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                                                            Francesco Della Scala


Dare la vita per salvare il figlio: non c’è niente di più grande di un gesto come questo. E’ accaduto a un cinquefrondese nel dicembre del 1985. Per molti anni questo episodio è rimasto come anonimo. I giornali e la tv a quel tempo parlarono genericamente di un ingegnere romano fra le vittime di un grave fatto. Ma quell’ingegnere romano era figlio di un cinquefrondese, nonchè nipote e omonimo del leggendario Podestà degli anni 30. 

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Si chiamava Francesco Della Scala e di lui in paese non si è mai sentito parlare, anche perchè della famiglia non è più rimaso nessuno a Cinquefrondi.   L’unico, o fra i pochissimi ad averne memoria è probabilmente il prof. Antonio Macrì, ex dirigente politico Dc e sindaco del paese alla fine degli anni ’80. Un giorno mi parlò casualmente del nipote del vecchio sindaco, morto in circostanze tragiche, a Roma. Ho cercato di saperne di più. Quella che segue è la sua storia.

Francesco Della Scala, detto Franco, era uno dei tre figli di Vincenzo, che a sua volta era figlio del vecchio sindaco e podestà di Cinquefrondi Francesco Della Scala. 

Vincenzo Della Scala, era nato a Cinquefrondi, dopo la laurea in giurisprudenza restò nella capitale. Fu giornalista e avvocato, e anche dirigente del ministero dei lavori pubblici. Ebbe una carriera brillante a giudicare dal ricco carnet di titoli ricevuti, da quello di Cavaliere del Regno a Commendatore e infine a Grande Ufficiale della Corona.

Francesco detto Franco, omonimo del leggendario sindaco e podestà di Cinquefrondi, nacque invece a Roma. Nella capitale prese la laurea in ingegneria. Solo qualche volta ebbe occasione di visitare il paese dal quale proveniva la sua famiglia. E grande dovette essere la sua delusione nel constatare che al nonno non era intitolato nient’altro che l’edificio della Scuola Elementare, da lui voluta all’inizio del secolo scorso. Una intitolazione avvenuta peraltro nel 1933, pochi mesi dopo la morte dello stesso sindaco. A Cinquefrondi portano la firma di Della Scala anche la Pretura, il Municipio, la Torretta, la Villa Comunale, l’Acquedotto, l’impianto fognario, la pavimentazione del Corso, e c’era stato lo zampino di don Ciccio pure nell’elettrificazione del paese. Altrove forse al vecchio Della Scala sarebbero stati dedicati un monumento e una via importante, o qualcos’altro. Altrove, appunto.

Ma torniamo all’ing. Franco. Fu per molti anni un brillante dirigente dell’Anas, papà di tre figli, e trascorse tutta la sua vita a Roma, dov’era nato nel 1928. Ha sempre condotto una vita semplice, tutto lavoro, famiglia e viaggi. Era un uomo curioso, gli piaceva scoprire nuovi luoghi, conoscere persone, perciò quando poteva si imbarcava per qualche nuova destinazione. Peraltro spesso viaggiava per lavoro, avendo ricoperto nell’Anas incarichi nell’ambio stradale e poi nella gestione di enti minerari e del gas, che lo portavano spesso in giro per l’Italia, soprattutto in Sicilia. 

Il 27 dicembre del 1985 la strada dell’ingegnere incrociò la follia terroristica palestinese. E la vita di questa tranquilla famiglia di origine cinquefrondese venne stravolta e segnata per sempre. Era una fredda mattina, l’ingegnere e la sua famiglia erano molto felici. Avevano appena trascorso le feste natalizie assieme, nella loro casa sulla Cassia a Roma, ma ora pregustavano una vacanza lungamente desiderata. Franco, insieme con la moglie e i tre figli stavano infatti per recarsi negli Stati Uniti. Un viaggio di piacere, due settimane per portare i ragazzi a Disneyland e poi per respirare l’aria degli States e curiosare in quel grande Paese dove tutto comincia prima che altrove. Ma quel viaggio non avvenne mai. L’America restò lontana e fiumi di lacrime accompagnarono quel tristissimo e impensabile fine d’anno per la famiglia Della Scala.  

