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                                                    Agostino Pronestì 

Oggi parliamo di Agostino Pronestì e del suo storico bar dello sport, rimasto aperto per decenni nella seconda metà del secolo scorso. Si trovava di fronte alla farmacia Manferoce, proprio all’inizio di via Roma, la strada che conduce ad Anoia. Era un locale neanche troppo grande, poco illuminato, ma pieno pienissimo di vitalità. Parliamo di un tempo in cui non c’erano telefonini e social, e per gli sportivi quello era un luogo di incontro. 

   

Nella foto, Agostino Pronestì è al centro con la camicia bianca, al suo fianco (con la barba) si riconosce Mimì Giordano;             sulla destra vestito di nero si riconosce il sacerdote padre Salvatore Gangemi. Sulla destra, seduti al tavolino,  Garibaldi Creazzo e  Raffaele Giacomo Jeraci. Al cdentro seduto Mimmo Galatà, in piedi da sinistra Mario Longo e Fausto Pronestì

Dentro quel locale, il servizio di caffè e bibite era un accessorio, in secondo piano rispetto all’interesse dei clienti per lo sport e il calcio in particolare. I ragazzi trascorrevano tanto tempo al bigliardino, i più grandi seduti al tavolino giocavano a carte, altri sfogliavano i quotidiani e le riviste sportive, altri ancora sognavano, alle prese con il totocalcio e la speranza di acchiappare la fortuna e diventare milionari. Tutti discutevano di sport. Quel luogo era infatti una fabbrica di informazioni, chiacchiere, sfottò  e polemiche sugli avvenimenti sportivi, una produzione a cui partecipava attivamente lo stesso Agostino, grandissimo appassionato di calcio. Lui era stato un giocatore della Cinquefrondese in gioventù, come titolare del bar aveva anche creato una squadretta con cui partecipava ai tornei cittadini. E nel bar teneva in bella vista tutti i trofei conquistati in paese. 


Fosse stato per Agostino, il bar sarebbe rimasto aperto 24 ore su 24, tanta era la sua passione per quel mondo. Lui tifava accanitamente per la Juventus e i tifosi bianconeri lì dentro erano di sicuro la maggioranza, ma c’era spazio e amicizia per tutti, perchè Agostino era un brav’uomo, sapeva accogliere, aveva i modi giusti con chiunque, anche se talvolta lo facevano arrabbiare e lui alzava la voce. Nel suo locale, per quanto non di grandi dimensioni, si vedevano pure le partite alla tv. E si respirava calcio, sempre a tutte le ore, anche d’estate quando i campionati erano fermi. 

Agostino era il papà di Fausto Pronestì, per lunghi anni apprezzato calciatore della Cinquefrondese, piccoletto di statura, correva come un furetto, all’ala destra era imprendibile, ha regalato tante soddisfazioni ai tifosi. 

    Agostino Pronestì, il terzo in piedi da sinistra, con i ragazzi della squadra del suo bar

Il bar di Pronestì non fece arricchire il suo proprietario, ma fu un’isola di felicità tutta paesana, direi all’antica, per il titolare e tutti quelli che lo frequentavano. Lì  si stava bene, pur in mezzo a nuvole di fumo e alla confusione creata dai bigliardini e dai giocatori di carte. Un pezzo della gioventù di Cinquefrondi, di ogni tempo, ha albergato a lungo in quel locale. 

    In questa foto degli anni ’70, la squadra del bar sport festeggia la vittoria di un torneo cittadino


Oggi presentiamo un originalissimo ricordo di Agostino Pronestì nel 1967. Lo firma Mimì Giordano, che da giovane fu un abituale freqentatore di quel locale.

di Mimì Giordano

A darmi lo spunto a scrivere di Agostino Pronestì e del Bar dello Sport sono stati i ricordi, che in questi periodi di particolare densità emotiva riaffiorano più frequentemente. Ci si raccoglie con sé stessi, mente e cuore si impegnano a sfogliare il libro della memoria. Io l’ho fatto pure, nei giorni successivi alla morte di Peppino Belcastro e a quella del ricordo di Peppino Scicchitano apparso su questo blog, pochi giorni addietro. 


                     Foto di gruppo al club Juventus



Entrambi erano juventini ed entrambi amicissimi di Agostino Pronestì, anzi Peppino Belcastro ebbe la sua pregiata sartoria a pochi metri del Bar dello Sport. Sfogliando la pagina del libro dei ricordi mi sono fermato al 1967 e, ad un certo punto, era mezzanotte, mi sono addormentato e sognavo,sognavo….

Peppi Burzesi – Roghàgghju- ‘u barveri tifosu di lu Torinu, nchjanava di lu saloni soi,ntra la via Roma versu lu barri d’Agustinu. Lu stava aspettandu, cu Tuttosport ‘ntra li mani, Cicciu Misiti -“Baraunda”, puru idhu malatu di lu Torinu. A ‘nu corpu, di la calata di la Stazzioni cumpariru Don Vicenzu Barilà- lu “Capu Stazzioni” cu Melu Sciarroni,tifosi di la Juventus. Cu idhi ‘nc’era Don Vicenzu Dattolu, puru idhu di li Calabru-Lucani, lu chhjù anzianu di tutti,’ nu bravissimu cristianu chi era origginàriu di retu marina,di Biancu, ‘ncànitu jocaturi di carti. Trasiru ‘ntra lu Barri di lu Sport e s’assettaru mu si fannu ‘na briscula. A ‘ nu certu puntu Melu nci dici a lu Capu ” Capu, mentìti ‘nu carricu di undici,ca se Baraunda passa lu tri, nci lu fazzu fracanìa”. Cicciu Baraunda passau daveru lu tri e Melu dezzi ‘nu corpu accussì forti cu l’assu ‘ntra la manu supa lu tavulinu chi…….mi svegliò dal sonno e dal sogno.

