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Carmelina Chindamo

 

Il 23 marzo 1978, giorno di giovedì santo, nella chiesa del Carmine di Cinquefrondi, durante i riti che precedono la Pasqua, si verificò un fenomeno alquanto misterioso che ebbe per involontaria protagonista Carmelina Chindamo, che all’epoca aveva 10 anni. Carmelina era la figlia di Giorgio Salvatore Chindamo, 45 anni, contadino, e di Antonia Tripodi, 38enne, a quel tempo titolare di un negozio di generi alimentari.  

Carmelina è la più piccola di tre figli, dopo Angela di 19 anni, e il fratello Pino di 13. A scuola frequenta con buon profitto la quinta elementare, alunna del maestro Giovanni Polimeni di Reggio Calabria. E’ diligente, educata, legatissima alla famiglia. 

 

Come tutte le bambine della sua età, fuori dagli impegni di scuola gioca con le sue amichette in Via Indipendenza, dove abita in una modesta casa, e frequenta la chiesa. Partecipa, come i suoi familiari, e come molti altri in paese, alla messa, alle processioni religiose, ai riti della settimana santa. Ma senza mostrare un particolare trasporto.

Quel 23 di marzo la bambina si trova nella chiesa del Carmine, è giovedì santo. A Cinquefrondi, come da antica tradizione, è prevista la visita ai sepolcri  allestiti nelle chiese e anche al Calvario e alla Madonnella. 

Nella chiesa del Carmine, nel pomeriggio si rinnova il sacrificio dell’Ultima cena, i fedeli si mettono in fila per baciare la statua del Cristo deposto. La statua non si trova sotto l’altare principale, bensì nel primo altare della navata di destra, appena dopo l’ingresso. In alto c’è un grande crocifisso di legno risalente al XVII secolo, che la tradizione vuole sia stato portato in questa chiesa da quello che viene indicato come il convento di San Filippo, dopo che questo fu distrutto dal terremoto del 1783. 

Al di sotto dell’altare c’è invece una statua del Cristo deposto, di dimensioni più ridotte, in gesso, di modesta fattura. A questa statua i fedeli si accostano per il loro atto di devozione, un bacio o una carezza. Operazione scomoda per molti, soprattutto adulti e anziani, essendo molto ridotto lo spazio per inginocchiarsi. In fila fra gli altri c’è anche Carmelina Chindamo, una bella bambina bionda, sempre sorridente, ma anche spesso con un filo di malinconia negli occhi, che non l’ha mai abbandonata, nemmeno da adulta. 

 

Quando arriva il suo turno, Carmelina, che è piccola e agile, si inginocchia facilmente, accosta le sue labbra al costato del Cristo deposto, lo accarezza con le mani e poi si rialza. In quel momento labbra e mani appaiono macchiate di rosso, sembra sangue. Lei è sconvolta, non capisce cosa stia succedendo, qualcuno della fila se ne accorge e le si avvicina per aiutarla a pulirsi, immaginando che la ragazzina si sia ferita inavvertitamente. Grande è lo stupore dei presenti quando si accorgono che le mani e le labbra di Carmelina non presentano tagli o ferite. Quell’episodio fa subito il giro del paese, accendendo la curiosità dei cinquefrondesi.

 

La sanguinazione si ripete due volte il giorno dopo, venerdì santo, 24 marzo 1978, in occasione del rito dell’Agonia, e stavolta in chiesa ci sono molte più persone del giorno prima, richiamate dalle voci sullo strano fenomeno di Carmelina. Vogliono vedere se la cosa si ripete. Come nel giorno precedente, all’apparire delle macchie di sangue, si crea molta agitazione tra i fedeli, perché tutti vogliono avvicinarsi e vedere da vicino la bambina.

Lo stesso accade anche alla sera del giorno successivo, sabato santo, 25 marzo 1978: un attimo dopo aver baciato la statua del Cristo deposto, dalla bocca e dalle dita di Carmelina sgorgano tante gocce di sangue vivo.   

 

Le sanguinazioni della Settimana Santa furono complessivamente cinque e avvennero tutte sotto gli occhi esterrefatti di un numero sempre crescente di persone, compreso il sacerdote don Fortunato Sorrenti, a quel tempo rettore della Chiesa del Carmine. 

Don Fortunato era un buon sacerdote, serio e affidabile, originario di Cittanova, divenne cinquefrondese in tutto e per tutto, e per cinquant’anni ha guidato paternamente i fedeli e curato quella chiesa in modo sempre molto premuroso. Non a caso ha lasciato nella comunità cittadina un bellissimo ricordo. 

