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Il Giovedì Santo di Cinquefrondi attraverso le immagini di qualche anno fa e le parole di una giovane e brillante scrittrice. Abbiamo scritto e detto tanto su questa giornata speciale, nella quale fu istituita la Chiesa. E’ la festa dei sacerdoti dunque, Ma soprattutto è la sera dell’ultima cena di Gesù con gli apostoli. In tutte le chiese si rinnova quell’evento.

Vorrei condividere con voi un bellissimo articolo della scrittrice Anna Porchetti  che con parole semplici e grande profondità di fede racconta in modo originale il Giovedì Santo, così come molte altre cose che invito tutti a leggere e seguire (www.annaporchetti.it). Accompagnano il testo di Anna vecchie foto della Messa dell’Ultima Cena nella nostra chiesa matrice:

Cosa ricorre nel giovedì santo?

Questo è un giorno pieno di significato per noi, come cattolici e come esseri umani. Gesù è con gli apostoli. Si intrattengono, nelle ultime ore della sera. I discepoli ancora non immaginano quello che accadrà di lì a meno di ventiquattro ore.

Quella è quell’ultima sera che vivranno con il loro maestro.

Un momento conviviale in cui viene istituita l’eucarestia. Un momento di congedo umano e di celebrazione divina. Una situazione così importante, da ispirare a Leonardo da Vinci quel dipinto bellissimo, che ancora ci incanta, nel refettorio di Santa Maria delle grazie.

Il giovedì Santo è la sera dell’ultima cena

Dovrebbe essere una sera di festa. Il giovedì santo precede la celebrazione della Pesah, la Pasqua ebraica. Una ricorrenza in cui il popolo celebra la fuga dalla schiavitù in Egitto. Dunque a Gerusalemme e in tutto Israele la gente si prepara a festeggiare. Anche Gesù è con i discepoli, ma il suo umore non è gioioso. È  rattristato.

Sa quello che lo aspetta. Giovanni dice che lui sa che è arrivata la sua ora (GV 13, 1).

Sa che Giuda lo tradirà, che Pietro lo rinnegherà. Questa è la sera del congedo finale. Gesù sa che fra poco morirà. Così come tutti gli uomini, si confronta con la certezza di una morte imminente e si congeda dalle persone che ha amato.

La fede in Dio come sorgente di speranza

Più tardi, andrà a pregare nell’orto del Getsemani. Sa che la sua ora è quasi arrivata. Dice:

La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me. (Mt 26, 38).

E poco, dopo, mentre prega:

Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!.

Ogni volta che rileggo questi versetti o che ricordo il giovedì santo, penso a questa frase, pronunciata nello stato d’animo di un uomo che sa che sta per morire. Non solo: morire dopo torture e atroci sofferenze. Morire di croce, una pena infamante. Eppure, Gesù riesce ad accettare la volontà di Dio. La accetta, alla luce di una speranza più grande. La speranza nasce dalla Fede in Dio, che ricompensa chi crede in lui.

Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. (Mt 16, 25)

Quella di Gesù è una fede così solida che gli permette di accettare questo mistero doloroso che è, per ogni uomo, il momento della morte. Egli si preoccupa persino di chi rimane, tentando di consolarlo.

Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. (Giovanni 14, 1-3) .

Congedarsi nella speranza

Se si guarda la vicenda di Gesù col solo metro umano, la storia non finisce tanto bene. Sembra quasi che abbiano vinto i cattivi: gli anziani, il sinedrio, i nemici. Gesù è solo un uomo buono, un idealista con opinioni e azioni rivoluzionarie. Uno che ha dato troppo fastidio all’ordine costituito e alla fine è stato eliminato.

Se non ci fosse la fede in Dio e con essa la speranza nella vita eterna, sarebbe un terribile game over. Invece lui risorge. Avvera le profezie. Sconfigge la morte. Precede i discepoli in galilea, come aveva preannunciato nel Vangelo. Loro lo vedranno. San Tommaso vorrà addirittura verificare.

Lo spirito del giovedì santo non è solo la paura di un uomo che sta per morire, ma soprattutto la sua fiducia in Dio.

È la fede che illumina quella morte tragica e la trasforma in speranza per tutti. È la fede che rende questo congedo solo temporaneo. Senza la fede in Dio e nella sua promessa di salvezza, la morte è una sconfitta e una disgrazia senza rimedio. È questa la vera essenza del cristianesimo.

Essere cristiani non si limita a spingerci a comportarci bene, a rispettare i dieci comandamenti di Mosè o le sue traduzioni in chiave modernista. La religione non serve ad essere buoni, altruisti, a fare la raccolta differenziata per salvare il pianeta. Tutte queste cose sono importanti, ma rimangono sul piano umano. Sul piano di una vita terrena che, a un certo punto, irrimediabilmente finisce.

L’elemento che concretamente distingue la fede cristiana da ogni altra forma di codice etico umano è la speranza di salvezza, che trascende la morte e consegna gli uomini alla vita eterna.

 

 

 

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