Questa notizia è stata letta 144 volte
Le parole dimenticate del dialetto cinquefrondese (2)
di Mimì Giordano
Abbacàri – Verbo intrans.= aver voglia, aver lena, aver tempo, nel senso di non avere che fare. Secondo G.B. Marzano (1845-1902) deriva dal verbo latino Vacare, mancare di qualcosa.
espressioni in dialettu cincrundisu con la parola abbàcu, derivante da abbacàri:
no’ nd’aiu abbàcu m’aspettu a ttia….
t’abbàca ‘mu camini…
Quando ero bambino e la mia famiglia abitava, sino al 1964, nella stessa casa che era stata dei miei nonni Mastru Petru Giordanu e ‘Ntonetta De Crescenzu, al civico 67 di Corso Garibaldi, avevamo un’entrata secondaria dal Rione Burgu (via Cavour). Da li spesso uscivo ed entravo, in quella strada giocavo a pallone con i miei coetanei vicini, lì sentivo gridare alcune mamme rivolte ai figli più piccoli di me, che reclamavano libertà a suon di gridate:
T’abbàca m’arraggi, ti dissi ca pe’ ffora non nesci !
Mi viene in mente un’espressione tipica di mia madre rivolta a me, che la indisponevo con la mia pigrizia, scaricandomi delle piccole incombenze:
“Figghju nd’hai abbàcu e cori sanu! “
=========================================================================
Abbentàri, avere riposo, avere tregua, fermarsi.
G. B. Marzano (1845-1902) sostiene che abbentàriderivi dal latino adventare, adventus (arrivo, venuta); parola collegata all’Avvento, celebrato dalla Chiesa cattolica e cioè le settimane che precedono il Natale di Nostro Signore: tempo di penitenza, di stasi.
Frase tipica in dialettu cincrundisu con questa parola:
eu pe’ l’amuri toi no nd’aju abbèntu !
abbenta nu’ pocu e ven’assèttati ccà cu mia !