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Giovanni Marra, il vescovo cinquefrondese
Il 6 luglio 1986, una settimana dopo la sua ordinazione a vescovo, mons. Giovanni Marra venne a Cinquefrondi per salutare la comunità parrocchiale e la cittadinanza. Fu un giorno di grande festa, un evento storico per la nostra cittadina, concluso con una solenne celebrazione eucaristica in piazza Marconi, per l’occasione adibita a grande chiesa all’aperto, durante la quale il vescovo battezzò 4 bambini cinquefrondesi.
C’era anche don Pasquale Galatà, altro compaesano nostro e di Marra, ordinato sacerdote appena due anni prima, e tanti altri preti della zona accorsi a salutarlo. Poi tutti insieme uscirono dal portone principale della chiesa matrice per recarsi in processione verso piazza Marconi.
L’arrivo di mons. Marra a Cinquefrondi, in prima fila si riconoscono da sinistra il mar. Mario Varone, l’avv. Italo Bonini fra i migliori amici del vescovo, e il geometra Michele Condò
Prima della processione, sul piccolo spiazzo davanti alla scalinata principale della chiesa che si affaccia sulla piazza, ci fu il saluto del commissario prefettizio Francesco Musolino.
a lato, l’abbraccio del parroco don Antonio Ritorto con mons. Marra
Il saluto del commissario prefettizio Francesco Musolino
Una volta che il corteo fu giunto in piazza Marconi, Marra e gli altri sacerdoti presero posto sul palco adibito ad altare, innalzato davanti alla casa del medico Francesco Manfrida.
Fra i presenti, in prima fila il commissario Musolino, il presidente della Provincia Vincenzo Gallizzi, tanti neoeletti consiglieri comunali (le elezioni si erano infatti tenute da pochi giorni, ma il consiglio non si era ancora insediato), ex sindaci, amici, fedeli e tantissima altra gente. Dopodichè prese la parola il parroco don Antonio Ritorto, per il suo saluto a nome della Chiesa locale. Con voce commossa e orgogliosa nello stesso tempo, don Antonio interpretò i sentimenti dei fedeli di Cinquefrondi. Ecco alcuni passaggi dell’intervento di don Ritorto:
“ Al di là dei segni esteriori di festa, umili e certamente inadeguati, lei potrà leggere negli occhi e negli atteggiamenti della nostra gente un tripudio, una festa che è eccezionale, quanto è eccezionale l’evento che lo ispira. Se la commozione lo permettesse, quante cose belle e buone saprebbe esprimerle questa città, che unanime, con un cuor solo e un’anima sola, si stringe oggi attorno alla sua persona.
Il primo sentimento che è doveroso esprimerle da parte mia in questo momento, è di gratitudine al Signore, che ha fatto questo giorno. Lo ha fatto perché ce ne rallegrassimo ed esultassimo. È il giorno del Signore, che compie oggi come ieri le meraviglie del suo amore”.
Più avanti don Ritorto aggiunse: “ L’incontro con il Papa (ndr, l’udienza ai cinquefrondesi il 29 giugno) è stato fervido, entusiasta, caloroso. E’ stato anche occasione perché ci venissero dallo stesso Papa, ricordate le motivazioni dell’elezione di vostra eccellenza ai nuovi e più impegnativi compiti: le sue doti di intelligenza, fedeltà, di lungo e generoso servizio alla chiesa, nelle diverse mansioni a lei affidatele. (…)
Sono sicuro che a questo tripudio di festa della nostra cittadina, si uniscono, oltre ai suoi cari familiari, i tanti suoi amici ed estimatori, le autorità civili e militari presenti, che hanno voluto onorarci aderendo all’invito rivolto, ai quali tutti desidero, a nome di questa cittadina, esprimere rispettosa e devota gratitudine. (…)”
Al saluto del parroco, seguì il discorso di mons. Marra pronunciato al momento dell’omelia:
“Permettete che il mio primo saluto sia rivolto a tutti voi, a questa assemblea senza distinzioni, miei cari concittadini, che avete acclamato con gioia questo evento importante della mia vita, e che ora mi accogliete con il cuore aperto e con l’entusiasmo di un popolo unito, che mi considera un proprio figlio e che considera questo evento come appartenere alla propria storia, alla storia di Cinquefrondi. Permettete che io dica con quanta gioia e con quanta emozione sono venuto in mezzo a voi, all’indomani della mia consacrazione episcopale.
