fra gli altri Domenico Pugliese e Vittorio Larosa danno un grande contributo in tal senso, e lo daranno anche in tempi successivi. Si decide così di cominciare ufficialmente l’attività agonistica e Bonini padre viene coinvolto nel progetto Jolly, ne diventa di fatto Presidente contribuendo anche in larga parte, come detto, alle spese per l’acquisto delle attrezzature e per le trasferte.
A lato, Bonini con il prof. Vincenzo Marvaso, i due erano molto amici, pur duellando sempre di cose politiche, avendo idee opposte
Quando la Jolly comincia a fare sul serio, cioè si iscrive al campionato federale, l’entusiasmo cresce, ma crescono anche i costi e i problemi logistici. Le trasferte ad esempio erano sempre una ferita aperta. Occorrevano più auto per consentire alla squadra di raggiungere le sedi degli incontri, non sempre si trovavano dei volontari disposti ad accompagnare i giocatori (e star via spesso mezza giornata), così interveniva l’avv. Bonini, mettendo a disposizione le sue due macchine, benzina compresa. “Una la guidava lui -ricorda il figlio Franceco- l’altra la affidava a Vittorio Larosa, che era l’unico atleta maggiorenne patentato in quel periodo. Ricordo una trasferta invernale con destinazione Gioia Tauro. Pioggia a dirotto e auto in panne (quella guidata da Larosa) sulla vecchia statale dopo Melicucco. Panico, tanta acqua addosso, il problema fu risolto con l’asciugatura della calotta, ma quanta fatica !”.
Italo Bonini lasciò la carica di Presidente dopo qualche tempo, a club ben avviato, gli succedette il prof. Ceruso, ancora oggi al vertice della società che nel frattempo ha assunto una struttura organizzativa adeguata a un livello quasi professionistico. Qualche anno fa, alla cerimonia per il trentennale della pallavolo cinquefrondese l’avvocato Bonini prese la parola e parlò di sport citando anzitutto la sua personale e breve esperienza di gioventù, come portiere della Cinquefrondese, e poi sottolineò con forza la caratteristica primaria della pallavolo “sport non violento per eccellenza, dato che la presenza della rete impedisce il contatto fisico tra gli atleti delle due squadre”.
In un tempo esarcebato da forme di violenza fisica e psicologica nel mondo dello sport, e da altri fenomeni negativi diffusi fra gli atleti che spesso si sentono come gladiatori nell’arena, quello fu un messaggio significativo. Il rude, scanzonato e libertario fascista Bonini era infatti un grande sportivo, e la violenza lo irritava.
Quando le condizioni di salute dell’avvocato cominciarono a farsi non buone, tanto da costringerlo a non uscire quasi più di casa, lo storico presidente espresse un ultimo desiderio come i condananti a morte: assistere ad una partita casalinga della nuova Jolly nel nuovo palazzo dello sport.
Nella foto sopra, Bonini a un evento per il 30mo della Jolly
Il PalaBonini oggi è una bella realtà e la Jolly lo onora con prestazioni sempre di gran livello, e con una cornice di pubblico festosa e chiassosa. E’ lontanissimo il tempo delle partitelle nel cortile delle elementari o nella piccola palestra scolastica. Ma senza quelli e senza l’intraprendenza e l’incoraggiamento (e i soldi) dell’avv. Italo Bonini, oggi a Cinquefrondi forse non esisterebbe nessun club di pallavolo. Il sostegno che 45 anni fa diede ai suoi figli e a quel gruppo di ragazzi fu decisivo per la nascita di una realtà sportiva che nel tempo è stata presa per mano da tanti dirigenti in gamba e oggi se la gioca alla pari con squadre di città e capoluoghi di provincia, che possono contare su sponsorizzazioni e sostegni vari che noi cinquefrondesi possiamo solo immaginare.
L’avvocato Bonini è morto il 26 luglio del 2012 all’età di 81 anni. Esattamente due anni dopo, cioè il 10 luglio 2014 gli venne intitolato il palazzetto dello sport di Cinquefrondi. Quel giorno, con i buoni uffici di due cinquefrondesi innamorati dello sport, cioè Domenico Panuccio, dinamico presidente della Fipav reggina, e dell’allora Consigliere Provinciale Giuseppe Longo, vennero a Cinquefrondi addirittura i giocatori della Nazionale giovanile di pallavolo ad omaggire la memoria di Bonini, uomo a loro sconosciuto, ma che aveva fatto tanto per la promozione del volley. Fu un atto di grande gentilezza, nient’affatto obbligato, e quindi ancor più da apprezzare. La Nazionale juniores dopo la cerimonia di intitolazione, giocò una partita contro la Jolly Cinquefrondi, davanti a un grande pubblico. Ecco il breve resoconto di quell’evento pubblicato a suo tempo da “l’Edicola di Pinuccio”, meritorio sito di informazione locale: In un palazzetto dello sport gremito, cerimonia di intitolazione della struttura ad un cinquefrondese doc: Italo Bonini, tra i “fondatori” della pallavolo nel paese pianigiano. All’iniziativa presenti la famiglia Bonini al completo. L’intitolazione nasce su impulso di Giuseppe Longo, consigliere provinciale di Cinquefrondi, raccolto dall’amministrazione provinciale. Italo Bonini, di professione avvocato, nel lontano 1977, raccoglieva la richiesta di collaborazione da parte del professore Antonino Manduci, da li nacque tutto. Grande commozione per la famiglia, in un intervento il figlio Francesco si è detto: “soddisfatto dell’intitolazione e dell’attenzione sulla figura di mio padre”. Continua “oggi piove, sono le lacrime di mio papà contentissimo della giornata”.
I familiari dell’avv. Bonini durante la cerimonia di intitolazione del Palasport: da sinistra in piedi il figlio Franesco, la sorella Maria Teresa, i fratelli Raimondo e Aldo. Seduto il presidente della Fipav della provincia Domenico Panuccio
Foto Archivio Gerace, Archivio Storico Tropeano, Edicola di Pinuccio