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Nel 1943 le forze alleate angloamericane giungono a Cinquefrondi. In Italia il regime fascista è allo sbando, i nazisti si ritirano precipitosamente verso nord, la liberazione si fa più vicina. Il comandante della guarnigione militare sotto cui ricade la nostra cittadina è il Capitano Allen M. Schauffler. I militari americani allestiscono il loro quartier generale nel palazzo rosa del commendatore Galluzzo in via Roma, come ricorda ancora oggi la signora Letizia Antonietta Ieranò che abitava lì vicino.
Arrivando in paese con il suo battaglione di soldati, l’Ufficiale si aspetta di trovare un disastro, invece dopo alcune settimane di indagini annota nel suo taccuino che le cose sono assai diverse da come immaginava: il Podestà Francesco Pasquale e il segretario comunale Domenico Reitano sono “onesti e capaci“, Cinquefrondi è una cittadina “pulita e ben organizzata”, acqua di “buona qualità” scorre nei rubinetti delle case, e tante altre cose che leggerete più avanti.
Il cap. Schauffler quindi invia al Comando Alleato una relazione preliminare sulla vita nel Comune di Cinquefronte proponendo ai superiori una cosa davvero sorprendente e che nessuno si aspetta, viste le circostanze: cioè, non solo non mette agli arresti l’avv. Pasquale e il segretario Reitano (in quel momento i capi del paese), ma addirittura propone ai suoi superiori che il Podestà fascista resti al suo posto e continui a governare il paese, perché va bene così.
Questa eccezionale, e finora inedita scoperta è stata fatta da Francesco Tropeano, medico e cardiologo molto apprezzato a Cinquefrondi e dintorni, nonchè appassionato studioso di Storia e storie cinquefrondesi.
Tropeano dopo una lunga ricerca ha messo le mani su alcuni microfilm e documenti, non più secretati, conservati nell’archivio di guerra del Governo degli Stati Uniti d’America, e vi ha trovato inaspettate informazioni su quanto accadde realmente a Cinquefrondi nei tempi convulsi che segnarono la fine del Ventennio fascista e poi l’inizio dell’età repubblicana.
Oggi proponiamo ai nostri lettori la prima parte del racconto di Tropeano, che prende le mosse dall’arrivo delle truppe angloamericane in Calabria nel 1943 e dei bombardamenti nella PIana che sfiorarono pure Cinquefrondi; il medico-storico ricorda inoltre le prime battaglie sul campo, la ritirata tedesca, e si sofferma soprattutto sulla testimonianza del cap. Schauffler sulla vita del nostro paese. Buona lettura
Le truppe alleate a Cinquefrondi nel 1943
Quando l’acqua del rubinetto era di “good quality” (e non costava l’ira di Dio)
di Francesco Tropeano
Le incursioni aeree sulla Calabria iniziarono il 20 febbraio 1943, quando gli Alleati, potendo disporre delle basi del Nord-Africa, utilizzarono i cacciabombardieri americani, «più adatti per attacchi tattici su bersagli limitati», per colpire gli aeroporti, gli scali ferroviari e i centri abitati della Calabria e della Sicilia.
In quello stesso giorno alle ore 17.25 si ebbe la prima operazione sulla piana di Gioia Tauro. Furono danneggiati Cittanova e Gioia Tauro. Il bombardamento provocò 45 morti e molti feriti, oltre alla distruzione di diversi fabbricati. Ai primi di Settembre 1943, l’8ª Armata britannica si apprestava a sbarcare sulla costa calabrese dando così avvio all’Operazione Baytown (comandata dal famoso generale Montgomery) .
Alle 5.40 del 4 Settembre sbarcarono sulle nostre coste due divisioni dell’8ª armata (una inglese e una canadese), con mezzi anfibi partiti direttamente dalla zona di Catania perché il porto di Messina era impraticabile. Incontrarono scarsa resistenza e già Il primo giorno di battaglia le forze dell’Asse perdevano il controllo di Reggio Calabria, Villa S. Giovanni e Melito di Porto Salvo.