Tornando alle vicende di Carmelina, come annotò il giornalista Mario Sergio, in una cronaca pubblicata sulla Gazzetta del sud, le sanguinazioni si verificarono la prima il giovedì alle 17 in punto, il venerdì alle 14 e poi di nuovo alle 17.45, infine sabato alle 21.15 e alle 21.40. In tutti e cinque i momenti c’erano moltissimi testimoni.

Una nuova sanguinazione accadde nella serata di lunedì 27 marzo, il giorno dopo la Pasqua, al termine della celebrazione della Messa vespertina: anche stavolta c’è un pubblico imponente. E don Fortunato decide di prendere nota, così una volta terminato il fenomeno prega i presenti di restare e confermare per iscritto quanto hanno appena veduto coi loro occhi.  

 

Il sacerdote compila un resoconto formale a futura memoria, ecco il testo:  “Alle 18.40 del giorno 27.3.1978, nella chiesa del Carmine di Cinquefrondi noi sottoscritti abbiamo verificato quanto segue: Carmela assisteva alla funzione vespertina, alla fine di detta funzione la bambina prendendo per mano la signora Tripodi Gioconda la portava verso la statua del Cristo, inginocchiandosi e baciando il Cristo stesso; dopo ciò, sentendo il bisogno di asciugarsi le labbra, preso un fazzoletto posto lì vicino, dopo essersi asciugata, noi constavamo che sul fazzoletto erano comparse due evidenti macchie rosse che hanno molta attinenza con le macchie tipiche del sangue”. Firmato Vincenzo Pezzano, Giuseppe Guerrisi, Virginia Creaco, Vittorio Capitò, Mario Carrano, Maria Antonietta Di Renzo, Vincenzo Borgese, Michele Bulzomì, Salvatore Lotito, Antonio Carrano, Pasquale Carrano, Wanda Di Renzo (di Vibo), Teresa Ientile, Concetta Silipo, Caterina Galluzzo, Assunta Galluzzo, Rosella Manes, Laura Montalto, Angela Ientile, Lorena Tavernese, Margherita Guerrisi, Aurora Mileto, Giuseppe Lococo, Vincenzo Nasso, Giuseppe Boeti, Giuseppe Tropeano, Iole Ientile e altri la cui firma non è comprensibile. 

Il fenomeno della sanguinazione si è ripetuto tutte le volte allo stesso modo: Carmelina bacia e tocca la statua del Cristo, e subito le sue labbra e le sue mani diventano rosse di sangue. Per la prima sanguinazione, quella di giovedì, Sergio cita alcuni testimoni presenti davanti all’altare e fa i nomi di Caterina Guerrisi, e poi di Raffaele Longo di Giuseppe, Immacolata Bianchi, Ettore Zuccalà, Marisa Parrello, Francesco Tropeano. La Guerrisi era presente alla prima sanguinazione, tutti gli altri a quelle successive. Ma si tratta solo delle persone che furono disponibili a dare i loro nomi, tanti altri preferirono invece non dare le proprie generalità al giornalista.  

 

 
Ad una delle sanguinazioni, quella delle 21.40 di sabato, era presente anche lo stesso rettore del Carmine, don Fortunato; il sacerdote da quel momento mantenne il più stretto riserbo sulla vicenda, limitandosi a informare tempestivamente il parroco don Antonio Ritorto.

Il giorno in cui il fenomeno si verificò per la prima volta, vedendo Carmelina sanguinare, alcuni pensarono che dalla statua spuntasse un chiodo o qualcosa di appuntito e tagliente, e quindi si adoperarono per ‘pulire’ accuratamente e controllare il Cristo. Ma non fu rinvenuto nulla: la superficie della statua di gesso era liscia e pulita. Il gesto fu ripetuto anche in occasione delle altre sanguinazioni, e sempre la statua non presentava alcunchè di anomalo.

 Pure le mani e le labbra della ragazzina furono passate al microscopio dai fedeli premurosi e anche da quelli sospettosi, senza che mai fosse trovato un taglio o una ferita, nemmeno minuscoli. Perfino le gengive della piccola erano in ordine. 

 

 

Chi era presente al fatto assicura che il sangue appariva sulle labbra e sulle mani di Carmelina non appena la ragazza baciava e toccava la statua. Altra gente ha provato a toccare e baciare il Cristo, anche ripetutamente, ma nessun’altra sanguinazione si è verificata.

