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Rieccoci con la nostra periodica rubrica dedicata al dialetto cincrundiso e alle parole scomparse o che stanno per farlo. Oggi pubblichiamo il primo elenco di una serie di parole che cominciano con la lettera N. Molti di questi termini hanno una particolare caratteristica: ‘nascondono’, diciamo così, all’inizio una i, che non viene pronunciata e nemmeno scritta, ma è sottintesa. Per esempio ‘ncugnari (che significa: spingere, pressare, far entrare per forza) e altre simili. E’ una questione di pronuncia soprattutto come i cincrundisi sanno bene. Buona lettura
di Mimì Giordano
‘Na: sta per una ( articolo indeterminativo)
Naca: culla, ma anche dondolo
Nacanàca: in modo traballante. “Oh cumpari Micu, mi pari ca ‘sta seggia vaci nacanàca…”
Nacàtula: biscotto dolce del eriodo carnevalesco ma anche natalizio. Si chiama così perché l’intrecciatura della pasta, che, una volta fritta, è un dolce gustosissimo, ha la forma di culla (naca). Oggi le nacatule si possono mangiare tutto l’anno e si trovano in tutti i forni e supermercati.
Nasca: naso, narice. Avìri ‘a nasca a la dirta (essere superbo, darsi delle arie)
‘Ncamatu: incantato, stordito, lento, attònito
‘Ncandalijatu: in noiosa attesa
‘Ncandiledha : come una candela sottile che sta per spegnersi. Magro, allampanato. “Cicciu stamatina parìa a morti ’ncandiledha”
‘Ncanìri: Accanire, aizzare, inasprire.
‘Ncannizzari: fare una chiusura, una recinzione con cannicci e canne
‘Ncannolari: inanellare i capelli a forma di cannolo. Si usava acconciare così i capelli, soprattutto biondi, dei bambini e delle bambine.
‘Ncannòlu: Nel cannolo o cannello (forma cilindrica). Da cui la frase carta canta ‘ncannòlu , cioè quanto è scritto è conservato nel cannello. Vale a dire, le parole volano, ma ciò che è scritto rimane. In latino verba volant, scripta manent
‘Ncapizzari: Rimboccare le lenzuola e le coperte ai piedi e ai lati del letto.
‘Ncardasciàtu: legato a sé da una donna o da una situazione poco raccomandabile
‘Ncarnatu: incarnito. Unghia incarnita. Veniva utilizzato questo aggettivo anche per definire una fede politica o calcistica così forte da ritenerla un tutt’uno con la carne, con il sangue.
‘Ncarrocchjari: russare
‘Ncasari: chiudere con accortezza porte e sportelli
‘Ncastagnari: arrestare, trovare il colpevole di un atto delinquenziale
‘Nchjantèdari: cucire la suola interna delle scarpa
‘Nchjmàri: imbastire una cucitura
‘Nciràta: telo impermeabile che si metteva sulle lenzuola del lettino dei bambini o del letto degli ammalati, per evitare che la pipì bagnasse tutto
‘Ncirchjatu: cerchiato, incurvato. Era la condizione ossea e articolare di tanti lavoratori della terra e dell’edilizia. Un tempo con tale condizione patologica dall’INPS veniva concessa la cosiddetta ‘mbàlita (la pensione di invalidità). Oggi è quasi impossibile.
‘Ncocculari : intestardirsi, incocciare, insistere senza remissione
‘Ncòmmitu: incomodo, disturbo. “Cumpari Peppi, perdunatimi pe’ lu ‘ncòmmitu chi vi dezzi…”
‘Ncufatu: sfiancato, slombato. Si usava così definire un guaio muscolare dei bambini. E si avvertiva chi li teneva in braccio: “Statt’attenta nommu ‘ncufi ‘u figghjolu…”
‘Ncugnari: premere, comprimere, ma anche insistere per eliminare… il prodotto interno lordo (la cacca)
‘Ncugnettari: mettere in salamoia sotto pressa, soprattutto i melangiani
‘Ncùjina : incudine. Da cui la frase: “quando si‘ ‘ncujina statti e quando si’ martedhu abbatti..”. Vale a dire: quando le cose ti sono contrarie, subisci; quando ti vanno a favore, batti, colpisci, cogli il momento.
Ciao caro Mimi
Grazie per il tuo impegno. Quante belle cose ci fai ricordare …. Queste parole scomparse !!!