Le divisioni tedesche arretrarono fino alla Piana attestandosi tra Cittanova e Gioia Tauro. E’ proprio del 6 Settembre la strage di Rizziconi quando col pretesto di una bandiera bianca issata sul campanile della Chiesa, le truppe della Wermacht bombardarono il paese. Le cannonate durarono diverse ore, dalle 14 alle 16 e dalle 18 fino all’alba: 17 morti (di cui tre bambini e cinque ragazzi) e 56 feriti fu il tragico bilancio. Poi arrivò l’ordine di ritirarsi verso nord .
La notte successiva altro sangue sarà versato sulle nostre terre. Il battaglione paracadutisti Nembo si scontra con la divisione canadese: è la battaglia dello Zillastro, altopiano tra Oppido e Platì. Il rapporto tra le forze era oltremodo impari (1:12) a favore dei canadesi. Tuttavia i paracadutisti furono i primi ad attaccare col proposito di vendere cara la pelle, combatterono strenuamente, ma lasciarono sul terreno sei morti oltre numerosi feriti, i prigionieri furono 57.
Intanto Cinquefrondi era semideserta, la popolazione era “sfollata” e viveva da mesi nelle campagne, mentre nelle principali vie del paese torreggiavano i cannoni della contraerea tedesca. Per fortuna tutto si risolse relativamente in poco tempo e la ritirata tedesca lasciò le macerie del ponte sullo sciarapotamo fatto saltare con una carica così forte di dinamite che arrivarono massi fino a ventriconi. Iniziava così l’occupazione anglo-americana, che in fondo era solo un protettorato. Rimasero in piedi tutte le autorità civili ed amministrative, all’inizio addirittura con lo stesso podestà fascista.
In verità gli occupanti rimasero non poco sorpresi nel ritrovarsi in una cittadina civile, istruita, ordinata e complessivamente moderna. Il 13 Settembre 1943 il Capitano Allen M. Schauffler invia al Comando Alleato una relazione preliminare sul Comune di Cinquefronte.
L’originale di questo documento è conservato a Washington e fa parte dell’archivio militare americano desecretato durante la presidenza Obama. In questo archivio sono conservati ulteriori documenti riguardanti quel periodo di cosiddetta occupazione militare. Il rapporto inizia con brevi cenni demografici ed esamina analiticamente, punto per punto, tutti gli aspetti salienti del nostro paese. A partire dalle autorità fasciste che finora avevano governato. Sorprendentemente, ma non tanto, sono lusinghieri i giudizi sul Podestà Pasquale e sul segretario comunale Domenico Reitano: “Entrambi sono considerati abili ed onesti” .
Si passa alle forze dell’ ordine: un maresciallo, 3 carabinieri e 4 guardie municipali. “ Al podestà è stato dato il potere di nominare altri poliziotti, se necessario, e di comandare tutte le forze dell’ordine” – aggiunge il capitano Schauffler.
Per quanto riguarda il cibo erano stati distribuiti dagli Alleati già 60 quintali di patate e piccole quantità di cereali e verdure, più la farina dell’esercito occupante. Si stima anche il fabbisogno ammontasse a 10,5 – 11 quintali al giorno.
L’acqua scorre nelle fontane, abbastanza da durare fino alla pioggia. La qualità è buona. La luce elettrica funziona per diverse ore al giorno. C’è una scuola elementare in un edificio ampio e moderno, adesso chiuso fino a nuovo ordine. Esiste una Pretura che ha giurisdizione su Cinquefrondi ed altri 12 paesi, è presente un giudice. I registri sono intatti e sotto chiave. Le chiese sono 4 con un arciprete e due sacerdoti che collaborano volentieri.