In ogni episodio di sanguinazione Carmelina si è asciugata con dei fazzoletti suoi o che le porgevano le persone che le stavano vicino, e ogni volta sui fazzoletti sono rimaste delle piccole ma evidenti macchie di colore rosso sangue. Su di uno si notano chiaramente le impronte delle labbra della bambina.

 In quei giorni Don Fortunato Sorrenti raccolse ben 15 fazzoletti e un numero imprecisato di batuffoli di cotone impregnati di sangue, custodendoli gelosamente. Su alcuni di essi indicò anche il giorno e l’ora in cui il fenomeno si era verificato, e in foglietti a parte scrisse i nomi delle persone che vi avevano assistito.  

 

Ai giornalisti che accorrevano o telefonavano, don Fortunato opponeva un perentorio ‘non ho nulla da dire’. Con un fotografo del Corriere della sera accorso a documentare la sanguinazione di Carmelina, il buon sacerdote fece la faccia feroce e la voce grossa, intimandogli di tenere la macchina fotografica chiusa nella borsa, altrimenti lo avrebbe buttato fuori dalla chiesa. E per tutto il tempo non lo perse d’occhio, temendo che nella confusione l’intraprendente fotoreporter violasse il divieto.

In quei giorni la ragazzina per sfuggire all’assalto dei curiosi, evitò di uscire di casa. Protetta dalla famiglia, cercò di tornare prima possibile alla sua vita normale. Incredula anche lei e piena di perplessità e pensieri su quello strano fenomeno che le accadeva. Il giornalista Mario Sergio raccontò di aver parlato con i familiari: “Siamo stati a casa sua. La madre di Carmelina e la sorella ci hanno accolti gentilmente e ci hanno parlato tanto della bambina, del suo amore per il Cristo. Ci hanno descritto ripetutamente la dinamica delle sanguinazioni, descrivendoci nei minimi particolari come sono avvenute e i segni che hanno lasciato. Ci hanno raccontato di un sogno fatto dalla bambina durante il quale delle colombe uscite dal corpo di Cristo le dicevano di ripetere che lei ‘credeva al sangue che Gesù versava’. Ci hanno anche detto che Carmelina è tranquilla; non appare né scossa né turbata e non ha paura per ciò che le succede”. 

 

 

Il 2 aprile, cioè sei giorni dopo la sesta sanguinazione, il fenomeno si ripete. Carmelina è in chiesa per partecipare alla Messa delle 9, celebrata da don Fortunato. La ragazza afferma di sentire dentro di sé una forza misteriosa che la spinge verso l’altare del Cristo deposto, lei si china sulla statua e la bacia, sfiorandola con le mani. Al compiere di questi gesti Carmelina riferisce che quella statua non è fredda, ma sembra fatta di ‘carne viva’. Dopodichè le labbra e le mani si sporcano di sangue e la ragazza si asciuga con un fazzoletto sul quale rimangono le inconfondibili macchie rosse.

Don Fortunato fin dal primo momento segue con discrezione e attenzione il misterioso fenomeno che si verifica nella sua chiesa. E tiene d’occhio la bambina. Ha bisogno di sapere e soprattutto di capire. Carmelina appartiene a una famiglia semplice e perbene. Frequenta normalmente la chiesa. Non ci sono episodi o vicende che possano far pensare a qualche artificio. E tutte le verifiche fatte, anche dallo stesso don Fortunato, non rilevano presenza di raggiri. Il mistero dunque permane e se possibile si fa più fitto.  

 

Quel 2 di aprile, Carmelina durante la Messa è stata tranquilla al suo posto, assorta nella preghiera ma -riferì- le sembrò di vedere sulla testa del celebrante “l’ombra di un corpo umano”. Una visione, questa, che la bambina disse di avere ogni volta che assisteva a una funzione religiosa. Difficile dire cosa possa significare questa immagine. E’ forse la suggestione di una ragazzina? certo. Ma prodotta da che cosa? e soprattutto perchè? e poi quel sangue, da dove proviene, visto che le sue mani sono pulite e la bambina non ha oggetti con sè?  mistero.

La sanguinazione del 2 aprile, la settima, si verifica allo stesso modo delle precedenti. Terminata la messa, la bambina fa per tornare a casa, ma qualcosa la trattiene in chiesa. «Era la forza misteriosa -dirà poi- la forza che mi spinge verso l’altare del Cristo”. Carmelina così raggiuge l’altare, mentre la folla che non l’ha persa mai d’occhio durante la liturgia, la segue con gli occhi in silenzio senza perdere un fotogramma dei suoi movimenti. Lei si inginocchia davanti al Gesù morto e teneramente lo bacia una sola volta con le labbra un pò pallide e tremanti.  

