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Vogliamo dirla tutta ? senza le illuminazioni colorate nelle principali vie del paese, la festa di san Michele non sembra la stessa di sempre. Lo so, pare una cosa fatua, tutta immagine e poca sostanza. So anche che la vera festa di san Michele è quella fatta di preghiera e novena, di canti speciali e benedizioni. E tuttavia quelle lucine colorate messe lungo le strade a rendere allegri i giorni di festa, ad accogliere gioiosamente le persone venute da fuori, a contenere e indirizzare il passeggio disordinato della gente, ecco quelle luci erano un pò il biglietto da visita dei giorni di san Michele a Cinquefrondi. Ma purtroppo non c’è stato tempo, troppo tardi è arrivato il via libera del governo (misure anticovid più leggere) e del vescovo che ha autorizzato la ripresa delle processioni dopo due anni di stop. Vuol dire che ci rifaremo l’anno prossimo, con gli interessi….
Ricordiamo tutti che quando Micuccio Cuiuli accendeva le sue luminarie, la festa cominciava, la ‘fera’ si animava, i venditori di sedie cominciavano a fare i primi affari in via Veneto, i giostrai richiamavano i ragazzi con dischi volanti e autoscontro, e a viale Rimembranze un pullulare di bancarelle proponeva ai passanti il ben di Dio di biscotti al miele, noccioline e mandorle allo zucchero.
1978
Sotto alle scale della chiesa stazionavano con le loro cassapanche di legno marrone i venditori di mostaccioli, che oggi una qualsiasi asl manderebbe all’ergastolo per certe loro improbabili condizioni igieniche.
A Piazza Castello c’era lo spazio per i casalinghi e i venditori di tappeti, nel Corso stavano in bella mostra giocattolari e venditori di indumenti.
Mentre al centro della Piazza, sul marciapiedi per decenni hanno avuto il loro posto le roulette, sotto le grandi tende a forma rettangolare. Vi si affollavano in tanti, a puntare dei soldi, nella vana speranza di un gran colpo di fortuna.
Molte di queste cose nel tempo sono cambiate, proprio i roulettari non si vedono più da tempo, e anche le giostre sembrano sparite dai radar. Fra le bancarelle ci sono tanti banchi simili con la stessa paccottiglia.
Di sicuro non c’è più il mercato degli animali, che era uno dei più frequentati della Piana di Gioia Tauro, un vero e proprio evento, oltre che un luogo per fare buoni affari, che richiamava contadini da ogni dove. Molti genitori portavano i bambini a vedere da vicino muli e somari, capre e pecore, vitelli e galline e pulcini, come allo zoo.
Ma anche se tutto questo è cambiato o non c’è più, il gusto della festa rimane uguale e immutabile. La ‘fera’ si tiene lo stesso anche se il vento dei giorni
scorsi e le previsioni di pioggia battente per domenica hanno tenuto lontano tanti operatori, e fino a sabato sera c’era un solo spazio occupato in via Veneto.
Ma il legame dei cinquefrondesi con il santo patrono è forte e sentito. Nella giornata di sabato in moltissimi si sono recati in chiesa per visitare il santo e
per una preghiera. E la messa è stata affollatissima, come ogni sera durante la novena.
Domenica dopo la messa del tardo pomeriggio è in programma la processione, meteo permettendo, con il nostro bellissimo san Michele portato a spalla da una piccola folla di robusti portatori, che fa il giro lungo del paese, il più lungo di qualsiasi altra processione, perchè san Michele va a trovare tutti i cinquefrondesi, e un anno o l’altro forse farà un giro anche ai Violelli, quartiere nuovo e lontano, dove mezza Cinquefrondi va sempre più stabilendosi.