Il carcere è grande, pulito e ben tenuto, ha una capienza di 80 persone e serve questo paese ed altri 12 del comprensorio. Si dice, afferma Schauffler, che prima del nostro arrivo siano fuggiti una cinquantina detenuti; ne abbiamo trovati 34; dopo un’indagine approfondita ed un controllo davanti al giudice locale, 18 sono stati rilasciati, 10 saranno inviati a Reggio e 3 a Palmi per essere processati. C’è una tipografia con torchio manuale, non vengono stampati giornali. Le Poste sono chiuse dal 10 Settembre per ordine del podestà. In cassaforte erano presenti 13.066 lire più una busta di monetine;12.298 lire in francobolli ed 11.851 lire in bolli di assicurazione. Ufficio sporco e mal gestito.
Sanità: ospedale più vicino Taurianova ( 10 Km); salute generale eccellente, pochissima malaria ed altre malattie. Ci sono bravi dottori. Prostituzione: non ci sono case chiuse né alcuna prostituta professionista. Prezzi e salari : sono mantenuti a livello preinvasione. I salari dei lavoratori sono troppo bassi e dovranno essere aumentati. C’è un hotel, capienza 5 posti letto. Scadente. Le tasse sono state riscosse come al solito, le prospettive qui sono migliori che in Sicilia. Mezzi di trasporto: due grandi camion con capacità superiore a 5 tonnellate ciascuno, un altro camion è in riparazione. Undici autovetture appartenenti a funzionari provinciali sono stati inviate, con i proprietari, a Reggio. Una piccola autovettura è utilizzata da AMGOT (il governatorato militare alleato) mentre altre 4 o 5 potrebbero essere riparate se fossero disponibili pneumatici e batterie. La popolazione e tutti i funzionari sono stati molto cordiali e collaborativi; il paese è pulito, attraente e generalmente ben governato da uomini abbastanza capaci. L’unico problema è il cibo, problema comune in tutto il distretto.
Il rapporto del capitano Schauffler non poteva essere più generoso verso la nostra comunità; forse contribuì a spendere una buona parola anche il mio nonno materno, Francesco Petullà, appena rientrato dopo oltre 20 anni di Stati Uniti e subito cooptato come interprete nello staff del capitano. Certamente gli angloamericani non erano stupidi: perché introdurre dei cambiamenti in una situazione che si dimostrava tranquilla e collaborativa?
Ma quando questo rapporto lascia le scrivanie militari e si posa su tavoli politici succede il putiferio. Ne parleremo ancora…
Complimenti dott. Tropeano
Desidero iniziare questo mio commento alla pagina di storia dell’anno 1943 che Franco Tropeano racconta dal nostro e del nostro paese, ma che fuori da esso fu prima drammatica e poi intrisa di tragiche giornate. Raccontarla come fa Franco, seppur con notizie e particolari attinti da fonti archivistiche militari, contribuisce a creare un alone quasi aneddotico,invero clemente verso gli invasori, divenuti poi “i liberatori” per la storiografia ufficiale. Quanto avvenuto in Calabria è legato a quanto subìto dalla meravigliosa terra di Sicilia. Lì sbarcano gli anglo-americani tra il 9 ed il 10 luglio del 1943. Facciamo attenzione alle date, alla cronologia degli eventi di quei giorni drammatici che si rivela essenziale per comprendere cosa avvenne prima e dopo il 25 luglio del 1943, quando il regime cadde e il suo capo dopo qualche giorno venne arrestato per ordine del Gen. Pietro Badoglio,nuovo capo del governo. “Quando sbarcheremo di fronte al nemico, non esitate a colpirlo…Non mostreremo pietà…il bastardo cesserà di vivere. Avremo la nomea di assassini! E gli assassini sono immortali” Con queste parole il generale americano George Patton incitava i suoi soldati nel luglio del 1943. Per chi non avesse capito, i bastardi erano i soldati italiani. Gli anglo-americani estendono le minacce e le azioni anche sui civili, così Patton e il generale inglese Montgomery danno inizio all’operazione Husky. Inizia il battesimo di fuoco per migliaia di soldati della 45esima Divisione della Fanteria USA, esaltata da alcol e anfetamine. Scrive Fabrizio