Ecco che cosa accadde: alle 9:00 precise del mattino i Della Scala arrivano all’aeroporto di Fiumicino. L’ingegnere e il figlio Vincenzo entrano per primi nello scalo alla ricerca di un carrello per trasportare le valigie, mentre la moglie e gli altri due figli aspettano fuori con i bagagli. Franco si avvicina al banco del check-in della Twa e si mette in coda aspettando che qualcuno liberi un carrello. Alle 9:05 improvvisamente scoppia l’inferno: con i mitra nascosti sotto i cappotti e le bombe in tasca, quattro uomini irrompono in quella zona dello scalo e aprono il fuoco sulla folla davanti ai banchi della compagnia israeliana El Al, che è confinante con la Twa. Pochi interminabili minuti d’inferno. Urla, sangue, vetri, soprattutto morti e feriti dappertutto. Gli uomini della sicurezza dell’aeroporto, e probabilmente anche quelli della sicurezza israeliana, reagiscono al fuoco, uccidono tre dei quattro terroristi, e catturano vivo il quarto, un 18enne. Poi cala il silenzio, rotto dalle sirene della polizia e delle ambulanze, dalle urla dei feriti e di quanti piangono i  propri morti.  

Il commando venne neutralizzato in brevissimo tempo, ma gli assassini palestinesi avevano avuto il tempo di seminare morte e distruzione fra gli inermi e innocenti viaggiatori che in quel momento si trovavano ai banchi della El Al e della Twa, e nel vicino bar. 

Franco Della Scala è uno dei tredici morti di quella assurda carneficina, oltre ai 3 assalitori; restano sul terreno anche ben 76 feriti. L’Italia è sconvolta. Il ministro dell’interno Oscar Luigi Scalfaro si reca di persona all’aeroporto per accertarsi dell’accaduto. I telegiornali irrompono nelle case di tutti gli italiani con una edizione straordinaria. 

In contemporanea con l’attentato a Fiumicino, un altro attentato con modalità identiche e identico spargimento di sangue  si svolge all’aeroporto di Vienna, sempre a opera di terroristi palestinesi. Lì il bilancio è meno grave, si contano infatti 3 morti e 44 feriti. E’ un’operazione combinata, i terroristi palestinesi vogliono mostrare al mondo di cosa sono capaci.

Ma torniamo a Francesco Della Scala, detto Franco, ingegnere 57enne di origini cinquefrondesi, con la passione per i viaggi, iscritto al partito socialista. Sul momento il pover’uomo viene addirittura scambiato per uno del commando, qualcuno dirà forse a causa della sua carnagione un pò scura; il suo corpo non si trova in ospedale con tutte le altre vittime, sembra sparito, invece si trova radunato con quelli dei terroristi, perchè non ha documenti addosso, e la polizia cerca di identificarlo. Alla fine ci riesce e in serata il ministero dell’interno ufficializza che fra le vittime c’è anche lui, l’ing. Della Scala, professionista romano di padre cinquefrondese, omonimo e nipote di un famoso sindaco.

Il corpo dell’ingegnere è stato colpito in diverse parti,  i criminali avevano sparato all’impazzata. Tutto ciò che le raffiche di fuoco si trovavano davanti era stato abbattuto: vite umane, vetrate, oggetti, totem pubblicitari. Man mano che la polizia indaga per ricostruire nei minimi dettagli l’accaduto, sulla morte di Franco emerge un particolare, che a raccontarlo vengono i brividi: in quell’inferno, nessuno di coloro che erano sotto il fuoco dei terroristi si era salvato dai colpi, tranne il piccolo Vincenzo, figlio 15enne dell’ingegnere. Il ragazzo era illeso, salvo una lieve escoriazione alla testa. Com’era possibile ? non c’erano vie di fuga, e se anche ci fossero state, chi avrebbe avuto il tempo di raggiungerle ? la folle sparatoria era durata due minuti forse tre, nel panico totale di urla, morti feriti e sangue e vetri dappertutto, come ricordarono i testimoni, raccontando anche di un fuggi fuggi generale alla cieca, senza spere dove andare, in una confusione immensa che pareva interminabile. 

