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Martedì 20 giugno a Cinquefrondi è stato il giorno della Marcia della pace. Promossa dal Comune guidato al sindaco Michele Conia, in collaborazione con la rete dei comuni solidali e altre realtà associative, sono convenute nel nostro paese alcune centinaia di persone che, in corteo, hanno attraversato le vie principali di Cinquefrondi e poi si sono radunate in piazza per ascoltare gli interventi di alcuni dei protagonisti di questa giornata. La serata si è conclusa con il concerto di Eugenio Bennato, un artista che non ha certo bisogno di presentazioni e che in Piazza della Repubblica ha entusiasmato la folla presente.

Al corteo, nonostante il caldo afoso, hanno partecipato oltre ai cinquefrondesi e ai sindaci di molti paesi vicini, anche giovani e adulti provenienti da realtà geografiche diverse e molto lontane, talora pure ideologicamente lontane, perchè la pace è una parola di forte richiamo, e nessuna persona di buon senso può dirsi non favorevole alla pace. C’erano vecchi e nuovi comunisti e socialisti, cattolici, agnostici, gente di altro credo o di nessun credo. Se si scende in piazza per la pace, tutti siamo per la pace, ed è giusto e bello così.

Certo, bisogna intendersi sul significato pieno della parola pace, perchè l’eccesso di ideologismi può giocare qualche scherzo. Se è vero ad esempio che il giornalista Michele Santoro, peraltro già europarlamentare di sinistra, che non ha mai nascosto le sue opinioni politiche, riesce a fare un lungo intervento dimenticandosi di ricordare che oggi la pace nel mondo è messa in pericolo soprattutto da un pazzo che si chiama Putin; un pazzo che, come Hitler ai suoi tempi, ha deciso di invadere un paese sovrano come l’Ucraina, ecco, se ci si dimentica di spiegare chiaramente questo semplice dato, allora sorge una domanda: per quale pace si parla o si manifesta ? 

La pace non è solo assenza di guerra militare, la pace è presenza di giustizia e di spazio e libertà per tutti. Siamo tutti per la pace, ma se ai tempi di Hitler i paesi occidentali non si fossero messi assieme, armi alla mano, mandando i loro giovani a morire per l’Europa soggiogata dai nazisti e dai fascisti loro alleati, oggi non saremmo qui a discuterne.

Noi tutti speriamo che Putin ritiri le sue armate dall’Ucraina, che accetti le richieste che gli vengono da mezzo mondo di trattare la pace. Tutti speriamo che almeno il tentativo di mediazione del Papa possa aprire spiragli positivi, e far tacere le armi e tornare ad abbracciarsi come fratelli. Ma per  fare un accordo di pace bisogna essere in due, e finora il capo degli aggressori non vuole nemmeno sedersi e parlarne. Quindi ? marciamo sì, ma per una pace che non sia resa al prepotente e al più forte e al più cattivo. Poi ciascuno è libero di essere filoamericano o filorusso o filoeuropeo o semplicemente filoitaliano o quel che gli pare.

Tuttavia, nonostante le sparate di Santoro, vogliamo dire che la marcia per la pace è stata un gesto assai importante, perchè non parlare mai di pace, o lasciare l’argomento nel dimenticatoio, può avere conseguenze molto negative, ci sono generazioni di italiani che la pace se la sono ritrovata come regalo dai loro nonni e bisnonni. E non ne riconoscono il valore. Per questa nostra pace, che si coniuga insieme con libertà e giustizia, e che noi certo non ci scambieremmo mai ad esempio con quella dei cittadini russi  o di altri paesi dove vige una dittatura, a milioni ci hanno rimesso la vita.

L’amministrazione comunale e il sindaco Conia fanno dunque bene a mobilitare le persone, distogliendole dal nulla pneumatico in cui spesso in tanti, troppi, si ritrovano: sul divano a guardare la tv o con il telefonino in mano a giocare con i social. C’è anche molto altro nella vita, c’è anzitutto il bisogno di promuovere una continua educazione alla pace e alla vita, alla solidarietà e all’amicizia fra le persone, al rispetto di tutti, a cominciare da quelli che la pensano in un modo diverso. La gente va svegliata dal torpore che sembra diffondersi sempre più, e per questo va dato atto al sindaco Conia di mettercela tutta a smuovere le acque, sia pure dal suo punto di vista che a volte può non essere condiviso. Male, molto male, a mio avviso, fanno invece quanti non propongono nulla, non creano nulla e sul nulla sembrano seduti,perchè non costruiscono pace e futuro,anzi non costruiscono proprio niente

Per una cronaca più accurata e soprattutto per le voci di questa bella giornata cinquefrondese, colorata dall’allegria di tanti giovani, ai quali soprattutto appartiene il futuro, mi sembra utile proporre qui un bellissimo articolo pubblicato dal Quotidiano del sud e scritto da un giovane giornalista cinquefrondese.

