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Ero a Gerusalemme quando è cominciato l’attacco terroristico di cui tutto il mondo parla. Vedevo i missili passare sulla mia testa e tiravo un sospiro di sollievo non appena la contraerea li faceva esplodere in volo. Seguivano un boato, una nuvola di fumo nerissimo e una preghiera per lo scampato pericolo.
Solo oggi comincio a rendermi conto del reale pericolo corso. Senza scomodare le terribili stragi di bambini o dei ragazzi che ballavano, basti dire che in una delle strade da me percorse tante volte, un terrorista ha sparato per diversi minuti con il mitra prima di essere neutralizzato dai soldati. Un’ulteriore conferma dell’insensatezza di un’azione destinata solo a diffondere morte e dolore, sparando e uccidendo a caso. Gente inerme, turisti, bambini innocenti che diventano bersaglio di esaltati criminali.
Un episodio analogo, molti anni fa, ebbe per protagonista suo malgrado un altro cinquefrondese, il quale però non ebbe la mia stessa fortuna. La scena non si svolse in Israele ma a Roma, i terroristi erano però sempre palestinesi. Quel nostro compaesano era un ingegnere dell’Anas di 57 anni e una mattina di dicembre si apprestava a partire con la sua famiglia per una vacanza in America. Era un uomo allegro, caciarone diremmo a Roma, di compagnia, scherzoso. Amava il suo lavoro, era esperto in autostrade, viaggiava molto. Era iscritto al partito socialista. Si chiamava Francesco Della Scala, come il nonno ex Podestà e il trisnonno ex sindaco nonchè alto funzionario del re di Napoli.
Ecco che cosa accadde: la mattina del 27 dicembre 1985 alle 9 i Della Scala arrivano all’aeroporto di Fiumicino. L’ingegnere e il figlio 15enne Vincenzo entrano per primi nello scalo, alla ricerca di un carrello per trasportare le valigie, mentre la moglie e le altre due figlie Monica e Albertina aspettano fuori. Franco si avvicina al check-in della Twa e si mette in coda aspettando che qualcuno lasci libero un carrello.
Improvvisamente scoppia l’inferno: con i mitra nascosti sotto i cappotti e le bombe in tasca, quattro uomini irrompono in quella zona dello scalo e aprono il fuoco sulla folla ferma davanti ai banchi della compagnia israeliana El Al, che è confinante con la Twa. Pochi interminabili minuti d’inferno. Urla, sangue, vetri, soprattutto morti e feriti dappertutto.
Gli agenti dell’aeroporto, e probabilmente anche addetti della sicurezza israeliani, reagiscono al fuoco, uccidono tre dei quattro terroristi, e catturano vivo il quarto, un 18enne. Poi cala il silenzio, rotto dalle sirene della polizia e delle ambulanze, dalle urla dei feriti e di quanti piangono i propri morti.
Il commando fu neutralizzato in brevissimo tempo, ma gli assassini palestinesi ebbero lo stesso il tempo di seminare morte e distruzione fra gli inermi e innocenti viaggiatori che in quel momento si trovavano ai banchi della El Al e dellaTwa, e nel vicino bar.
L’ing. Della Scala è uno dei tredici morti di quella assurda e inutile carneficina, oltre ai 3 assalitori; restano sul terreno anche ben 76 feriti. L’Italia è sconvolta. Il ministro dell’interno Oscar Luigi Scalfaro si reca di persona all’aeroporto per accertarsi dell’accaduto. I telegiornali irrompono nelle case di tutti gli italiani con una edizione straordinaria.
In contemporanea con l’attentato a Fiumicino, un altro commando di terroristi palestinesi compie un’azione identica all’aeroporto di Vienna, ma lì per fortuna c’è poca gente e il bilancio è meno grave, si contano infatti 3 morti e 44 feriti.
Due attentati uguali in simultanea, in due capitali europee per colpire persone a casaccio e mostrare al mondo di che cosa sono capaci ! Appena tre anni prima a Roma un altro commando palesinese aveva fatto un attentato alla sinagoga di Roma, anche in quel caso sparando all’impazzata, uccidendo un bimbo di 2 anni e ferendo altre 37 persone. La ferocia mostrata dai terroristi in questi giorni in Israele dunque non ci dice nulla di nuovo.
Ma torniamo all’ingegnere 57enne di origini cinquefrondesi. Dopo la sparatoria il suo corpo non si trova, i familiari lo cercano disperatamente, ma di lui non c’ è traccia nemmeno in ospedale con tutte le altre vittime, sembra sparito, invece si trova radunato con quelli dei terroristi, perchè non ha documenti, è di carnagione un pò scura e indossa un giubbotto, la polizia pensa sia uno dei terroristi e cerca di identificarlo. Alla fine ci riesce e in serata il ministero dell’interno ufficializza che fra le vittime c’è anche lui, l’ing. Della Scala, professionista romano di padre cinquefrondese, omonimo e nipote di un famoso sindaco. Il corpo dell’ingegnere fu colpito in molte parti, i criminali avevano sparato alla cieca. Tutto ciò che le raffiche di fuoco si erano trovato davanti era stato abbattuto: vite umane, vetrate, oggetti, totem pubblicitari, cartelli, bagagli.