Rialzandosi Carmelina -come constatato dalle moltissime persone che avevano assistito al ripetersi del fenomeno- ha le labbra bagnate di sangue che, come al solito, viene asciugato con un fazzoletto, sul quale restano delle macchie di un rosso vivo che poi è andato via via sbiadendosi.

Indescrivibile la commozione dei fedeli presenti in chiesa, mentre per evitare tumulti e soddisfare la curiosità di tutti, don Fortunato è costretto a esporre sull’altare maggiore, per l’intera mattinata, il fazzoletto con il quale Carmelina si era asciugata poco prima. 

 

Subito dopo la ragazza riesce a sfuggire alla folla e tornare a casa, dove comunque già ci sono molte persone ad aspettarla: ormai era diventata la ‘bambina del miracolo’, in paese e in tutta la Calabria non si parlava che di lei, c’era grande curiosità.

Sul fenomeno di sanguinazione la Chiesa locale non prese una posizione ufficiale, né allora, né dopo. Carmelina fu interrogata dall’arciprete di Cinquefrondi don Ritorto, al quale la bambina, fra l’altro, ribadì di accostarsi all’altare per baciare la statua solo quando si sente attratta da una “forza misteriosa”.

Don Ritorto era un sant’uomo, buono e mite, ma poco incline alle emozioni e ai sentimentalismi. Per prima cosa volle accertarsi della veridicità dei racconti, e che non ci fosse il minimo sentore di imbroglio e abuso della credulità popolare. Poi approfondì la conoscenza di Carmelina e della sua famiglia. E non trovò nessun appiglio che desse adito a dubbi e perplessità. Quella era gente come si deve, normali cattolici, senza nemmeno un fervore particolarmente acceso. E Carmelina appariva sincera. Il mistero dunque restava.

Don Antonio e don Fortunato continuarono a raccogliere testimonianze da chi aveva assistito alle varie sanguinazioni, per poi riferirne periodicamente al vescovo.

Domenica 9 aprile 1978.  Sono le nove e nella chiesa del Carmine don Fortunato comincia a celebrare la messa. Carmelina è seduta in un banco di sinistra, quasi al centro della navata. In chiesa ci sono anche il padre Salvatore, la madre Antonia, la sorella Angela e il fratello Pino.

Come ormai accade da settimane tutte le volte che entra in chiesa, gli occhi di tutti sono rivolti verso Carmelina. Nella folla anche tante facce nuove, di fuori, fra loro anche giornalisti e fotografi, qualcuno riconosce un famoso professore universitario e antropologo, Luigi Lombardi Satriani, eminenza grigia dei fenomeni popolari. Tutti venuti a vedere ‘Carmelina dei miracoli’ come scriverà in prima pagina nel suo inserto il Corriere della Sera. Per il misterioso fenomeno di Cinquefrondi dunque si era scomodato anche il più importante giornale italiano. Anche quel giorno don Fortunato vietò ai fotografi, e soprattutto a quello del Corriere della sera che sembrava il più agguerrito, di usare le fotocamere. 

 

Ma ora seguiamo la cronaca di quel giorno, minuziosamente raccontata ancora da Mario Sergio, giornalista scrupoloso e poco propenso a giungere a troppo facili conclusioni. Nel riferire puntualmente sulla Gazzetta, il giornalista polistenese non prendeva nulla per buono a prescindere, ma nutriva un gran rispetto per un evento che non sapeva spiegare, e per la ingenua e candida protagonista di quei fatti misteriosi. Ne sono venute fuori cronache preziose, come quella che segue: “Alla comunione Carmelina si accosta all’altare. Poi la messa riprende e giunge alla conclusione senza che si verifichi nulla di particolare. Finita la celebrazione i fedeli fanno ressa davanti all’altare del Cristo. Attendono che Carmelina, come al solito, senta dentro di sé la ‘voce misteriosa’ che le dice di baciare Gesù morto e si accosti all’altare. 

La ragazza è ancora seduta al suo posto; poi si alza e va nella sagrestia. Riappare dopo qualche minuto. Altri attimi di esitazione e poi la ragazza facendosi largo tra la folla, raggiunge l’altare. La gente preme da tutte le parti. Impossibile vedere quello che accade davanti alla statua di Gesù morto. Arriva don Fortunato Sorrenti e proibisce ai fotografi di lavorare in chiesa. Ne nasce una discussione ma il sacerdote è irremovibile.