Carloni, giornalista e saggista ” Nella primissime ore dello sbarco, a Gela uccisero senza motivo una giovane donna con i suoi due bambini e nel pomeriggio fu messo al muro e fucilato a sangue freddo il podestà di Acate (RG); accanto a lui c’era il giovanissimo figlio, che venne a sua volta trucidato con un colpo di baionetta alla gola”. Nello stesso tempo, sempre a Gela, avevano fatto una carneficina di 12 carabinieri che si erano appena arresi. Quattro giorni dopo, all’aeroporto vicino ad Acate, per iniziativa del capitano Compton e del sergente West, della medesima Divisione, furono spogliati, derubati e fucilati 70 prigionieri. Carloni conclude raccontando che fra Gela, Acate (RG) e Vittoria (RG), gli anglo-americani consumarono atti di odio profondo verso gli italiani. Il 13 luglio, in località Piano Stella, nei pressi di Caltagirone, dove si era realizzato un primo atto della lotta al latifondo con l’assegnazione di poderi e case coloniche, sette coltivatori, estranei a vicende di guerra, furono prelevati dalle loro case e uccisi senza motivo. “Un’ennesima strage la fecero a Canicattì_-afferma Fabrizio Carloni- dove il colonnello Mc Caffrey sparò su alcuni disperati che stavano rubando qualcosa da mangiare in uno stabilimento alimentare. Persero la vita sei adulti e una bambina. Nonostante i tentativi di insabbiamento del generale Patton, le indagini avviate dopo qualche anno su quanto era stato commesso, accertarono che vi furono stupri e saccheggi dei soldati anglo-americani”. Non si può sottacere il contesto e la cronologia in cui cotanta tragedia si consumava anche fuori dalla Sicilia. Il generale Badoglio il 28 luglio 1943 dichiarava in Roma la legge marziale, il coprifuoco e faceva arrestare il capo del fascismo. Nello stesso tempo dichiarava via radio “La guerra continua accanto al nostro alleato tedesco”. Il 12 agosto gli anglo-americani sganciano su Milano circa 2000 tonnellate di bombe, facendo un massacro, colpiscono anche un asilo infantile a Gorla, uccidendo bambini, insegnanti e personale; il 13 agosto sganciano centinaia di tonnellate di bombe su Roma, facendo un altro massacro. Ed infine il massimo del doppio gioco: il 4 agosto del 1943 i diplomatici, rappresentanti del governo Badoglio, avevano incontrato i generali americani per concordare l’armistizio e il 15 agosto l’ambasciatore Castellano li incontra segretamente a Madrid. Ma avviene che negli stessi giorni il generale Roatta incontra, invece, il suo commilitone tedesco Rommel e giura solennemente fedeltà all’alleanza con la Germania. Doppiezza, ambiguità. Verrà l’8 settembre a mettere il suo marchio infamante con il Re, la regina e a loro corte, con generali e ministri che abbandonano Roma e scappano a Brindisi con tesori stipati nei camion non prima di aver messo al riparo i propri figli in Svizzera. Lasciano allo sbando l’Italia, gli italiani, i soldati ancora in qualche fronte di guerra assieme agli alleati tedeschi. Si avvicina il disonore dell’8 settembre. E su questa data e su cosa, a mio modesto avviso, provocò desidererei soffermarmi alla prossima occasione. Intanto nella primavera del 1943 gli anglo-americani avevano bombardato Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza, Lamezia terme, Cittanova, Gioia tauro sganciando bombe a bassa quota, mirando a terrorizzare la popolazione civile e non postazioni militari. Fecero migliaia di vittime innocenti. Qualcuno degli alti ufficiali anglo-americani, come racconta Franco, aveva voluto venire a Cinquefrondi dove in fondo furono accolti bene…L’acqua era buona, il paese era pulito, il podestà una brava persona, il segretario comunale pure. Ieri come oggi, sempre pronti a fare e dire come desiderano gli yankee
Grazie a chi si adopera per “rispolverare” la storia locale o parte di essa. Grazie al dottore Tropeano, grazie a Mimì Giordano e grazie a Francesco Gerace che cura in maniera eccellente questo blog riportando alla luce storie di luoghi e persone oltre che aneddoti del posto.