Man mano che la polizia indaga per ricostruire nei minimi dettagli l’accaduto, sulla morte di Franco emerge un particolare, che a raccontarlo vengono i brividi: in quell’inferno, nessuno di quanti erano sotto il fuoco dei terroristi si era salvato dai colpi, tranne il piccolo Vincenzo, figlio 15enne dell’ingegnere. Il ragazzo era illeso, salvo una lieve escoriazione alla testa. Com’era possibile ? non c’erano vie di fuga, e se anche ci fossero state, chi avrebbe avuto il tempo di raggiungerle ? la folle sparatoria era durata due minuti forse tre, nel panico totale di urla, morti feriti e sangue e vetri dappertutto, come ricordarono i testimoni, raccontando anche di un fuggi fuggi generale alla cieca, senza spere dove andare, in una confusione immensa che pareva interminabile.
L’esplosione delle granate e dei colpi di mitra avevano trasformato i banchi della Twa e della El Al nell’inferno. Anche nel
vicino bar dell’aeroporto si contavano morti e feriti. Ma Vincenzo si era salvato. Una notizia bella in mezzo a tanto orrore.
Poi si scopre il come e il perchè di quell’insperato salvataggio, e allora tocca inchinarsi e cercare le parole e il tono giusti per raccontarli: quel maledettissimo 27 dicembre 1985 Francesco Della Scala usò il suo corpo per proteggere il figlio; lo abbracciò, lo avvolse con le braccia, buttandoglisi addosso, per ripararlo dai proiettili che piovevano impazziti, a centinaia.
All’udire i primi colpi di mitra, infatti, l’ingegnere non ci aveva pensato su, e si era gettato sul ragazzo, facendogli da scudo, proteggendolo dai colpi di quei sanguinari terroristi venuti a spargere orrore fra gente innocente. Non sappiamo se Della Scala sarebbe morto ugualmente, le raffiche di kalashnikov e l’esplosione delle granate erano state troppo improvvise e troppo numerose per poterle schivare totalmente.
Di sicuro in quei momenti lui non pensò a sè stesso, ma solo al figlio, e mostrando le spalle ai terroristi sapeva cheavrebbe dato la sua vita, ma forse ce l’avrebbe fatta a salvare quella del ragazzo. Diede la sua vita per il suo bambino. Viene da piangere solo a scriverlo. Un eroe luminoso, un uomo magnifico, non ci sono parole per descriverlo.
Il resto dei fatti lo possiamo solo immaginare. Il dolore smisurato dei familiari misto alla felicità perchè almeno uno dei due era sopravvissuto alla strage. Una cosa indicibile, una ferita mostruosa nell’animo e nella carne, da non augurare ai peggiori nemici, che nessuna famiglia dovrebbe mai sperimentare.
Cosa c’entravano l’ing. Della Scala e le altre vittime con i palestinesi ? quale beneficio quella strage portò alla cosiddetta causa palestinese ?
Il 5 gennaio del 1988 il ministero dell’interno diede notizia della concessione della Medaglia d’argento alla memoria dell’ing. Francesco Dalla Scala. Con la seguente motivazione: “In occasione di un attentato terroristico al locale aeroporto internazionale, uditi i primi colpi d’arma da fuoco sparati dai criminali, non esitava, con generoso slancio, a proteggere il giovane figlio facendogli scudo con il proprio corpo. Compiendo l’eroico gesto, restava ferito mortalmente. Limpido esempio di amore paterno, spinto fino all’estremo sacrificio”.
Sono passati tanti anni da quel triste giorno. Francesco Della Scala, eroe del nostro tempo, vive nella memoria dei suoi familiari e amici. Un ricordo che si fa ancora più struggente dopo i terribili eccidi di questi giorni in Israele che hanno visto perfino neonati e bambini vittime della furia dell’inutile terrorismo dei criminali di Hamas.
Caro Francesco, davvero un bell’articolo sul filo del ricordo e sulla drammatica spinta dell’ attualità di cui sei stato testimone. Hai fatto bene ad aggiungere alla memoria collettiva della nostra piccola comunità anche il sacrificio dell’ ing. Della Scala, un sacrificio straziante ed eroico. Purtroppo dopo 40 anni siamo ancora allo stesso punto : solo lacrime e sangue e con la prospettiva di ulteriori tragici eventi. Il popolo di Israele ha il diritto di mantenere e difendere quel lembo di terra che ha inseguito per millenni, così come i palestinesi, gli armeni ed i curdi devono essere sottratti ad un destino che sta correndo spedito verso il loro annientamento. Le ritorsioni militari hanno sempre provocato altri lutti ed altro sangue, oltre che vistosi fallimenti politici come in Libia, Iraq e Afghanistan. Senza dimenticare che alla fine l’uso della forza ha sempre favorito, sulla disperazione di un popolo, l’ascesa di organizzazioni criminali e terroristiche.