Intanto, la folla dei fedeli è in fermento, prega, piange, si batte il petto e dice che il fenomeno si è ripetuto, che Carmelina ha toccato la statua e l’ha baciata, che sulle sue labbra e su quattro dita della mano destra sono comparse macchie di sangue.

Ad un tratto vediamo Carmelina che alza in alto un fazzoletto sul quale sono ben visibili tre macchie rosse. In chiesa regna una confusione indescrivibile. Carmelina va sull’altare maggiore dove c’è don Fortunato. Poi si rifugia nella sagrestia. Il fazzoletto con le macchie rosse viene preso in consegna dal sacerdote. La folla si accalca davanti all’altare maggiore; vuole vedere il fazzoletto. Don Fortunato lo mostra per qualche attimo e poi lo nasconde. 

 

 

Carmelina torna in chiesa; è con il padre. L’avviciniamo un solo istante. «Due volte, due volte» dice la ragazza per farci capire che il fenomeno si è ripetuto due volte, e aggiunge: «Suda, suda». Poi di corsa raggiunge il portale della chiesa ed esce per tornare a casa. Raggiungiamo allora in via Indipendenza l’abitazione di Carmelina. Anche qui c’è gente, confusione. La ragazza ci accoglie con un sorriso e parlando ci appare contenta, quasi divertita. “Ho sentito la voce -dice- anche stamattina e sono andata davanti all’altare”.

Hai baciato la statua?

Non è una statua, è carne. E’ un morto vero.

— E l’hai baciata?

Sì, l’ho baciato e l’ho toccato.

Cosa è successo?

E’ comparso il sangue sulle labbra e qui (Carmelina mostra le dita della mano destra escludendo solo il pollice).

Questo che tu chiami sangue, secondo te a chi appartiene?

A Gesù, è sangue di Gesù, gli esce dal costato e io glielo asciugo, ma ne continua ad uscire.

Perché in chiesa dicevi suda, suda?

Perché lui suda. Gesù quando lo tocco e lo bacio è di carne e suda.

Prima di andare davanti all’altare del Cristo sei entrata nella sagrestia.

Sono andata a sciacquarmi la bocca perché poco prima avevo fatto la comunione.

Mercoledì 28 aprile Carmelina si reca in chiesa con i suoi compagni di scuola e con il maestro, ma non avendo avvertito dentro di sé la forza misteriosa non si accosta all’altare. Nella settimana precedente, la ragazza racconta di aver invece sentito il desiderio di baciare Gesù Morto, ma alla Chiesa del Carmine aveva trovato il portone chiuso.

Il misterioso fenomeno di Cinquefrondi fu a suo tempo controllato in ogni suo aspetto da don Fortunato, ma anche dalle forze dell’ordine, che più volte anche con l’ausilio di tecnici, cercarono le prove di un eventuale operazione artificiosa. Ma nessuno trovò mai nulla da eccepire. La famiglia Chindamo era e rimase semplice, anzi fu molto turbata da quegli avvenimenti che non sapeva spiegarsi, ne era letteralmente spaventata. La casa di via Indipendenza divenne meta di centinaia di persone che, soprattutto nel fine settimana, arrivavano da ogni parte della Calabria e anche della Sicilia e della Basilicata, per parlare con Carmelina, per chiederle una preghiera o semplicemente per vederla.

Il mistero divenne ancora più fitto nelle settimane e nei mesi seguenti, quando finalmente furono analizzati i campioni del sangue di cui erano macchiati fazzoletti e batuffoli di cotone.

Il 18 maggio 1978 gli analisti dell’istituto di medicina legale e delle assicurazioni dell’Università di Roma, a quel tempo diretto dal prof. Cesare Gerin, dopo aver esaminato “un pezzo di stoffa bianca e cotone idrofilo imbevuti da sostanza rossastra” consegnato loro il 26 aprile 1978 e proveniente da Cinquefrondi, scrissero nel referto che si trattava di “sangue umano di gruppo 0”. Il sangue di Carmelina invece era del gruppo A con Rh positivo.

Il responso del laboratorio cancellò dunque il possibile sospetto che Carmelina combinasse qualche raggiro, utilizzando il suo stesso sangue senza farsi scoprire: il sangue che compariva sulle sue labbra e sulle mani era di un gruppo differente dal suo.

All’inizio di novembre dello stesso anno, l‘esame fu ripetuto dallo stesso Istituto, su un altro campione ematico prelevato da un fazzoletto macchiato, e il responso fu identico al primo: trattasi di sangue umano del Gruppo 0. 