Perché in voi io ritrovo le mie radici, come ha detto il vostro parroco, l’origine della mia esistenza. Con voi rivivo i tempi della mia fanciullezza, trascorsa insieme a molti di voi qui presenti in questa piazza.
Nelle nostre piazze, lungo le nostre strade, nelle nostre scuole, nelle nostre chiese, nelle nostre campagne, o nelle nostre montagne, rivive in me il ricordo di tanti cari amici che sono o che non sono più.
Ma soprattutto, rivive in me l’indimenticabile e grato ricordo dei miei genitori, che mi hanno dato la vita e la fede, e qui hanno dedicato l’esistenza al lavoro, alla famiglia, sacrificandosi per i figli. (…)
Posso assicurare che anch’io mi sento orgoglioso di appartenere a questo paese e a questa gente.
Ed è per questo che a Roma, nella patriarcale basilica di San Giovanni in Laterano, al termine della mia consacrazione episcopale, dinnanzi ai cardinali, agli arcivescovi, ai vescovi e davanti a una gran folla di presenti, ho sentito il bisogno di dire che sono calabrese e sono cinquefrondese.
Saluto e ringrazio tutte le autorità civili presenti, locali, provinciali, regionali, che si sono uniti a questa festa di popolo. (…) Un particolare ringraziamento esprimo al parroco don Antonio Ritorto. (…). Le sue parole mi hanno ricordato la chiesa Matrice, dove sono stato battezzato, dove si è formata la mia vocazione al sacerdozio, e dove nel 1953 il compianto vescovo di Mileto mons. Vincenzo de Chiara mi ha ordinato sacerdote alla presenza di molti di voi.
Mi hanno fatto ricordare le tue parole, don Antonio, tanti buoni sacerdoti del paese che ora non sono più, ma che, con la loro esemplarità e bontà, hanno aiutato la mia vita e la mia formazione, spirituale e sacerdotale: ricordo il canonico Tropeano, il canonico Carrera, il caro e indimenticabile amico don Michele Varone, il buon padre Salvatore Gangemi, e l’indimenticabile parroco della mia fanciullezza e della prima giovinezza don Domenico Meduri. Tutti ora sono morti, ma la comunione dei santi li unisce a noi nella fede e nella speranza cristiana della vita eterna. (…)
La missione del vescovo è molto grande, mentre molto deboli sono le forze di chi come me è chiamato ad assumerne la responsabilità. È necessario allora confidare nell’aiuto e nell’assistenza del Signore, nella comprensione, nel sostegno e nella preghiera dei fedeli, così come io confido nel vostro aiuto e nelle vostre preghiere, e nella protezione della beata vergine Maria, madre di Cristo, e madre della chiesa. (…)
Quanto a me, ho scelto di rendere visibile il mio legame con voi e con la mia terra attraverso i simboli che ho inserito nel mio stemma di vescovo: la torre sormontata da un ciuffo di foglie che è ricavata dallo stemma e dal gonfalone del comune di Cinquefrondi, un ramo d’ulivo con 5 foglie che è segno del lavoro della nostra terra e della nostra gente (lavoro che conosco da bambino), una stella che rappresenta la Beata Vergine Maria, la stella mattutina, che qui a Cinquefrondi è particolarmente venerata come vergine del rosario, vergine del Carmelo, vergine della montagna.
Domani tornerò a Roma, dove il santo Padre mi ha posto tra i suoi vescovi collaboratori, per iniziare il mio nuovo lavoro. Parto, ma posso assicurarvi che il ricordo di voi resterà incancellabile nella mia memoria. Porterò con me il ricordo gioioso di questa giornata, e il festoso sorriso dei vostri volti. Isaia così si esprimeva per la sua patria, che amava tanto: ‘Non ti dimenticherò mai, Gerusalemme’.
Quel memorabile 6 luglio 1986 nella messa di Piazza Marconi mons. Marra battezzò quattro bambini di Cinquefrondi. E precisamente Giuseppe Borgese (nato il 15 aprile del 1985); Rossella Cuzzillo (nata il 10 novembre del 1985); Daniela Cirillo (nata il 9 giugno del 1985) e Stefano Galatà (nato il 26 dicembre del 1984).
Nella foto a lato, mons. Marra battezza Rossella Cuzzillo
Foto Archivio Storico Tropeano e Aldo Bonini