Il giudizio personale passa sempre attraverso la lettura e l’ascolto di scritti ed opinioni provenienti da diverse fonti.
È comunque splendido che, grazie ai moderni strumenti di comunicazione social, si riporti all’attenzione di tutti un periodo della storia.
La storia locale, questa sconosciuta e dimenticata materia praticamente inesistente nelle scuole e che, se non ci fossero persone come Franchino, Mimì, Francesco, continuerebbe a riposare nei cassetti fino a perderne le tracce.
Io stesso, e oramai mi considero un quasi anziano, non conoscevo questa parte della storia locale e li ringrazio tutti, ma non posso non addebitare la mia carenza all’assenza totale di attenzione da parte delle scuole verso questo tema sin da quando io stesso le ho frequentate.
Continuate a farci sapere e, magari, organizzate anche dei confronti pubblici che possano essere lasciati con le registrazioni multimediali moderne, nella rete internet che tanti lati negativi ha, ma anche tanti positivi.
A chi li vedrà e ascolterà si lascerà il diritto di giudicare.
Grazie ancora
Ringrazio le persone che hanno letto e commentato il mio personale ” reportage”. Un saluto, con affetto a Tommaso, Mimì e Francesco Bonini.
Conosciamo bene, purtroppo, gli orrori della guerra…ma spesso l’uomo se ne dimentica facilmente. Ho volutamente focalizzato su Cinquefrondi quel settembre del ’43, altrimenti se ci occupiamo dell’ universo mondo non finiamo più e perdiamo di vista quella che è, secondo me, la mission del sito. E a Cinquefrondi in quei giorni il clima era euforico, non perché erano arrivati gli americani, ma perché la Guerra era finita. Non era finita una partita di calcio. Era finita la guerra. Era finito l’incubo della sirena, della corsa precipitosa nel rifugio. Era finito quel rombo minaccioso degli aerei che si avvicinavano. Era finito il sibilare penetrante delle bombe sganciate che sarebbero esplose arrivando a terra. Erano finiti quegli ultimi 7 mesi vissuti nei pagliai di Prunia o di Trache’. E poi finalmente centinaia e centinaia di madri potevano sperare di rivedere i propri figli strappati, nel fiore della giovinezza, alle loro famiglie e mandati a combattere in fronti lontani. Per questo quei giorni erano vissuti con grandi aspettative. Per questo accadde tutto quel che accadde e i documenti stanno lì a dimostrarlo. Che avrebbe dovuto fare Pasquale? Rimettersi quel cappottone squadrato e partire moschetto in spalla sulle montagne? Non c’è lo vedo proprio.
Raccolgo l’invito di Franco sulla opportunità di focalizzarsi su Cinquefrondi,anche per quanto riguarda i drammatici giorni dell’armistizio dell’8 settembre.
Vorrei però rimembrare quanto accadde a Roma e ad Acquappesa (CS) in quei giorni.