 

Tuttavia gli esami di laboratorio diedero anche un altro esito sorprendente e difficilmente spiegabile, sul quale tuttavia non risulta si siano fatti ulteriori approfondimenti: nel sangue ricavato dal fazzoletto e dal cotone infatti, le analisi di laboratorio (sia le prime che le seconde) non riscontrarono il fattore Rh. Il sangue comparso sulle labbra e sulle mani della bambina dunque era, come dire, di un tipo anomalo.  

Quegli eventi misero in subbuglio la vita di Carmelina e della sua famiglia, e se molti gridavano al miracolo, altri gettavano sospetti. Quell’improvvisa e non gradita notorietà era difficile da gestire. La bimba riprese a frequentare la scuola regolarmente, cercando di tornare a una difficile normalità. Ma per tutti era diventata la bambina del miracolo.  Fu anche per questo, per proteggersi dalla curiosità, dalle chiacchiere malevole, dai pettegolezzi gratuiti, e anche dall’invidia maliziosa che quell’eccesso di interesse per la bambina pure suscitava in alcuni, che i genitori di Carmelina decisero di tenere un profilo più riservato, consigliati così anche da don Fortunato. Perciò se fino a poco prima raccontavano a tutti liberamente i dettagli e i particolari degli strani fenomeni che vedevano la loro bambina protagonista, dopo qualche mese decisero di proteggere la piccola, limitandone l’esposizione pubblica per quanto possibile, visto che comunque la loro casa era meta di continue visite.

Così accadde che solo in pochi, e fra questi don Fortunato, furono informati degli altri misteriosi accadimenti che si verificarono in casa dei Chindamo a partire dal 6 aprile e fino all’8 giugno. Ma prima di raccontare di questi, ecco la cronaca -scritta di proprio pugno da don Fortunato- della penultima sanguinazione pubblica, la nona, di cui Carmelina fu protagonista nella chiesa del Carmine. Il sacerdote, in un documento finora inedito, annota: “E’ domenica 16 aprile 1978, sono le 9.55. La chiesa del Carmine è affollatissima, si notano molti forestieri venuti per vedere la fanciulla Chindamo e per assistere, in caso dovesse verificarsi, al fenomeno del sangue di cui si imbrattano le labbra e le dita della Chindamo a contatto con il Gesù Morto. 

 

 

La messa ha termine. Dopo alcuni momenti, circa 10 minuti, si sente un brusìo e un tramestìo. Il sottoscritto si trova in sacrestia per deporre i sacri paramenti avendo celebrato la liturgia della santa messa. Era successo che la Chindamo, avendo sentito ‘l’impulso interno’ si era appressata alla tomba di Gesù morto. La folla fa ressa intorno all’altare. La fanciulla, stando alle testimonianze dei presenti, si trasfigura in volto e incomincia un colloquio silenzioso con Gesù; si notano le sue labbra muoversi e dei cenni di testa che la bambina fa in segno affermativo. Passa quindi a baciare la statua e le sue mani passano e ripassano sul corpo di Gesù. Nel medesimo istante le labbra e le dita si imbrattano di sangue vivo, la folla rumoreggia, si accalca, vuol vedere, qualcuno insiste e la bambina si volta verso il pubblico facendo vedere le sue mani bagnate di sangue. Le si porge un fazzoletto, lo fa la sig.ra Ermelinda Manferoce che si trova accanto alla Chindamo. Il fazzoletto resta in più parti intriso di sangue e subito la bambina, quasi terrorizzata, trascina a viva forza la sig.ra Manferoce verso l’altare maggiore, seguita da tutta la folla, e mi consegna il fazzoletto. Prima di consegnarmelo mi chiede di poterlo lei stessa aprire e mostrare alla folla. La lascio fare. Apre il fazzoletto e lo mostra. Il fazzoletto è pieno di sangue rosso vivo. La folla è terrorizzata, chi piange, chi si picchia il petto, chi prega. Poi la fanciulla mi dice di dover parlare in segreto con me, perché mi deve dire quanto Gesù le disse.  Le parole di Gesù, stando a quanto riferito dalla fanciulla, sono queste. “Questo mondo finirà, pregate molto. Noi siamo un pugno di cenere e basta un soffio di vento per distruggerci”. Poi incominciò a parlare in una lingua che io non conoscevo, non so se era latino o altro. Ha voluto che a questa rivelazione fosse presente soltanto suo padre. Ha lasciato quindi la chiesa per andare a casa. Ho fatto vedere ancora i fazzoletti impregnati di sangue a tutti coloro che erano presenti”. Fin qui la nota autografa di don Fortunato.

