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Francesco Della Scala
Il 31 dicembre del 1868 nasceva a Cinquefrondi Francesco Della Scala, un personaggio troppo presto dimenticato, protagonista di una carriera politica quarantennale. Fu Deputato provinciale, consigliere comunale, assessore, sindaco e podestà di Cinquefrondi, e tante altre cose. Ma soprattutto fu ispiratore della maggior parte delle attuali opere pubbliche del paese: il vecchio Municipio, la Villa comunale, la Scuola elementare, il carcere, l’acquedotto, l’impianto fognario, la Torretta, l’Asilo, la Pretura, l’elettrificazione del paese, tanto per citarne alcune in ordine sparso. Non tutte furono realizzate sotto la sua gestione di sindaco-podestà, che fu breve e durò soltanto dal 1927 al 1933, ma tutte furono realizzate sotto la sua guida politica, perchè Della Scala, o don Ciccio come veniva chiamato dai suoi concittadini, fu leader indiscusso e guidò per decenni la politica cittadina.
Morì nel 1933 a Roma, dov’era ricoverato per una grave malattia. Pochi giorni prima che il suo cuore cessasse di battere, lasciò la clinica Santa Elisabetta per andare al ministero dei lavori pubblici a perorare la causa di un finanziamento, per costruire l’acquedotto di Cinquefrondi. A malapena riusciva a parlare e dovettero accompagnarlo, sorreggendolo perchè quasi non si reggeva in piedi. Riuscì a ottenere quel finanziamento e dal letto di morte scrisse un telegramma al suo vice, l’avv. Francesco Pasquale, con queste memorabili parole: : “Al vice Podestà di Cinquefrondi. Lietissimo comunicare odierno finanziamento progetto nuovo acquedotto cui lavori oltre un milione il ministero appalterà subito. Gradisca paese mio ultimo omaggio. Saluti, Della Scala”.
L’avventura pubblica di Francesco Della Scala cominciò nel 1891, ad appena 22 anni di età. Era poco più che un ragazzo quando fu eletto per la prima volta consigliere comunale e poco tempo dopo chiamato all’incarico di Deputato Provinciale, una carica che corrisponde pressappoco al Consigliere Regionale di oggi. Dal 1895 fu assessore comunale, sarebbe diventato sindaco, se avesse voluto. Ma la carica era incompatibile con quella di deputato, quindi scelse di fare soltanto l’assessore e mantenne il ruolo di Deputato, al quale fu rieletto ininterrottamente fino al 1927.
Fu in questa doppia veste di assessore comunale e Deputato provinciale che l’uomo diede il meglio di sé, sfruttando a vantaggio di Cinquefrondi tutte le sue conoscenze e relazioni politiche, e le leggi messe a disposizione dallo Stato. Promosse una serie di progetti e iniziative che nel breve volgere di pochi anni avrebbero cambiato completamente il volto di Cinquefrondi, trasformando quel piccolo e poverissimo borgo di contadini e artigiani in una vera e propria cittadina.
Con l’avvento del fascismo, Della Scala che in origine era del partito liberale, aderisce al partito fascista, e ne diventa il capo a Cinquefrondi (sarà segretario dal 1925 al 1927), e continua la sua intensa opera amministrativa e politica, in linea con il periodo precedente.
I funerali di Della Scala furono un evento nazionale. Il sindaco morì a Roma il 5 luglio 1933. Non è stata mai chiarita ufficialmente la malattia che chiuse anzitempo i giorni di quell’uomo, ma secondo ambienti vicini alla famiglia si trattò probabilmente di un tumore ai polmoni. Di sicuro negli ultimi anni della sua vita, Della Scala si recò molte volte a Roma per pratiche amministrative e, già che c’era, per controlli sanitari e cure.
La scomparsa del Podestà fu per tutti un fulmine a ciel sereno. Pochi probabilmente sapevano che stesse male, forse solo i familiari. D’altra parte le sue intense giornate lavorative, il suo fisico possente, l’allegria del suo carattere, le decine di sigarette al giorno che fumava, non facevano immaginare che la malattia lo stesse consumando. Al contrario, la sua forza, come il suo potere, la voglia di fare e costruire, sembravano inesauribili.
Era il simbolo del fascismo a Cinquefrondi, tutti gli volevano bene e lo rispettavano. Incarnava il volto positivo del regime. Fu Podestà per quasi sei anni su indicazione del prefetto, e dunque per volere del Partito fascista e non per libere elezioni. Ma lui, ben prima del fascismo, era già un leader riconosciuto e, fin dalla prima volta che si candidò, vinse in tutte le elezioni alle quali prese parte. In paese si può dire non avesse avversari, perché lui si prodigava per tutti, creava lavoro con la costruzione delle opere pubbliche, seguiva di persona perfino i cantieri e contestava eventuali errori o cose che a lui non piacevano, ma soprattutto pensava in grande e faceva sognare la sua gente. Specialmente dopo gli anni della guerra c’era bisogno di guardare al futuro con fiducia e voglia di fare, due qualità che lui indubbiamente possedeva.
Al di la dei gravi errori e delle responsabilità del regime fascista in Italia, Della Scala interpretò a Cinquefrondi la figura perfetta del Podestà, fu un uomo integro e perbene, dedito anima e corpo al suo lavoro di primo cittadino, senza ombre sul suo operato, rispettato da tutti, anche da chi non era fascista. Amava il potere, come del resto tutti i politici, specie quelli che negano di cercarlo. Ma non ne fece mai un uso personale.