L’8 settembre 1943, lo stesso giorno dell’armistizio, mentre Frascati veniva bombardata già da cinque giorni dagli anglo-americani, il re VIttorio Emanuele III chiedeva all’ambasciatore tedesco Rahn in visita da lui, di riferire all’altissimo comando tedesco che- testualmente- “l’Italia era legata alla Germania per la vita e per la morte”. Ciò, mentre il generale Badoglio aveva firmato a Cassibile (SR) già il 3 settembre “l’armistizio breve” con gli anglo-americani, occupandosi dopo di mettere al riparo moglie e nuora, che l’8 settembre passeggiavano nella neutrale Losanna. Fu un modo indecoroso di arrendersi, di comportarsi con gli alleati tedeschi e con i propri soldati in Italia e sui fronti di guerra ancora aperti, dove combattevano con gli alleati tedeschi. Sì, è vero che l’Italia tutta – compreso il nostro paese- come scrive Franco, era prostrata da 4 anni di guerra, dal terrore dei bombardamenti del nemico, dalle privazioni. Io penso, però, che un modo onorevole di arrendersi, di deporre le armi, di informare gli ufficiali dell’esercito, di dare direttive ai propri soldati, avrebbe evitato l’abbandono, le diserzioni, le fughe. Io penso anche che comunicare lealmente ai tedeschi l’impossibilità dell’Italia di continuare a combattere, ci avrebbe resi alla fine sconfitti, ma con onore e dignità. La Germania e quel che restava del fascismo non avrebbero potuto non tenere conto che l’Italia non era più in grado di combattere. Invece l’Italia si è arresa di nascosto dall’alleato e ha chiesto al nemico, divenuto amico di rivolgere le armi contro l’alleato. Tutto questo ha una sola parola, in ogni lingua, in ogni parte del mondo, in ogni contesto, fra Stati, fra amici, fra coniugi: tradimento. E il tradimento si paga. Vediamo quanto su una famiglia di Cincrundi si è abbattuto questo atto unico di quelle ore. I soldati, senza ordini, senza direttive, senza comandanti, non vedevano l’ora di fuggire da quell’incubo. E in questa condizione è maturata la tragica fine di cinque militari, tra cui quella del nostro compaesano Francesco Timarchi (o Trimarchi), classe 1908, padre del defunto Michele e nonno dei cari amici Franco e Peppe Timarchi. Quei soldati non erano su fronti di guerra, ultra trentenni erano stati richiamati alle armi ed erano di stanza nella provincia di Cosenza. Furono sorpresi in fuga il 5 settembre nei pressi di Acquappesa (CS) Oltre a Timarchi, gli altri commilitoni erano di Polistena, Cittanova, Gioia Tauro e Sinopoli. Il generale dell’esercito regio, Luigi Chatrian, aostano, dette l’incredibile ordine al colonnello Ambrogi di eseguire la fucilazione in quanto disertori. Nonostante la protesta del cappellano militare, senza alcun senso e alcuna umanità Ambrogi eseguì la fucilazione il 9 settembre. Per questo atto Ambrogi fu rinviato a giudizio e poi amnistiato, mentre per le responsabilità del generale Chartrian, divenuto poi sottosegretario alla Difesa per la DC, non fu concessa dalla camera dei deputati l’autorizzazione a procedere. Alla vedova di Salvatore Di Giorgio di Cittanova raccontarono che suo marito era stato fucilato dai tedeschi e forse anche alla vedova di Francesco Timarchi. Quanto avvenne a causa di ciò che fu considerato tradimento e disonore è una pagina talmente tragica dell’Italia, che senza uno sforzo unanime e condiviso, non si riesce a voltare. Le ragioni per le quali una parte di italiani, di soldati, di giovani, pur senza aver nulla da sperare, in buona fede, credettero di riscattare l’onore perduto dell’Italia, Luciano Violante, Bettino Craxi e Antonio Landolfi, sotto il profilo storico, culturale e umano se le posero. Tant’è che Antonio Landolfi, socialista, negli anni ’90 a Bologna ricordò ufficialmente Beppe Niccolai, nell’anniversario della morte. Beppe Niccolai era stato un volontario della Repubblica Sociale Italiana, prigioniero degli anglo-americani e poi parlamentare. “Un socializzatore nero”