Una copia della statua nel 1996 fu portata in Argentina dal sindaco del tempo, il farmacista Raffaele Manferoce, che ebbe la felice idea di farne dono ai compaesani di Buenos Aires, che gradirono molto. Fu un festa affettuosa e commovente nella sede del circolo dei cinquefrondesi di Baires. La copia di san Michele fu realizzata da Michele Manferoce, l’ex terzino della Cinquefrondese che è anche un esperto di pittura disegno e arti decorative in genere, e fu accolta con calore, perchè non era solo un’immagine sacra, ma il simbolo che lega tutti i cinquefrondesi fra di loro, un segno di identità e unità, che nemmeno la distanza che separa i continenti può oscurare.
Processione 1938
Il san Michele originale invece è stato realizzato nel 1804 da Vincenzo Scrivo, un artista del catanzarese, e suscita ancora tanta curiosità la bella storia di quell’angelo che stende il drago con la spada e lo tiene sotto il tallone, costruita lontano dal paese, e che a causa del suo enorme peso e della sua estrema delicatezza (si tratta di una statua cosiddetta ‘in movimento’) venne trasportata a Cinquefrondi su un carro trainato dai buoi con una lentezza esasperante. La statua fu commissionata e pagata dal medico cinquefrondese Vincenzo Mammola, che spese per essa 90 ducati, di cui 20 dati come anticipo alla firma del contratto il 20 luglio 1803 e altri 70 alla consegna (fissata entro l’aprile del 1804) come risulta dall’atto notarile pubblicato molti anni fa sul giornale cittadino Il Viaggio da Giovanni Russo, all’epoca direttore della Biblioteca di Polistena nonchè studioso e ricercatore di storia locale.
Anche il palco per la musica quest’anno non c’è in piazza, quel palco su cui, in un tempo lontano, si facevano faville nella serata finale. Vi salivano i ‘cantanti della Rai tv’, così si leggeva sui manifesti che ne annunciavano l’esibizione. Un modo per dire che nella nostra piccola Cinquefrondi, a san Michele venivano a cantare (peraltro ben pagati) fior di artisti, gli stessi che andavano in tv.
In ogni caso la bella musica ci sarà lo stesso, perchè per le vie del paese sfilerà la Banda L. Raso.
Tornando ai fasti del passato lontano, va detto che è rimasta memorabile la serata con Orietta Berti, circa 50 anni fa, che venne in piazza da noi nel momento del suo maggior successo, la folla era incontenibile. Altri tempi naturalmente. Non c’è più bisogno di quel tipo di spettacoli. L’edizione 2022 della festa è sobria anche in questo. Sullo sfondo c’è pure l’aggressione militare della Russia al popolo ucraino, e il timore di una guerra mondiale: il contesto non è il massimo…. una festa misurata e religiosa forse è proprio quel che ci vuole, c’è solo da chiedere a Dio una grazia, per intercessione del nostro patrono, la grazia della pace.
La festa dunque anche senza luminarie e con una ‘fera’ pressochè inesistente (ma con le nuove luci messe dal Comune in questi giorni) ce la facciamo piacere lo stesso, anzi sarà di più una festa di fede e devozione, del cuore e della gentilezza, perchè c’è voglia di incontrarsi, di uscire di casa, di stare con le persone amate e amiche, di ricordare i nostri cari che non ci sono più, con un pensiero a chi vive fuori e non può prendervi parte, e ne soffre per questo, come fece per anni e anni il poeta gentile Ciccio Ascone, che decise di festeggiare comunque a modo suo quando abitava lontano, perchè san Michele è san Michele.
Processione 1938
C’è soprattutto voglia di una preghiera speciale al principe degli angeli e nostro protettore, che vegli su questo mondo che sembra voler andare a rotoli, che schiacci il drago della guerra e della malvagità che fa sempre nuovi proseliti, che faccia guadagnare un pò di pace a chi in questo momento soffre per le bombe che gli piovono addosso senza motivo, protegga chi soffre per una malattia ostinata, per il lavoro perso o non trovato, per le famiglie in crisi, per un guaio qualsiasi imprevisto e inopportuno che toglie serenità.
Vi lascio con la bella preghiera diventata un canto della novena.
Buona festa di san Michele a tutti
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Il programma
Foto di Marcello Roselli, Rino Macedonio, Archivio Storico Tropeano, Archivio Gerace