Un nuovo episodio di sanguinazione dovrebbe essersi verificato il 20 aprile, sempre all’interno della Chiesa del Carmine. Al riguardo non ci sono testimonianze, articoli di giornale o annotazioni scritte del sacerdote, tuttavia esistono due fotografie in cui si vede Carmelina mostrare il fazzoletto con le macchie di sangue, e poi don Fortunato compiere lo stesso gesto a sua volta. In sovrimpressione su entrambe le foto viene riportata la data del 20 aprile 1978. Trovo singolare che di un fatto così eclatante, perfino documentato visivamente, non esistano altre tracce documentali. In quei giorni peraltro numerosi organi di informazione si occuparono del caso e la chiesa era sempre piena di curiosi. Don Fortunato annotava tutto, ma nei suoi appunti non c’è alcun cenno sul 20 aprile 1978. Se ne può dedurre che le testimonianze di quell’evento sono andate perse, oppure più probabilmente che la data riportata sulle foto non è corretta.   

E ora torniamo agli eventi misteriosi rimasti in buona parte confinati dentro l’intimità della famiglia Chindamo. Dal 6 aprile all’8 giugno 1978 innumerevoli volte un piccolo crocifisso di legno appeso alla parete nel salottino di casa ha sudato sangue, e così pure quello appeso a una collana di Carmelina e conservato in un cassetto del comodino. Un fenomeno che si è ripetuto decine di volte, a diverse ore del giorno, sotto gli occhi sbigottiti dei Chindamo e di altri (vicini di casa o pellegrini), presenti in quei momenti.

Negli stessi giorni la sanguinazione caratterizzò anche una piccola statua della Pietà, che un sacerdote di Terranova aveva donato a Carmelina. E macchie di sangue si materializzarono sul muro, a forma di croce o di cuore e una volta anche a forma di J. Macchie rossastre apparirono anche sul tavolo del salotto.  

 

 

La sorella, su invito di don Fortunato, annota meticolosamente tutti questi insoliti e incomprensibili fenomeni, indicando giorno e ora in cui si verificano e il nome di chi è presente ogni volta.

Nel diario di Angela si racconta che a volte Carmelina si sente spinta a baciare il crocifisso appeso al muro e ogni volta che lo fa le sue labbra si macchiano di sangue. Come in chiesa, solo che ora il fenomeno si ripete dentro le mura di casa e ha i soli familiari testimoni e non la folla vociante del Carmine.

Il 5 maggio il fenomeno ancora più singolare riguarda il crocefisso, che non è più appeso al muro, ma risulta spostato e poggiato sul tavolo: la sorella sottolinea che in casa non c’era nessuno in quel momento e nessuno poteva essere entrato. Il chiodino al muro e il gancio che sorreggeva il piccolo crocefisso erano regolarmente al loro posto.

Lunedì 8 maggio Carmelina si trova a letto con la febbre forte, è distesa, con gli occhi guarda il muro dove è appeso il crocifisso, vede cadere una goccia di sangue e in fretta si alza per raccoglierla con la mano. Il 17 maggio la sanguinazione caratterizza anche una immagine di Gesù, in gesso, appesa anch’essa al muro. Il 19 maggio è un venerdì, Carmelina è a scuola e si appresta a fare merenda, ma il panino presenta macchie di sangue. Lei lo riavvolge nella carta e lo riporta a casa. La sorella annota che Carmelina pur non avendo mangiato nulla fino a sera, dice di sentirsi sazia.

Lunedì 22 maggio 1978, l’ultima di queste misteriose sanguinazioni riguarda una scatola di plastica dentro alla quale Carmelina aveva riposto la statuetta raffigurante la Pietà, per non farla toccare dalle persone che comunque in quei giorni numerose continuavano ad affollare la sua casa. 

 

Il 9 giugno Angela Chindamo registra che mentre la sorella si appresta a bere della coca cola, nel bicchiere compaiono delle gocce di sangue.

In tutto questo periodo di tempo la parrocchia, le forze dell’ordine, lo stesso don Fortunato hanno sempre tenuto d’occhio le singolari vicende di casa Chindamo. Lo scetticismo dominava, tutte quelle manifestazioni ematiche risultavano difficilmente comprensibili anche ai sostenitori di intense forme di misticismo. Il sangue dopo il bacio al Cristo deposto ha una sua ‘logica’ mistica, ma quello sul muro, sulla collanina, sul tavolo, perfino sul bicchiere, erano difficilmente spiegabili. Eppure nessun segno di dolo o di giochetto di prestigio fu mai rinvenuto e anche le testimonianze di Carmelina e dei componenti della sua famiglia erano sempre le stesse, mai una contraddizione, o un segnale che aprisse la porta a spiegazioni meno misteriose.