L’esplosione delle granate e dei colpi di mitra avevano trasformato i banchi della Twa e della El Al nell’inferno. Anche nel vicino bar dell’aeroporto si contavano morti e feriti. Ma Vincenzo si era salvato. Una notizia bella in mezzo a tanto orrore. Poi si scopre il come e il perchè di quell’insperato salvataggio, e allora tocca inchinarsi e cercare le parole e il tono giusti per raccontarli: quel maledettissimo 27 dicembre 1985 Francesco Della Scala usò il suo corpo per proteggere il figlio; lo abbracciò, lo avvolse con l’impermeabile, buttandoglisi addosso, per ripararlo dai proiettili che piovevano impazziti, a centinaia. 

All’udire i primi colpi di mitra, l’ingegnere non ci aveva pensato su, e si era gettato sul ragazzo, facendogli da scudo, proteggendolo dai colpi di quei sanguinari terroristi mandati da Abu Nidal, il feroce leader della lotta armata palestinese, a spargere orrore fra gente innocente. Non sappiamo se Franco sarebbe morto ugualmente, le raffiche di kalashnikov e l’esplosione delle granate erano state troppo improvvise e troppo numerose per poterle schivare totalmente. Di sicuro in quei momenti lui non pensò a sè stesso, ma solo al figlio, e mostrando le spalle ai terroristi sapeva che avrebbe dato la sua vita, ma forse ce l’avrebbe fatta a salvare quella del ragazzo. Diede la sua vita per il suo bambino. Viene da piangere solo a scriverlo. Un eroe luminoso, un uomo magnifico, non ci sono parole per descriverlo.

Il resto dei fatti lo possiamo solo immaginare. Il dolore smisurato dei familiari misto alla felicità perchè almeno uno dei due era sopravvissuto alla strage. Una cosa indicibile, una ferita mostruosa nell’animo e nella carne, da non augurare ai peggiori nemici, che nessuna famiglia dovrebbe mai sperimentare. 

I funerali di Franco Della Scala si tennero il 30 dicembre nella chiesa di Santa Chiara al Flaminio. Non ci furono parole di odio quel giorno, lo stesso parroco si fece interprete dei sentimenti della famiglia distrutta dal dolore. “Noi” disse quel giorno il parroco don Alessandro Fiori “cristianamente perdoniamo quelli che hanno sparato e ucciso, ma altrettanto cristianamente chiediamo giustizia. Chi si deve muovere si muova; non possiamo più assistere a questi massacri di innocenti che insanguinano Roma, l’Italia e il mondo intero”. Al rito parteciparono centinaia di persone, l’ingegnere fu sepolto al Verano.

Pochi mesi dopo, l’Anas, l’azienda presso la quale lavorava Della Scala, volle onorare la memoria del suo eroico ingegnere capo con una solenne cerimonia, alla quale presero parte il ministro dei lavori pubblici Franco Nicolazzi, lo stato maggiore dell’Anas e molti funzionari e dipendenti, e naturalmente i familiari. La cerimonia si svolse al km 2,800 dell’autostrada Roma-Fiumicino, in un clima di forte commozione, e lì venne posta una targa a ricordo di Della Scala.  

Il 5 gennaio del 1988, con decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, il ministero dell’interno diede notizia della concessione della Medaglia d’argento alla memoria dell’ing. Francesco Dalla Scala. Con la seguente motivazione: “In occasione di un attentato terroristico al locale aeroporto internazionale, uditi i primi colpi d’arma da fuoco sparati dai criminali, non esitava, con generoso slancio, a proteggere il giovane figlio facendogli scudo con il proprio corpo. Compiendo l’eroico gesto, restava ferito mortalmente. Limpido esempio di amore paterno, spinto fino all’estremo sacrificio”.

Sono passati tanti anni da quel triste giorno. Francesco Della Scala, eroe del nostro tempo, vive nella memoria dei suoi familiari e di quanti lo conobbero e gli furono amici. Vogliamo ricordare anche qui questo grande uomo di origini cinquefrondesi, una figura di cui il nostro paese può andare orgoglioso, e della quale custodire e onorare la memoria.    

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