Per molti anni, prima del fascismo, don Ciccio riuscì a far eleggere al consiglio comunale di Cinquefrondi sia i consiglieri di maggioranza che di opposizione e, senza che ciò appaia irrispettoso verso qualcuno, era sempre lui a decidere il nome del sindaco, peraltro talvolta proveniente dalla cerchia dei suoi familiari acquisiti, i Guerrisi (la moglie di don Ciccio era una Guerrisi). Ma non si pensi che questi fossero semplici esecutori, al contrario erano compagni leali di partito e di amministrazione, e facevano gioco di squadra, guidati dalla leadership di Della Scala e dalle sue incredibili relazioni politiche, ma più ancora istituzionali, a Roma. Don Ciccio tuttavia era un personaggio ingombrante, non solo fisicamente e oscurava tutti. Della gran parte dei sindaci del suo periodo a malapena si ricordano i nomi. C’è un episodio in tal senso molto significativo: quando venne inaugurato il Palazzo Municipale nel 1916, il Corriere di Calabria (ritrovato e pubblicato da Giovanni Quaranta, esperto di storia locale) nella sua minuziosa cronaca della cerimonia citò tanti personaggi e autorità, e diede la ribalta della giornata a Francesco Della Scala, definito ‘figura impareggiabile di amministratore’; il sindaco del tempo invece non venne nemmeno nominato.
Più che un semplice politico o un amministratore come tanti, don Ciccio fu un personaggio che si intestò d’autorità il ruolo di protagonista negli anni a cavallo fra il 1800 e il 1900 e legò indissolubilmente il suo nome al momento di maggiore crescita e fulgore di Cinquefrondi.
Memorabile resta il giorno in cui fece gli onori di casa durante la visita in paese del futuro re d’Italia con la consorte, Umberto di Savoia e Maria Josè. I due nel 1932 compirono un viaggio in Calabria di alcuni giorni, passarono da Cinquefrondi e avrebbero dovuto solo salutare la folla, senza scendere dalla vettura. Ma l’accoglienza che preparò don Ciccio fu talmente festosa che i futuri reali d’Italia decisero di fermarsi e salutare la popolazione direttamente; e salirono su un palco che il previdente podestà aveva fatto allestire davanti all’ingresso della Scuola elementare.
Il sindaco e il principe si scambiarono poche parole di saluto davanti a tanta gente entusiasta, il calore mostrato dai cinquefrondesi nei confronti di Umberto e Maria Josè colpì anche il giornalista Giuseppe Nava, inviato del Corriere d’Italia, che ne riferì in un suo articolo.
Al funerale di Della Scala partecipò una grande folla, la bara fu portata a spalla fino alla chiesa matrice e, dopo la cerimonia, collocata su un carro funebre trascinato da 4 cavalli; fu preceduto da ben 65 corone di fiori; quando il corteo arrivò di fronte alla villa comunale, ci fu un breve discorso di commemorazione da parte del vice Podestà avv. Pasquale, e del segretario del partito fascista cinquefrondese, entrambi indossando la camicia nera.
Fra i tanti manifesti di cordoglio affissi nelle vie cittadine, spiccava quello firmato da Garibaldi Creazzo, che a quel tempo era il leader e fiduciario del sindacato degli artigiani cinquefrondesi; anche il padre di Garibaldi, cioè il mitologico don Pasquale Creazzo inviò un personale messaggio di cordoglio alla famiglia: di don Pasquale tutto si può dire, tranne che avesse simpatie per il fascismo, però stimava Della Scala e lo onorò nel giorno della scomparsa.
Telegrammi di condoglianze giunsero da ogni parte d’Italia alla famiglia, fra essi addirittura anche quello di Papa Benedetto XV (spedito a firma di Eugenio Pacelli, all’epoca segretario di stato e futuro Papa Pio XII), un fatto assolutamente inusuale oggi, figuriamoci 90 anni fa, quando la figura del Papa era assai più ‘irraggiungibile’ e quando le telecomunicazioni erano praticamente inesistenti. Ma ciò la dice lunga sul carisma e le relazioni di stima che Della Scala aveva saputo creare attorno a sè.
Telegrammi giunsero anche dal vicecapo della Polizia Senise, da numerosi deputati e senatori, direttori generali e alti funzionari dei ministeri. Non ne arrivarono invece, per quanto se ne sa, a meno che non siano andati persi, dalla sede nazionale del Partito fascista o dai leader nazionali o regionali del partito.
Molto altro ci sarebbe da dire su don Ciccio Della Scala (che in alcuni documenti viene chiamato erroneamente Delle Scale), ci saranno altre occasioni per parlarne. Del nipote omonimo di Francesco Della Scala e della sua morte eroica nel 1985, si parla in altra parte di questo blog.
(Foto Archivio Storico Tropeano)
Plaudo all'indagine storico-giornalistica di Francesco Gerace che squarcia il silenzio e l'oblio in cui la figura di Francesco Della Scala è stata posta fino ad oggi.Soltanto l'onestà intellettuale e un animo libero da condizionamenti e ideologismi,quale è quello di Francesco potevano aprire questa porta alla verità e riconoscere quanto dovuto al podestà Della Scala.
Mimì Giordano
Grazie per le tue parole Mimì. Anch'io mi sono sempre chiesto come mai Della Scala fosse stato dimenticato. Le mie ricerche non finiscono qui.