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Totò Misiti
Nella sua vita ha sepolto moltissimi cinquefrondesi. Uomo pratico, grandissimo lavoratore, memoria storica e conoscitore di tutto e tutti. Sempre in movimento, mai inattivo. Totò Misiti, fratello di Pinuccio dell’edicola, è stato a lungo titolare di una ditta di pompe funebri, dopo aver rilevato anche il negozio di ferramenta del padre Agostino aperto oltre sessanta anni prima.
Totò ha svolto un mestiere delicato, a contatto con il dolore e la sofferenza di quanti hanno perduto una persona cara, ma anche con tante forme di fragilità economica presenti nel paese. Lui si occupava di tutto, manifesti, fiori, banda musicale, arredi funebri, documenti; faceva crediti a chi non poteva permettersi di pagare un funerale, e rateizzava, fidandosi di chiunque. Faceva quasi tutto da solo, con l’aiuto occasionale di qualcuno.
Aveva un’indole generosa e disponibile, qualità indubbiamente necessaria per svolgere quel gravoso lavoro dove morte e vita, presente passato e futuro, e costi economici, si mischiano in un groviglio di sentimenti non facile da districare. Molti forse non sanno che Totò ha fatto tanti funerali quasi rimettendoci del suo. Non che fosse un benefattore, semplicemente di fronte a famiglie in seria difficoltà economica finiva per farsi pagare solo i costi vivi, e dunque lavorava di fatto gratis. Per sua fortuna non era sempre così. Ma tanti hanno sperimentato la sua generosità e disponibilità, anche saldando in molte rate i funerali dei loro cari, sulla fiducia.
Totò era una istituzione in paese, certamente per il lavoro che faceva, perchè lo portava a incrociare prima o poi il destino di qualunque famiglia, ma anche per il suo modo di porsi, mai un parola fuori posto o un gesto irrispettoso o una polemica, eppure non era certo avido di battute, per non dire che il suo fare un pò da ficcanaso ogni tanto indispettiva. Totò era sempre al posto giusto al momento giusto, forse retaggio del suo mestiere, sta di fatto che ovunque accadesse qualcosa di minimamente significativo, lui si palesava, discreto e curioso.
La sua figura era l’emblema del lavoro, il lavoro fatto persona, mai un giorno di vacanza in vita sua. Era sempre in giro, indaffarato, ma mai a passeggio, mai a giocare a carte in un bar, mai davanti a un caffè o in villa a fare un pò di moto. Lui il moto lo faceva lavorando, sempre di fretta, ora un funerale, ora la vendita e la consegna di un mobile (perché a un certo punto si mise pure a vendere arredamenti) ora un servizio per il negozio di ferramenta gestito dalla moglie, la signora Teresa Zito, una cittanovese diventata cinquefrondese che più non si può, e capace pure lei di grandi relazioni di simpatia con i paesani e i clienti.
Di Totò rammento un episodio divertente accaduto all’inizio degli anni ‘80. Erano tempi di baruffe nella politica cittadina e infinite dispute verbali. Niente di grave, a meno di non prendersi troppo sul serio. Una sera la riunione del consiglio comunale andò per le lunghe, anzi le lunghissime, fino a notte fonda, si avvicinava l’alba. Il pubblico se n’era andato via alla spicciolata, alla fine erano rimasti solo i venti consiglieri e il segretario comunale. Il paese intero dormiva bellamente. Non ricordo bene se si discutesse il bilancio o di qualche altro argomento oggetto di controversia o ostruzionismo. Qualcuno dei consiglieri sonnecchiava, altri sbadigliavano. C’era un silenzio assoluto, rotto solo dalla voce flebile dell’intervenuto di turno. La stanchezza era padrona di quel luogo.
A un certo punto si sentì un ticchettio veloce sulla scalinata d’ingresso, era Totò Misiti con la sua tipica camminata svelta. Entrò nel salone del Consiglio, all’epoca presieduto dal sindaco socialista Raffaele Manferoce, guardò i presenti come si guardano gli animali del circo e se ne uscì ad alta voce con una domanda involontariamente (forse) a doppio senso: ‘ancora ccà siti?’. Tutti all’udire quelle parole si toccarono, per poi scoppiare in una risata liberatoria. Quel gesto forse servì a svelenire il clima, forse no. Fatto sta che in pochi minuti la riunione fu sospesa, con il consenso di tutti, e rinviata ad altra data. Chi scrive era presente, essendo stato per poco più di un anno consigliere comunale eletto nelle file della Dc. Quella fu una delle ultime riunioni di quel Consiglio, che pochi mesi dopo fu sciolto per dimissioni generali e il paese andò alle elezioni anticipate.
Di Totò tutti ricordano il carattere gioviale e i suoi modi sempre molto educati e rispettosi, che nascondevano bene i tormenti che per tanto tempo lo hanno angustiato. Totò Misiti infatti è stato bersagliato periodicamente dalla malavita, con minacce personali, tentativi di estorsione, mortificazioni, danneggiamenti all’azienda e ai suoi beni. Lui non ha mai dato troppo a vedere queste situazioni, sia per non allarmare la famiglia, sia perché ha sempre sperato di venirne fuori una volta per tutte, senza clamore.
Il momento più brutto della sua vita fu verso la fine degli anni 80, quando ignoti malviventi una sera cercarono di rapire due dei suoi tre ragazzi. Un episodio misterioso, per fortuna non andato a buon fine, grazie anche alla pronta reazione della figlia grande, e a qualche imprevisto che nessuno ha mai conosciuto. Uno spavento inaudito. Per il povero Totò fu una mazzata terribile. A Cinquefrondi negli anni 80 c’erano già stati ben quattro rapimenti, e per fortuna tutte e quattro le persone coinvolte erano tornate a casa, ma a prezzo di sofferenze inenarrabili, di umiliazioni, di danni fisici, di costi economici.
Totò era molto affettuoso e protettivo con i figli, ma nello stesso tempo non era invadente e non interferiva con le loro scelte. Lui che non aveva studiato, era orgoglioso di quei ragazzi studiosi e promettenti, e li sosteneva in tutti i modi.
Gli ultimi anni di vita di Totò Misiti sono trascorsi con questi macigni sull’anima, il terrore che qualcuno facesse del male ai ragazzi (nel frattempo cresciuti) dissimulato con la sua consueta operosità; e l’ansia per quei malviventi che periodicamente si facevano vivi per battere cassa, mortificando un uomo per bene.
Totò è morto il 15 settembre 2019. Per gli acciacchi della vecchiaia e la stanchezza fisica, da qualche tempo aveva praticamente smesso di lavorare. Chiusi i due negozi e l’attività di pompe funebri. Gli restava l’affetto smisurato della famiglia ma anche il peso della sofferenza interiore e una condizione economica diventata modesta, pur dopo una vita di grandissimo lavoro. Ma la sua memoria non andrà persa, perchè ha lasciato dietro di sé una scia di stima e simpatia. Gli uomini come lui sono quelli che fanno andare avanti il mondo.