 

 

di Giuseppe Campisi

Cinquefrondi – Scegliendo di svolgere la “Marcia nazionale della Pace” nella significativa “Giornata mondiale del rifugiato” gli interventi che si sono susseguiti dal palco non potevano non rimarcare l’idea di fondo per cui “non c’è una via per la pace ma la pace è la via” respingendo la logica del “fare profitto che ci toglie il futuro, perché la povertà non può essere una colpa”. «È importante essere qui perché la pace è un valore universale, vuol dire vita» ha sottolineato il parroco della città, don Serafino Avenoso, preceduto dagli ospiti della coop Sankara che hanno spiegato l’importanza della fratellanza e le motivazioni che spingono molti di loro a lasciare tutto e scappare rischiando la vita. E mentre le voci innocenti dei bambini di una scuola d’infanzia invocavano la pace con una filastrocca, l’intervento di don Pino Demasi, in rappresentanza di Libera e don Luigi Ciotti, rifletteva che «sui migranti non ci dobbiamo commuovere ma muovere nella corresponsabilità» per accorciare il divario nord/sud del mondo. L’ANPI ha evidenziato la necessità di indire “una giornata di lutto nazionale a livello europeo per i morti in mare” per quella che è stata definita “una vera e propria vergona a cui bisogna mettere fine” mentre per il leader di Unione Popolare, Luigi De Magistris «c’è bisogno di una rivoluzione popolare non violenta per la pace – perché – dal sud del mondo può venire il cambiamento». La storica bandiera del PCI calabrese, Peppino Lavorato, ricordando che già negli anni ’60 la Piana manifestava per la pace con la “Marcia tra gli ulivi” guidata da Argiroffi e Tropeano ha esortato la sinistra reggina, figlia delle lotte bracciantili, a «ritornare tra la gente e i suoi problemi». Il sindaco Michele Conia, soddisfatto per la riuscita della manifestazione, ha chiarito come vi sia «necessità di fare rete per far cessare il fuoco ovunque vi sia nel mondo se si vuole garantire a chiunque di vivere il proprio territorio in pace» definendo quello delle migrazioni forzate «un processo di necessità». Delle guerre come «oppressione dei ricchi verso i poveri» ha ragionato il giornalista Ilario Ammendolia spiegando che «il valore delle generazioni si concretizza attraverso la presenza nelle piazze confrontandosi sui grandi temi come quello della pace a cui non c’è alternativa e partecipare non è mai tempo perso». L’atteso intervento del comunicatore Michele Santoro ha, infine, elettrizzato la piazza curiosa di ascoltare, dal vivo, le tesi del teletribuno che non si è certo risparmiato riservando critiche e sferzate polemiche contro il sistema sovraordinato indicato come “il comitato dei grandi affari del 5%” che avidamente alimenta le proprie ricchezze a discapito del restante 95%, «cioè di tutti noi». Galvanizzato dalle bandiere della pace sventolanti in piazza, Santoro ha lanciato la sua fatwa contro gli “ecocidi” prodotti dalla guerra in Ucraina stigmatizzando l’operato dell’informazione globale «che ci convince che un vincitore ci deve essere». «Ci dicono che andrà tutto bene, ma per chi?» si è domandato sarcasticamente il sagace giornalista puntando il dito contro l’élite «che si è arricchita in due anni passando da 700 a 1500 miliardi di dollari» passando poi ad esplorare il pedigree politico di Putin, successore di Yeltsin, trasfigurato da potenziale pedina utile all’occidente ad autocrate nazionalista. «I dittatori nascono quando le società si frantumano e si dividono» ha proseguito nel suo lungo intervento teso ad illustrare le pericolose mire espansionistiche militari della Nato «sempre più vicine a Cina e Corea» favorendo «una guerra che è, di fatto, una cortina tra la Russia e l’Europa» con quest’ultima «messa in ginocchio dagli americani che vi hanno esportato i loro interessi geopolitici». Sperando nel ritorno sulla scena politica dell’Italia costituzionalmente pacifista, Santoro, in conclusione, ha aperto alla possibilità di dare vita ad una forza (politica?) che «possa dare speranza alla gente più umile per evitare che si converta all’autoritarismo».

(foto tratte dalla pagine fb dell’Amministrazione comunale)

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