Nei periodi successivi al giugno 1978 il fenomeno della sanguinazione degli oggetti dentro casa è andato via via riducendosi fino a scomparire del tutto. L’ultimo episodio, che si sappia, accadde il 3 aprile del 1980 in casa di Carmelina, e a don Fortunato venne consegnato il solito fazzoletto intriso di sangue, probabilmente sgorgato dal crocifisso appeso al muro. In compenso ci furono molti episodi che videro la bambina nelle vesti di una veggente, impegnata suo malgrado in dialoghi con Gesù e la Madonna, nella scrittura di preghiere, o protagonista di episodi di trance, durante i quali la bambina perdeva completamente la coscienza per vari minuti.

Il 15 gennaio 1979, ore 18.30, don Fortunato annota: “Durante la celebrazione della parola di Dio arriva Carmelina Chindamo e vi rimane per tutta la funzione che si conclude con la benedizione Eucaristica. Accompagnata dalla signora Piromalli Creaco Virginia. Viene in sacrestia e mi consegna un foglio di quaderno a un rigo dove è scritto un ‘messaggio’ che asserisce di aver ricevuto direttamente da Gesù. Poi è andata via. Passando dinanzi al Cristo morto ha sentito il bisogno di avvicinarsi e baciarlo. Baciandolo si è accorta di avere la bocca piena di sangue, mentre nel Cristo morto in corrispondenza del costato, circa 10 cm sotto, ha rinvenuto una macchia di sangue vivo tendente a scendere verso il basso. Erano presenti diverse donne che si erano fermate a pregare dinanzi al Cristo morto”. Quella fu l’ultima sanguinazione pubblica. 

 

Cos’è dunque davvero accaduto a Carmelina? che cosa significano tutti quegli episodi con il sangue ?  la Chiesa e i pubblici poteri non hanno saputo dare una risposta a questi interrogativi, e neanche chi scrive è in grado di farlo. Carmelina era ed è sana di mente e di fisico. Ha sempre condotto una vita normale, specialmente dopo che i ‘pellegrinaggi’ alla sua casa sono finiti, restituendole pace e normalità. Da allora ha fatto la vita di tutte le ragazze: ha finito gli studi, trovato un lavoro, si è sposata. Ha tirato su due figli, non si è arricchita, non è andata in tv a cercare pubblicità.

Camelina oggi aiuta il marito Francesco in campagna e fa la pasticcera in casa, quando le capita. Per anni è stata dipendente in una pasticceria vera, ma i dolori alla schiena e a una gamba l’hanno costretta a lasciare.  E’ molto orgogliosa dei suoi figli, quando li guarda le si illuminano gli occhi, sembra accarezzarli; è una donna felice, nonostante le misteriose vicende che l’hanno vista protagonista e anche nonostante alcune dolorose vicissitudini familiari. In un’intervista (pubblicata nel libro ‘Lessico dell’anima’)  ha ribadito e sottolineato ciò che già disse a suo tempo, cioè che non era lei a sanguinare, perchè le sue labbra e le sue mani “si sporcavano di sangue al contatto con la statua del Cristo deposto”. Statua che a lei appariva “di carne e anche sudata”. Le bastava “sfiorarla appena”. “Non era una voce” che la spingeva verso la statua, “ma una forza interiore”, qualcosa di misterioso che quasi la “trascinava fisicamente” fino a lei.

Carmelina era molto affezionata al suo maestro di scuola Polimeni; era di Reggio, è rimasto a lungo in contatto con lui, “finchè -dice con un filo di polemica- una nipote non lo ha sottratto” ai loro contatti e non sa più dove sia finito, ma considerata l’età e il tempo trascorso l’uomo potrebbe anche essere deceduto. Il maestro era rimasto affezionato alla sua vecchia alunna e l’aveva presa sotto la sua protezione in quei tempi complicati. Un’altra persona che ha sempre protetto Carmelina era don Fortunato Sorrenti, che lei ricorda ancora oggi con un forte senso di gratitudine.  Il mistero sulle sanguinazioni tuttavia è rimasto irrisolto e probabilmente resterà tale per sempre.

(testo tratto da ‘Lessico dell’anima’ di Francesco Gerace, 2020; foto Archivio Gerace e Mario Albanese)

 

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