Ridestato, sono tornato al ricordo cosciente del 1967 e….dintorni. Agostino Pronestì e il bar dello sport assumono per me in quell’anno un significato particolare. Agostino, che era del 1912, nella vecchia squadra U.S. Cinquefrondese dei primi anni ’30 e il cui capitano non ricordo se fosse Tommaso Manferoce o Luigi Albanese, giocava all’ala sinistra; vi giocava anche mio padre e naturalmente erano tutti amici. 


Veduta di via Roma a Cinquefrondi, anni ’60. Sul lato sinistro della strada,  la farmacia Manferoce; di fronte il bar di Agostino Pronestì



Agostino Pronestì verso di me, verso Michele Manferoce e verso Rino Macedonio dimostrava un affetto paterno. Lui era sempre alla prese con le schedine del Totocalcio e curava con precisione e meticolosità tutto quanto competeva al gioco.Quanta nostalgia di quelle schedine,della dìsputa sui pronostici, della speranza di vincere….Michele e Rino erano attaccatissimi a suo figlio Ennio e anche a Fausto,che giocava bene al calcio e amava la Juve. Agostino era provato dalla vita, aveva perso una figlia in tenera età, sofferente di una grave malattia congenita, ma era un uomo forte. 


Un gruppo di amici frequentatori abituali del Bar di Pronestì: da sinistra  Turi Mazza, Ettorino Sibio, Vincenzino Tropeano, Mimì Giordano ,Mimmo Politanò (residente in Liguria da 50 anni) e Mimmo Galatà (‘u romanu), scomparso qualche anno addietro.




Il 1967 fu l’anno di tante cose all’interno della vita del bar : calcio, biliardino, musica beat, moda beat. Fu l’anno di un inatteso e insperato scudetto della Juventus all’ultima giornata di campionato ai danni dell’Inter e fu festa grande dopo tanti anni di astinenza, con il bar colmo di juventini di tutte le età. Fu l’anno dell’apertura del Club della Juventus intitolato a Gianpiero Combi, portentoso portiere della Juventus dei 5 scudetti degli anni ’30 e della Nazionale. 


In questa vecchissima foto della Cinquefrondese, si riconosce Pronestì, è il penultimo a destra, in basso; il secondo da sinistra in basso è Tommaso Manferoce; mentre il settimo in alto , da destra, è Luigi Albanese.



Il ricordo più bello che ho di questo particolare fu l’affresco del simbolo della Juve e  delle zebre sul muro dei locali del club ad opera di Michele Manferoce,che aveva 15 anni, aiutato da Rino che ne aveva forse uno in più. E poi c’era la Pro-Juve, la squadra del club che partecipava ai tornei paesani, nella quale primeggiavano Michele Manferoce e Fausto Pronestì. 


Fausto Pronestì, figlio di Agostino, e per lunghi anni calciatore della Cinquefrondese


Il 1967 fu l’anno anche di un interminabile torneo estivo di biliardino, passatempo molto comune in quegli anni. A giocare bene, fra gli altri, c’ero pure io ed anche Tonino ‘u Villeri’ e Peppe Barillaro, che scherzosamente chiamavamo ‘Provagadhini’, entrambi accaniti tifosi del Milan, come Michele Raso detto ‘Spic&Span’, Nicolino Longo ‘Tarpa’ altri frequentatori del Bar. Vi ci ‘abitavano’ giornalmente anche Mario Longo ‘Tarpa’, fratello di Nicolino, che però era acceso tifoso dell’Inter, Totò Borgese, tifoso della Juve e  Rafelino Guerrisi -detto ‘Faccia d’angelo’- che era il più piccolo fra noi e al quale lo sport non interessava per niente; a lui interessava soprattutto la musica. Appunto, era il tempo della musica beat e dei Beatles. Fausto comprò al mercato un berretto tipico che portava uno dei Beatles, lo indossava e ce lo passava anche agli altri due o tre amici che assieme a lui ci recavamo a piedi a Polistena a fare i beat’s


                                                              Ennio Pronestì, l’altro figlio di Agostino


Poi fu il tempo dei pantaloni “alla Celentano”, stretti sopra e molto larghi sotto,bicolori. E noi scimmiottavamo anche questa moda. Io, che ero grassottello, avevo raccolto dei risparmi e mi ero fatto cucire dal caro Peppino Belcastro un pantalone di questo tipo di colore beige con le tasche rifinite color petrolio. Facevo ridere vestito in quel modo, ma cercavo di dissimulare la timidezza con queste trovate. Quando Agostino ci vedeva uscire conciati alla beat’s, se la rideva


A rallegrare la vita di quell’esercizio pubblico, con la sua simpatia, c’era la presenza di una vera e propria mascotte del bar stesso, una carissima persona con la sindrome di down, cresciutasi nel bar perché ci abitava accanto e al quale Agostino e tutti noi frequentatori del bar eravamo affezionati come fosse un fratello. Era Ciccio Ieranò. Ma di Ciccio e di altri aneddoti della vita del Bar dello Sport spero che che ne parli qualche altro compaesano, vicino o lontano. Io finisco qua e rivolgo un pensiero affettuoso alla memoria di tutti quei compaesani e amici che ho citato e che non sono più con noi e mi scuso con quelli che  non  sono riuscito a citare per esigenze di spazio.


Foto di Rino Macedonio, Archivio Storico Tropeano, Mimì Giordano

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