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Alla fine degli anni ‘20 a Cinquefrondi prese a brillare la figura del tenore Michele Longo. Costui era un omone dall’aspetto gentile e pacioso, amicissimo e allievo del maestro Carlo Creazzo che all’arte del bel canto lo guidò e indirizzò con sapienza. Tanto che a un certo punto oltre a cantare durante le funzioni religiose e nelle altre occasioni di festa cinquefrondese, Longo cominciò a esibirsi nei teatri della zona e anche oltre. Sotto la guida di Creazzo, il tenore Longo si specializzò soprattutto nella ‘Cavalleria Rusticana’ di Pietro Mascagni, un’opera che amava e soprattutto sentiva congeniale alle sue doti artistiche.

Michele era nato l’8 maggio del 1901, aveva due fratelli e due sorelle, e a dispetto del suo fisico imponente, fin da giovane dovette combattere con numerosi problemi di salute. La sua famiglia in origine abitava in Piazza della Repubblica, esattamente nel fabbricato dove attualmente vive e ha il suo negozio la famiglia Larosa. Longo poi si trasferì in un appartamento nella piazzetta del mattatoio e lì è rimasto per sempre. Fu sposato con Vittoria Morelli, una donna napoletana, ed ebbe una figlia, Nunziatina, unica ancora in vita della famiglia.
La storia di Michele Longo è, per la prima volta, ampiamente raccontata nel libro ‘Francesco della Scala e altre storie dimenticate di Cinquefrondi’. Dopo aver cantato in tutti i teatri della Piana di Gioia e anche a Reggio, all’inizio di novembre del 1926, appena 25enne, Longo lasciò la Calabria e prese la via del nord Italia in cerca di fortuna. Si esibì soprattutto in Lombardia, e di quelle serate diedero notizia anche alcuni quotidiani locali.

Anche il Corriere di Calabria esaltò Longo, parlando di un grandioso successo riscosso dal  tenore cinquefrondese al teatro di Lovere (Bergamo) con la ‘Cavalleria Rusticana’. Longo in paese era molto conosciuto, non solo per le sue attività di canto ma anche perchè il fratello Giuseppe a quel tempo era un pezzo grosso del partito fascista cittadino e svolgeva l’incarico di  segretario amministrativo della sezione locale.

Nel gennaio del 1928, Longo fu chiamato apposta da Milano a Cinquefrondi, per cantare alla messa di commemorazione del medico Francesco Ferrari, che era morto improvvisamente il mese prima. I familiari del medico vollero a tutti i costi che fosse la voce di Longo ad accompagnare la cerimonia. Il tenore fu accolto come una star, il suo talento si faceva strada in terra lontana, il gigantesco Michele era l’orgoglio di tutto il paese.

Nonostante i successi e la fama crescente, Longo concluse invece molto presto la sua promettente carriera di tenore. Non sono chiari ufficialmente i motivi del suo cambio di rotta, che sarebbe avvenuto per seri problemi di salute esplosi dopo una serie di impegnative esibizioni, due delle quali sarebbero avvenute addirittura alla Scala di Milano; spettacoli che invece di lanciarlo verso le vette più alte del successo gli spalancarono invece le porte del disagio, forse della depressione.

Sulle prime fu sembrò che l’aver cantato in uno dei più importanti teatri del mondo l’avesse come spaventato. In realtà  Longo combatteva fin da piccolo con problemi legati al diabete, che forse gli aveva dato noie in occasione di quegli spettacoli, rendendolo  insicuro. Il diabete all’epoca non si curava ‘facilmente’ come oggi. In ogni caso, non sapremo mai tutta la verità, perchè lui conservò sempre una grande discrezione sugli avvenimenti di quei giorni. Il cantante per alcuni anni ancora restò al nord Italia e si allontanò dalle scene, poi rientrò a Cinquefrondi e intraprese la professione di ufficiale giudiziario, che svolse per il resto della sua vita.

Dopo qualche tempo dal suo ritorno in paese, e sempre grazie all’amicizia e alla stima che provava per lui il suo vecchio maestro Carlo Creazzo,  Longo accettò di riprendere a cantare, ma solo in chiesa durante le funzioni religiose o in qualche altra piccola occasione diciamo così di ambiente strettamente locale; non riprese mai invece a fare spettacoli, e si dedicò  di più alla sua salute sempre zoppicante. Nella chiesa del Carmine erano un vero spettacolo le celebrazioni solenni con il maestro Creazzo all’organo e la voce del tenore Michele Longo accompagnata da Alfonso Longo. Chi non si recava per fede a quelle funzioni, spesso vi andava invece per il piacere di ascoltare quel terzetto.

Longo morì il 4 marzo del 1966 a Vibo Valentia, in ospedale, dove era ricoverato per uno dei tanti malanni dovuti al diabete. Il tenore Longo era sempre stato un personaggio schivo e misurato, di carattere bonario, dedito anche ad attività caritatevoli. La sua carriera stroncata anzitempo fu per lui motivo di grandissima delusione e forse anche di depressione, ma nello stesso tempo vissuta con grande dignità e discrezione. La sua passione per il canto era grande e nota, ma il fatto di non poterla praticare ai livelli che lui sognava lo spinse verso un ritiro onorevole dalle scene, che solo il maestro Creazzo riuscì a fare in modo che non fosse definitivo e totale. Ai suoi funerali partecipò una grande folla, tuttavia non ci fu nessun discorso per lui e in chiesa nessuno cantò per onorarne la memoria (Creazzo era morto otto anni prima).

 

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